Cultura/ARTICOLO

Rischio chiusura per RiotVan, storica rivista degli universitari

A Firenze dopo otto anni la pubblicazione affronta una fase delicata, ne abbiamo parlato con Daniele Pasquini, uno dei collaboratori storici

/ Federico di Vita
Lun 5 Ottobre, 2015

Aprire con entusiasmo, prendere le misure con stampa, distribuzione e una marea di problemi pratici. Organizzare serate, letture, incontri, dibattiti. Fare tardi, litigare sul tema del prossimo numero, su un’impostazione grafica, sul linguaggio web con cui costruire il sito. Cercare collaboratori, trovare un pubblico, crescere. Quindi stancarsi, saltare un numero. Faticare. Chiudere. È una parabola comune a tante riviste autoprodotte ma – anche in anni che hanno fatto registrare una vera e propria rinascita culturale e letteraria a Firenze – poche hanno saputo ritagliarsi uno spazio paragonabile a RiotVan. Nata nel 2008 grazie all’iniziativa di un gruppo di ragazzi di Scienze della Comunicazione che, delusi dalla mancanza di corsi dedicati a scrittura e giornalismo, decisero di costruirsi in proprio il laboratorio col quale esercitarsi.

E sono state tante le soddisfazioni che i "riotvanner" hanno saputo togliersi negli anni. Dalle serate di musica dal vivo di StoryTelling, in cui “scoprivano” band emergenti come i "VaccaBoia" di Cecco e Cipo (quando ancora non erano diventati famosi grazie a X Factor), passando per l’intervista a Zero Calcare, avvenuta mesi prima del suo successo nazionale. O come il numero dedicato a TorinoUnaSega3, il "rave letterario" con alcuni dei più importanti autori nazionali che ha avuto luogo tra i vicoli di Santo Spirito. Fino ai corsi di editoria organizzati nelle stesse aule dell’Università da cui tutto era partito. Ma oggi, nonostante il ricambio generazionale che ha continuato a nutrire le fila dei collaboratori, RiotVan rischia di chiudere. Ne abbiamo parlato con Daniele Pasquini, uno dei redattori storici, cercando di ripercorrere le tappe di quest’avventura e di capire perché la più importante rivista degli universitari fiorentini stia passando un momento tanto critico.

RiotVan è nata in modo un po’ carbonaro ma si è subito rivolta al mondo degli studenti. Volevamo fare una rivista fatta bene e ci servivano dei soldi. Per finanziarci abbiamo cercato degli sponsor, dal bar alla copisteria, in forza del fatto che i numeri venivano stampati in migliaia di copie e distribuiti tra i ragazzi. Poi abbiamo vinto dei bandi del DFU”.

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Come siete riusciti da niente ad arrivare ad avere una sede?

“Il gruppo iniziale era di cinque o sei persone ma presto siamo diventati una ventina, dovevamo prenotare le aule libere dell’Università e lavoravamo in quelle. Poi visto che c’era un forte interesse abbiamo trovato il fondo in via Santa Reparata e ne abbiamo fatto una vera e propria sede. Ce lo pagavamo con gli eventi, per esempio con i ricavati delle serate di StoryTelling. Così e autotassandoci".

A giudicare dai vostri percorsi l’esperienza di RiotVan sembra esservi servita anche professionalmente.

"Abbiamo impiegato otto anni a costruirci una professionalità, chi nel giornalismo, chi nei video, chi come ufficio stampa. Ma in questo modo noi membri storici abbiamo cominciato ad avere sempre meno tempo. Se da studenti è bellissimo investire totalmente il proprio tempo libero in attività di questo tipo, in questo momento quel tempo è risucchiato da tutto ciò che la vita ci mette davanti, così le energie vengono meno..."

È per questo che RiotVan dopo sette anni – un tempo di persistenza record per una rivista autoprodotta – rischia di chiudere?

"Ormai facciamo sempre meno numeri. La verità è che al momento la rivista ha la prospettiva di andare avanti solo in versione digitale. Stiamo preparando il nuovo sito e al momento siamo costretti anche a pensare di chiudere la sede. Ma visto che siamo convinti del valore di RiotVan, almeno su Firenze, non ci vergogniamo di chiedere a chi lo volesse di aggregarsi a noi. Abbiamo una conoscenza vera, radicata, del territorio. RiotVan non è un’avventura che parte da zero ma fa parte degli ultimi dieci anni dell’underground fiorentino. Se qualche ragazzo oggi volesse cominciare a fare una rivista dal nulla finirebbe per battere le stesse musate che abbiamo battuto noi, se invece salta sul nostro furgone rende più forti noi, sfruttando a sua volta il potenziale messo insieme in questi anni, che rischia di andare disperso".

Insomma per andare avanti vi serve nuova linfa.

"Sì. Questo è il momento di fare un vero e proprio appello ai ragazzi che studiano a Firenze. Avete voglia di scrivere, dipingere, fare fotografie e volete farlo in un contesto professionale? Unitevi a RiotVan!"