Di giorno giornalista d’assalto sguinzagliato dall’ANSA alle calcagna di Nardella, Rossi e Giani. Di notte svestiti i panni del giovane reporter come una sorta di Clark Kent Made in Tuscany Tommaso Galligani intinge la penna, o meglio la tastiera del pc nell’inchiostro del cuore e sgorgano le poesie. Nasce così “Stelle inutili in questo universo” pubblicato da Porto Seguro Editore.
Ciao Tommaso! Dopo "Sporcizia, stupore e una pioggia di morte" arriva "Stelle inutili in questo universo", dal giallo-noir sanguinolento a parole dolcissime e profonde: si può dire che hai una personalità un po' alla Dottor Jekill e Mister Hide?
Dipende. La risposta può variare da ’Si’ a ‘No’, a seconda dell’occupante cranico del momento. Scherzi a parte, assolutamente sì, è sempre stato così, mi piace mischiare il sacro con il profano, l’altissimo con il vile, il rovinoso con il frizzantino: in musica, in letteratura, in tutto. Questa corrente alternata e un po’ schizofrenica nel mio stile e nei miei gusti è una delle poche costanti della mia vita, e non tutti la capiscono o la accettano. Per intendersi, sono capacissimo di ascoltare un pezzo dei Cannibal Corpse e nel mentre avere l’illuminazione per una poesia d’amore; alcuni dei miei amici più cari invocano disperatamente da anni una sintesi tra questi due estremi divergenti della mia personalità, ma al momento (e da sempre) ci convivo benissimo. Credo che almeno per un altro po’ continuerò a preparare amorevolmente per i miei ospiti amorevoli frullati di mela e miele alla cannella progettando nel mentre avvincenti avventure di serial killer o altre poco amichevoli tipologie di psicopatici.
Descrivimi il momento in cui la poesia sgorga dal tuo cuore: io ti immagino a notte fonda, seduto alla scrivania, Pink Floyd in sottofondo, sigaretta accesa e una carbonara da digerire. Una sorta di Detective Marlowe deluso e disincantato dalla vita ma a cui ancora batte il cuore per un paio di occhi azzurri. Ho esagerato?
NO-NO-NO-NO. Per gli occhi azzurri non esiste proprio, gli occhi chiari mi sembrano sempre di ghiaccio, lastre impenetrabili che schermano l’anima invece di illuminarne le profondità. Ho persino scritto una storia, nel primo romanzo, che si apre dicendo ‘Non bisogna mai fidarsi delle persone con occhi chiari…’ Gli occhi scuri invece, sono come la Nutella: li trovo irresistibili. Il problema è che, come la Nutella, spesso contengono olio di palma. In ogni caso la tua ricostruzione è corretta solo in parte: ok la carbonara (vanno bene anche piatti ancora più heavy) , ma le poesie le scrivo a letto, sul computer (prima), ora sul cellulare, senza nessun sottofondo musicale e concedendomi molti epiteti ingiuriosi all’indirizzo della divinità. Questo perchè, bontà loro, mi vengono fuori praticamente solo in quelle notti in cui non riesco a prendere sonno nemmeno a colpi di motosega sulla nuca. E non è nemmeno detto che una volta scritte mi regalino l’oblio, quelle stronze. Il paragone con Marlowe in ogni caso è immeritato: al massimo puoi accostarmi a Paperoga.
Nell'introduzione scrivi che non si chiede mai a un poeta di spiegare cos'ha voluto dire, ma questo non mi interessa, io vorrei sapere se e quanto hai rimorchiato con le tue poesie.
Si. Assolutamente si. Il grande Bukowski ha scritto una raccolta di versi intitolata ‘Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze’, e beh, come tutti sanno Bukowski scriveva solo grandi verità. Diciamo che con certe ragazze una poesia può avere l’effetto che ha con altre una Porsche. Sul ‘quanto’ non rispondo: ritengo questa domanda una ingiusta invasione della mia privacy, privacy poetica s’intende.
Ho contato ben due poesie dedicate alla mamma, mi devo preoccupare?
Beh, direi di no: nella prima in pratica la mando a fare in culo, con la seconda le restituisco l’importanza che merita. Dunque il bilancio è in pareggio. Sono comunque entrambe poesie di molti anni fa, quando stavo sanguinosamente facendo i conti con i confini e i ruoli da assegnare alle persone fondamentali della mia vita. E non posso dire che mia madre, non lo sia stata, senz’altro in positivo: non fosse altro che per tutte le bollette che mi ha pagato…
Il libro si divide in tre parti: facce, donne e rime. Si può dire che sono tre aspetti della tua vita o della tua personalità?
In parte l’una, in parte l’altra. Facce racconta storie, attimi, sensazioni e personaggi assortiti che hanno connotato la mia esistenza, dunque è una sezione ‘Giano bifronte’, possiede entrambe le caratteristiche. Donne, come dice il titolo, rivela senz’altro un aspetto della mia vita. Rime invece parla della mia personalità: l’ironia, il groove’, il ritmo sono ingredienti che servono per dare un senso ad una vita e ad un universo che non ne hanno affatto. O almeno così la vedo io, ed è quello che cerco di mettere nelle filastrocche (le scrivo per divertimento da quando sono bambino) e nelle poesie più ‘musicali’. Senza ironia, senza groove, senza ritmo, l’esistenza non è nemmeno degna di essere vissuta.
Le poesie coprono un arco di 15 anni, tra i 21 e i 36 anni. Ti volevo chiedere se e come la poesia ti ha aiutato in tutti questi anni.
Senza probabilmente mi sarei già ammazzato. O ci sarei andato parecchio vicino, diciamo. Perchè la poesia è una valvola di sfogo del karma negativo che porti dentro. Scriverla, metterla fuori da te, serve per liberarsi di schianto di tutta questa energia nera che ti inquina le viscere nel profondo, e io purtroppo di questo schifo ne porto addosso sempre tantissimo. Dunque scrivere poesie è un atto postorgasmicamente liberatorio: dà un senso di liberazione/soddisfazione simile a quello che si prova negli attimi immediatamente successivi all’aver fatto sesso.
Nelle tue poesie mi sembra si riversi anche la tua vita di tutti i giorni, per esempio nella poesia Oblò ho letto forse una critica ai social network, ho indovinato?
Sì. E guarda che parlo da semidipendente, in particolar modo di Facebook: lo uso molto, anzi troppo. E’ come un tic, quando ho un minuto in cui non so che fare mi viene da accenderlo, senza avere una reale necessità o urgenza di consultarlo; questo è senz’altro un problema. Ciò che critico in Oblò è però un certo tipo di approccio manifestamente ipocrita che hanno moltissimi utenti ai social, ovvero: voglio che in questa vetrina la mia vita appaia bellissima, come una fiaba. E dunque pubblicano solo foto di vacanze in posti splendidi, gran sorrisi (magari ritoccati), video di feste incredibili. Come se l’esistenza fosse solo un enorme fantastico party e non invece il bagno di sangue, dolori, rabbie, depressioni, battaglie e FORSE ANCHE gioie, quel grumo insomma di (parecchio) schifo e (poca) gloria che è come la vita, per chiunque, si presenta effettivamente nella realtà. Anche adesso che ne parlo trovo tutto questo talmente deprimente da mettermi addosso il nervoso, cambiamo argomento, please.
Ultimissima domanda: come hai fatto a convincere Porto Seguro a pubblicarti questo libro?
Lo portai al mio editore, Fabio Gimignani, poco dopo che mi aveva pubblicato il pulpissimo romanzo ‘Sporcizia, stupore e una pioggia di morte’. Gli dissi: ‘Non scrivo solo di ammazzamenti, droghe allucinogene e perversioni. Ho anche una raccolta di poesie. Si chiama ‘Stelle inutili in questo universo’. Lui mi guardò e fece: ‘Mi stai prendendo per il culo?’ Gli risposi: ‘No’. E gli misi in mano il manoscritto. Lo prese senza dire nulla nè cambiare espressione. Poi lo ha pubblicato.