Il cuore conosce ragioni che il cervello non sa, dice qualcuno, ma senza considerare che i due organi tra loro parlano, come è stato dimostrato per la prima volta dai ricercatori dell’Università di Pisa, che hanno messo a punto un modello matematico per decifrare la comunicazione fra cuore e cervello durante le esperienze emozionali. Gli esiti della ricerca sono stati appena pubblicati su Philosophical Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical & Engineering Sciences – la più antica rivista scientifica esistente (il primo numero è del 1660), che nei secoli ha ospitato i lavori di Charles Darwin, Michael Faraday, James Clerk Maxwell e Isaac Newton.
“È ben noto che il sistema nervoso autonomo, in stretta connessione con aree del cervello come la corteccia del cingolo e l’insula, gioca un ruolo fondamentale nell’espressione e regolazione delle emozioni e dello stress – ha spiegato Gaetano Valenza del Centro di ricerca E. Piaggio dell’Ateneo pisano, e primo autore dell’articolo – ma per la prima volta il nostro gruppo di ricerca ha definito un algoritmo per studiare le attivazioni corticali, legate a segnali elettroencefalografici, combinate insieme a quelle del sistema nervoso autonomo, legate all’analisi di segnali cardiovascolari derivati dall’elettrocardiogramma, per lo studio di differenti stati emozionali”.
La sperimentazione condotta dal team di bioingegneri, coordinati dal Enzo Pasquale Scilingo, insieme a fisici, psicologi, e fisiologi, ha coinvolto un gruppo di volontari sani ai quali sono state mostrate immagini con valenza emotiva – positiva, negativa e neutra – il cui effetto è stato monitorato sottoponendo i soggetti ad elettroencefalogramma ed elettrocardiogramma.
“Dati i limiti computazionali degli algoritmi utilizzati sin ora, le precedenti ricerche sono state prevalentemente focalizzate sull’analisi separata delle dinamiche cuore cervello, non tenendo conto delle numerose e complesse vie d’interazione tra i due sistemi – ha concluso Gaetano Valenza – mentre le nuove conoscenze scaturite da questo studio sono destinate ad avere notevoli ripercussioni nel campo della psicologia clinica, psichiatria, e dei disordini mentali in generale, aprendo le porte a nuove tecniche diagnostiche e prognostiche”.