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Premio Letterario Francigena: il racconto 'Senza perdersi mai'

La storia di Vera ed Elio, venti chilometri di cammino tra Monteriggioni e Siena, raccontati dalla penna di Matteo Minerva

/ Redazione
Ven 24 Novembre, 2017
monteriggioni francigena

Letteratura di viaggio protagonista ad Abbadia Isola, nel comune di Monteriggioni, il 25 novembre, data in cui si terrà la cerimonia di proclamazione dei vincitori del premio letterario 'Sulle orme dei pellegrini - Racconti e parole lungo la Via Francigena', un'iniziativa di Betti Editrice in collaborazione con l'amministrazione comunale.

Un'occasione per aprire uno spazio alla letteratura dedicata allo storico cammino religioso, ma anche un importante itinerario culturale, sinonimo di viaggiare lentamente, con il ritmo del viandante. --> continua a leggere qui

 

SINOSSI SENZA PERDERSI MAI di Matteo Minerva (ROMA)

Vera ed Elio sono ormai avanti con l’età e cimentarsi con venti chilometri di cammino è per loro una piccola sfida personale. Vera ha dovuto insistere un po’ per convincere il marito ad affrontare con lei la tappa tra Monteriggioni e Siena, ma su quei sentieri Elio ha ritrovato fin da subito tutto l’entusiasmo di una volta. Sono entrambi profondamente legati a queste terre perché qui si sono conosciuti condividendo l’amore per la natura e le lunghe camminate. Condividere il cammino ha insegnato loro a superare gli ostacoli insieme, e la vita gli ha recentemente costretti a confrontarsi con un ostacolo che sembra insormontabile. La loro giornata di cammino si trasforma così in un malinconico e dolce viaggio sospeso tra passato e presente, tra ricordi ed emozioni. La tappa di un lungo cammino mai interrotto in cui si sono sempre sostenuti a vicenda.
 

SENZA PERDERSI MAI

Intorno a Vera ed Elio si stendeva il profilo delle colline incoronate dalla cinta muraria di Monteriggioni. La storica cittadina era ormai sparita alle loro spalle e i boschi che celano il borgo abbandonato di Cerbaia si dischiudevano lungo morbidi sentieri. Fin da ragazzo Elio aveva percorso quei luoghi e per quasi metà della sua vita l’aveva fatto insieme a Vera. Avevano entrambi superato i settant’anni e le esplorazioni, prima a causa degli impegni, poi di alcuni inevitabili acciacchi sopraggiunti, si limitavano ora a passeggiate per i bei parchi della capitale dove vivevano da diverso tempo.

Avrebbero provato a percorrere quella sola tappa della Francigena, Monteriggioni-Siena, lungo tragitti che erano per loro le vie dell’anima ben prima che la Romea fosse riscoperta e valorizzata suscitando sempre più interesse tra pellegrini ed esploratori alla scoperta della loro interiorità. All’inizio Vera aveva dovuto insistere un po’, smuovere le reticenze e le paure del marito, ma ora era lui, come un bambino, a trascinarla all’avventura, lungo quei venti chilometri che riaprivano orizzonti sconfinati nelle loro anime decise a riprendere un cammino in fondo mai interrotto.

Elio aveva preparato tutto con la meticolosità che lo caratterizzava: sembrava che dovessero percorrere tutte le tappe per raggiungere San Pietro. Vera amava rivedere il marito volgere lo sguardo al richiamo del falco per poi rintracciarlo subito in cielo, tastare le tracce lasciate dai cinghiali per capire quanto fossero fresche, nominare le piante che costeggiano i sentieri e a ogni crocicchio imboccare sicuro le vie giuste. In tutti quei gesti ritrovava le passioni pure del giovane uomo che aveva conosciuto quando era giunta a Siena; da poco laureata, si era trasferita per lavorare al restauro delle opere d’arte della Pinacoteca Nazionale. Su quelle morbide colline, tra i campi coltivati e i casolari antichi di secoli, si erano conosciuti. Camminavano spesso in silenzio, accompagnati solo dal loro respiro e dalla natura; il ritmo dei loro passi si trasformava in un profondo dialogo. Fin dal primo passo, inoltrati nei sentieri della loro giovinezza, era sembrato a Vera che quella sinfonia lontana non li avesse mai abbandonati. Era la musica del silenzio; il silenzio vivo della natura, fatto di fremiti di foglie, di rotolare di ciottoli e di scrosciare di rivi d’acqua. E così il dialogo dei loro passi, sospesi tra passato e presente, continuava denso e sommesso.

Al loro ritmo lento e costante, i due erano arrivati nei pressi di un vasto prato di papaveri che ondeggiava come mare sospinto dal vento profumato della primavera. Il timore provato per qualche offuscamento di memoria avuto dal marito pochi giorni prima della partenza era stato dimenticato. Con l’età capita a tutti di avere delle sviste. Ma nel rialzarsi per riprendere il viaggio, si era ridestato:

- Sai Vera, sono già stanco e ancora dobbiamo raggiungere il castello della Chiocciola.

Ma le foto del castello erano lì, nel cellulare di Vera. Il cielo cobalto esaltava i suoi contorni, con l’inconfondibile torre cilindrica a svettare sulle altre.

Inizialmente Vera era stata presa dallo sconforto. Era stata sul punto di correggerlo, mostrargli le foto. Ormai erano sul punto di raggiungere la Cassia, avrebbe voluto dirgli – Come non ti ricordi? ma era proprio un’espressione che i medici si erano raccomandati di evitare. Aveva ricordato quella e le altre raccomandazioni della dottoressa, nel momento in cui l’aveva informata sui principi di Alzheimer di Elio. Correggere apertamente i suoi vuoti di memoria e i momenti di spaesamento, per ora sporadici, avrebbe significato soltanto mortificarlo; ai suoi cari era richiesto di incoraggiarlo e guidarlo con dolcezza e discrezione, sforzandosi di fargli continuare la vita di sempre.

I primi segnali della malattia si erano presentati poco dopo che Elio aveva accettato di intraprendere quel piccolo pellegrinaggio verso Siena. Vera inizialmente avrebbe voluto annullare tutto ma poi non si era rassegnata. Avrebbe condiviso con lui, almeno un’altra volta, l’esperienza di quei luoghi nei quali tanti anni prima si erano intrecciate le loro vite.

La donna provava a celare la sua preoccupazione ma il timore di scorgere nuovi segni della malattia del marito la accompagnava a ogni passo. Elio a volte si stupiva per i comportamenti di Vera – Che c’è di strano? Pare ti meravigli che sappia queste semplici cose? – , diceva ad esempio, quando le mostrava un fiore parlando delle sue proprietà. Ma a volte succedeva che Elio fosse sul punto di nominare un albero o un paese nei paraggi. Il volto gli si offuscava e la memoria cedeva; così, il nome che avrebbe voluto dire si faceva nebuloso fino a scomparire. Era un duro colpo, ogni volta per Vera. Le sembrava a ogni passo di perdere un pezzo della loro vita trascorsa insieme. Poi, giunti a un ennesimo bivio, Vera aveva visto il marito tentennare ancora, quasi sul punto di volgersi sui passi appena compiuti nonostante la direzione della loro meta fosse indicata da un cartello. D’istinto aveva stretto la mano di Elio e i due si erano guardati negli occhi. Gli occhi dell’uomo si erano rasserenati per l’ennesima volta e per un attimo entrambi erano rimasti sospesi, in silenzio, a guardarsi. Le parole di Vera erano uscite con una semplicità tale da sorprendere anche lei – Dobbiamo voltare per di là, giusto? – A quella domanda, che al tempo stesso era una guida per lui, Elio si era riacceso – Certo, sì… tutto gli era sembrato farsi più chiaro e, ancora una volta, aveva indirizzato Vera, verso la strada da lei placidamente suggerita.

Così Vera, che tante volte era stata guidata da Elio, lungo sentieri di montagna molto più intricati e selvaggi, ora si lasciava accompagnare su quei blandi cammini, accompagnandolo a sua volta; le incertezze dell’uomo orgoglioso ritornavano a farsi certezze, le domande trattenute con puerile vergogna ritornavano a essere risposte limpide come gli occhi, la voce, i sorrisi e i passi di lei che gliele suggeriva con discrezione.

Finalmente erano sbucati sulla Cassia. Stanchi, avevano varcato Porta Camollia e da via Banchi di Sopra erano arrivati a Piazza del Campo. Le luci iniziavano a imbrunire mentre ammiravano il Duomo che tante volte avevano visitato. Mentre scendevano i gradini Elio aveva fermato Vera:

- Dobbiamo andare a riposarci. Domani il treno per Roma parte presto-, le aveva fatto notare la moglie.

- Aspetta, Prima scriviamo il diario!

Elio aveva tirato fuori dallo zaino un taccuino marrone, colmo di foglietti: Vera, con stupore, lo aveva subito riconosciuto. Era il diario di viaggio che avevano iniziato da giovani.

- E questa da dove spunta fuori?

- Quando mi hai convinto a fare questa tappa, mi sono detto che dovevo ritrovarla. Non mi sono dato pace finché non mi è apparsa sul fondo di un baule pieno di tuoi disegni e libri sul restauro. Ero sicuro di averla conservata.

Vera era incredula. Scorreva quelle pagine e le tornavano nella mente le scene descritte con semplici e vive parole, alcune delle quali, pensava di avere dimenticato.

- Facciamo che tu detti e io scrivo?- , le aveva poi domandato Elio come un bambino che chiede la favola per la notte

- Mi è sempre piaciuto come riesci a ricordare tu le nostre esperienze insieme.

Una lacrima dolce era scesa sulla guancia di Vera, l’aveva celata posando la sua testa sulla spalla di lui.

Elio aprì la pagina. Vera indugiò prima di trovare le parole con cui iniziare. Ma poi, accarezzando la mano del marito che stringeva la penna, cominciò a ripercorre i passi di quella giornata. La pagina si riempiva della loro vita. Era sempre stato così, al termine dei cammini: lei ricordava il percorso e lui scriveva lasciandosi guidare da quella voce. Vera gli avrebbe continuato a narrare di quelle storie accompagnandolo lungo i cammini com’era sempre stato, senza perdersi mai.