Dormono gratis sui divani degli sconosciuti di tutto il mondo utilizzando le piattaforme di couchsurfing, si muovono con il carpooling per condividere insieme i costi della benzina, affittano un posto letto nelle case dei privati attraverso siti come Airbnb.
Sono la nuova generazione di viaggiatori e guai a chiamarli turisti: che siano diretti in una metropoli come New York o un in uno sperduto villaggio della Cambogia, l'importante non è solo vedere posti nuovi ma conoscere le persone, scambiare esperienze, vivere davvero per un po' come i cittadini dei luoghi che visitano.
Alla base c'è la filosofia della sharing economy, l'economia della condivisione: un nuovo stile di vita basato sulla solidarietà reciproca, una spinta dal basso che porta le persone a organizzarsi per scambiarsi beni e servizi, sfruttando le potenzialità della Rete. A raccontare le implicazioni della sharing economy nel turismo questa mattina a BTO è intervenuto Neal Gorenflo, cofondatore del magazine Shereable, che ha dato agli operatori turistici alcuni spunti per intercettare questo nuovo trend.
“Gli albergatori devono coinvolgere la comunità per offrire un'esperienza “da locale”, più autentica, ai loro ospiti. Gli hotel devono diventare veri centri di comunicazione, dove i viaggiatori e la popolazione locale possono incontrarsi” ha spiegato Neal Gorenflo. Perché qui non si tratta solo di risparmiare: chi viaggia utilizzando i canali della sharing economy lo fa per avere un'esperienza più autentica. “Il nuovo modo di viaggiare è aspettarsi l'inaspettato” ha concluso Gorenflo.
Se il mercato del turismo vuole tenere il passo dovrà offrire qualcosa in più: gli enoturisti ad esempio non vorranno solo assaggiare i vini locali ma anche conoscere di persona i viticoltori che li producono.