Attualità/ARTICOLO

Toscana a fianco dei giornalisti iraniani

La giornalista Amiri Noushabeh ricevuta in Regione

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
'Temono che la tua bocca odori di libertà'. Citando questi versi di un poeta iraniano, la giornalista Amiri Noushabeh, segretaria della costituenda Associazione internazionale dei giornalisti iraniani (Aigi), ha incontrato oggi a Firenze rappresentanti della Regione (l'assessore Riccardo Nencini e la vice presidente Stella Targetti), dell'Ordine dei giornalisti (il presidente Carlo Bartoli), del sindacato nazionale (Roberto Natale) e toscano (Paolo Ciampi). All'incontro (che è stato il primo ufficiale a livello europeo), organizzato dal presidente dell'Information Safety and Freedom Stefano Marcelli, c'era un altro giornalista iraniano, Ahmad Rafat, uno dei membri fondatori di Aigi.
Rafat, proprio in apertura dell'intervento di Amiri, ha detto che proprio oggi il quotidiano britannico Guardian ha diffuso la notizia della messa sotto protezione da ieri, da parte della polizia britannica, di uno dei se tte fondatori di Aigi, Alireza Nourizadeh, che collabora con varie testate e dirige un centro di studi a Londra. «Una delle persone che doveva ucciderlo – ha sottolineato Rafat - è stato identificato ma questo non significa che la minaccia sia cessata. Il fatto che tutti e sette i fondatori siamo finiti sotto scorta significa che il governo di Ahmadinejad non solo ha sciolto il sindacato in Iran, ma che non vuole neppure che ne venga costituito uno in altri paesi, dove l'attività sindacale è libera. Vogliono eliminarci fisicamente e zittirci. Non siamo ancora nati, ma la sola idea di volerlo fare da fastidio».
Amiri Noushabeh, che ieri ha ricevuto a Siena il Premio internazionale per la libertà di informazione, è fuggita a Parigi nel 2003, dove lavora come caporedattore per la rivista in lingua farsi 'Rooz' (che significa fiore), insieme al marito, anch'egli giornalista. Aigi nasce nella primavera del 2010 nella capitale f rancese per continuare ad informare l'opinione pubblica iraniana ed internazionale. É la voce dei circa 700 giornalisti che vivono fuori dall'Iran e di coloro che invece hanno deciso di restarci. «Abbiamo sentito l'esigenza di creare un'associazione fuori dai confini nazionali – ha detto Amiri - per dare voce anche a coloro che purtroppo sono stati costretti a restare in Iran. Per chi è finito in carcere ed è in attesa di giudizio e per chi ha dovuto cambiare lavoro pur di sopravvivere. Ad Aigi si può iscrivere chiunque, a prescindere dalle proprie idee politiche. Non vogliamo sostituirci alle associazioni che operavano in Iran, benché sciolte. Aigi è un esercizio di democrazia, affinché si possa creare all'estero un'associazione davvero libera e che possa essere trasferita nel nostro paese quando sarà di nuovo libero». Amiri ha spiegato cosa significhi 'sindacato' per il regime («non organizzazioni che difendono i diritti di una categoria ma di opposizione, contro il regime») e che l'unico modo per poter esistere è di accettare di essere controllati dal regime stesso. Infine ha spiegato che «nei paesi dove i regimi hanno una lunga storia, finisci per entrare nei sindacati controllati perché è l'unica possibilità per lavorare. Anche dopo la rivoluzione islamica, e dopo aver messo fuori legge il vecchio sindacato, per anni è stata vietata la nascita di nuove organizzazioni. E quando questo è accaduto ci è stato imposto il divieto di chiamarci sindacato ma associazione professionale dei giornalisti. Sindacato suona troppo filo-occidentale, controrivoluzionario, di stampo anti islamico».
La giornalista iraniana si è poi incontrata brevemente con la vice presidente Stella Targetti, che le ha consegnato un piccolo omaggio, e con l'assessore ai diritti umani, Riccardo Nencini. «Un personaggio affascinante – ha detto Targetti - e la dimostrazione che per le dittature di oggi il vero pericolo sono proprio le donne. Delle donne che vivono in certe aree del mondo abbiamo in genere una rappresentazione stereotipata come se tutte fossero sottomesse e vittime; ma la realtà è diversa e comprende anche il coraggio di questa giornalista e la determinazione di tante altre donne che lottano per la libertà».
«Questa è una tradizione in omaggio a una bella storia iraniana e contestualmente a una bella storia toscana che risale al 1786 e che viene ricordata oggi, ovvero l'abrogazione della tortura e della pena di morte. La Toscana – ha aggiunto Nencini - partecipa da tempo alla rete Icorn, nata in Norvegia per mettere in rete città rifugio per scrittori e intellettuali perseguitati nel mondo. Tra quelle che aderiscono c'è Chiusi, in provincia di Siena, che ha ospitato fino a poche settimane fa uno scrittore iraniano, ed altre vi aderiranno, Firenze in testa».

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