Musica/ARTICOLO

Tom Brosseau in concerto a Pistoia "Preferisco il country da cameretta"

Intervista al folksinger originario del North Dakota che sarà stasera in concerto a Pistoia all'interno del festival "Arca Puccini"

/ Costanza Baldini
Gio 30 Ottobre, 2014

Tra folk, country e bluegrass con le radici ben piantate nella musica popolare americana si trova l’universo musicale e artistico di Tom Brosseau. Nato da una famiglia appartenente alla working class americana, impara prestissimo a suonare la chitarra con le lezioni della paziente nonna Lillian.

Il suo ultimo disco “Grass Punk” arriva a cinque anni di distanza dal precedente. La sua è considerata una delle voci più belle dell’ultima generazione di songwriter americani. I suoi pezzi sono così romanticamente fuori tempo da poter ambire a diventare già degli “instant classic”. Un rientro in grande stile lo vedrà protagonista per una data del tour a Pistoia venerdì 31 ottobre.

In apertura di serata, a partire dalle 19.00 "Gran Firenze" una cordata di quattro dj di area fiorentina si occuperà della sonorizzazione di una selezione frammentaria di immagini dalle opere di Fassbinder, proiettata su grande schermo nella sala principale del Funaro. I dj coinvolti sono Bob Dylan DJ (aka Marco Parente), Dis0rder, Myshell e RauJ.

Ciao Tom ho letto da qualche parte che hai imparato a suonare la chitarra grazie alle lezioni che hai fatto con tua nonna Lillian Uglem, è vero? Cosa pensa tua nonna del successo che hai avuto da grande in campo musicale? Ti da ancora dei suggerimenti?

E' tutto vero! Mia nonna, una donna norvegese, mi ha insegnato a suonare la chitarra, e per questo le sono molto grato. Era una maestra paziente e anche se la suonava da molto tempo mentre ero suo allievo mi dava sempre l'impressione di imparare tutto da capo con lo stesso entusiasmo e stupore. Non è più in vita ma mi ha visto suonare un paio di volte quando è venuta a trovarmi a San Diego in California. Non aveva suggerimenti da offrirmi, solo felicità. Era fiera, forse perché suonavo la chitarra, suonavo la chitarra che mi aveva regalato lei.

So che hai lavorato anche con John C. Reilly, che oltre a essere un ottimo attore è anche un bravo musicista, raccontaci un po’ della vostra collaborazione.

Los Angeles è la residenza attuale. E' un posto notevole. Suono da molto tempo lì e nei dintorni e ti giuro che non so mai bene chi aspettarmi nel pubblico. Una sera in un locale chiamato Tangier ho incontrato Reilly. Mi fece molti complimenti per le mie abilità musicali e dopo aver chiacchierato per un po' abbiamo scoperto di avere molte cose in comune, per esempio condividevamo l'amore per i dischi degli Everly Brothers. Ecco, è andata così, in poche parole. E' così che l'ho conosciuto e da allora siamo diventati buoni amici.

Il tuo nuovo album “Grass Punks” arriva a cinque anni di distanza dal precedente, cos’è successo nel frattempo, come hai passato gli ultimi anni

In questi 5 anni sono tornato a studiare. Mi sono preso un Master in scrittura non-fiction. E' stata una bellissima esperienza, mi ha reso più umile. Ero il più anziano in classe, superavo tutti di almeno una generazione. La maggior parte dei miei compagni erano appena usciti dal college, quindi avevano suppergiù 20 anni. Ho imparato così tanto e molte delle cose che ho appreso sono riuscito ad applicarle alla mia scrittura musicale.
Inoltre, durante questi 5 anni ho suonato con John C. Reilly e la sua band John Reilly & Friends, che include me, Reilly e Becky Stark. Ci sono anche altri membri fluttuanti quali Sebastian Steinberg, Dan Bern, Willie Watson, Marty Rifkin, Jerry Roe e Greg Liesz. Veramente una bella equipe. Direi un bel gruppetto variegato.

Sono rimasta affascinata dal brano "Cradle Your Device", in cui esprimi attraverso il folk tradizionale un concetto estremamente moderno. Come ti è venuto in mente questo brano e cosa pensi veramente della comunicazione moderna? La tecnologia ti ha aiutato in qualche modo a condividere la tua musica?

"Cradle Your Device" è un titolo che mi è spuntato in mente un giorno. L'ho buttato giù su un foglio di carta e l'ho contemplato per un po' di tempo. Diciamo che è il risultato del mio prendere i mezzi di trasporto pubblici a Los Angeles. Il sistema di bus e metro è veramente fantastico se vuoi arrivare da una parte all'altra della città e sono degli ottimi punti da cui osservare la gente. Sono un osservatore, traggo molta ispirazione dall'umanità. Un giorno sul Big Blue Bus #3 ho notato che molti dei miei compagni di viaggio erano attaccati ai loro cellulari, le teste inclinate, completamente immersi. Sono diventato critico e mi sono chiesto: Perché sono sempre attaccati ai loro telefoni? Siamo più interessati a quello che succede sullo schermo che a quello che succede al di fuori? Ma poi mi sono reso conto che ero critico anche di me stesso. Anche io avevo un telefono cellulare e anche io l'avevo usato in momenti in cui avrei dovuto prestare più attenzione a quello che mi stava succedendo intorno. E' una cosa che bene o male ci riguarda tutti, questa relazione tra intimità e tecnologia. Mi chiedi se la tecnologia mi ha aiutato…Direi sì, assolutamente. Mi ha dato una possibilità in più, una piattaforma dove esporre la mia arte.

Ho letto che preferisci registrare in camera da letto piuttosto che in uno studio professionale, cos’è importante per te nella musica? Pensi che questa dimensione “intima” sia rispecchiata nel tuo ultimo album?

Avendo registrato in entrambe le situazioni - sia nello studio che in cameretta - trovo che la camera da letto risulti più naturale.  Certo, è anche meno costosa e mi dà la possibilità di seguire un ritmo tutto mio. Non sono di certo dettagli da poco, ma diciamo che mi piace anche il suono. Non suonerà forse molto professionale ma in compenso è molto reale. Lo spazio in cui ci troviamo ci influenza moltissimo, indipendentemente dall'attività che svogliamo. Se stai lavorando in un ufficio e hai un cubicolo; se sei un architetto di paesaggi e ti piace stare nella natura; forse sei un tecnico di laboratorio e indossi una camicia bianca, occhiali protettivi e guanti di gomma. Insomma, ovunque ci troviamo, quello è il nostro spazio lavorativo. Per quanto mi riguarda, ho sempre amato la camera da letto come stanza per registrare perché, e questa è una cosa che ho capito da poco, sento di essere più in contatto con il termometro dell'umanità. C'è più cuore, meno artificio. In questi giorni, anche se sono grato per tutte le innovazioni introdotte dalla tecnologia, quando si tratta di registrare dischi li voglio realizzare con la minor numero di tecnologia possibile.

E’ la prima volta che vieni in Italia?

Questo è il mio primo tour in Italia! Sono stati in posti che prima potevo solo sognare….è un'esperienza alquanto notevole per me e non vedo l'ora di ripeterla anche l'anno prossimo!

Tom Brosseau – Arca Puccini
Venerdì 31, ore 22
Sala del centro culturale Il Funaro
Via del Funaro, 16, Pistoia
Ingresso gratuito su prenotazione al 377.1539996 o a nevrosi@nevrosi.org

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