Alessandra Perna, Carlo Martinelli e Alessandro Commisso sono tre ragazzi di Roma che hanno fondato i Luminal nel 2005. La band ha abbracciato fin dagli esordi la filosofia rock'n roll dura e pura dando alla luce "Canzoni di Tattica e Disciplina" (2008), "Io non credo" (2011) e "Amatoriale Italia" (2013) con cui hanno vinto il premio come miglior band al MEI.
La loro poetica squisitamente fuori da ogni canone si colloca da qualche parte tra rock, punk, politica, infanzia difficile, romanticismo a tutti i costi e un disperato amore per la musica come unica fonte possibile di salvezza in un mondo corrotto e vigliacco.
Qualche giorno fa è uscito il loro ultimo disco "Acqua azzurra Totò Riina" che ancora una volta non sembra scendere a compromessi con niente e nessuno. Per saperne di più siamo andati a intervistare Carlo Martinelli "leader" della band.
Ho letto che il disco nato da un gigantesco esaurimento nervoso, cioè? Spiegaci un po'
Il problema è che fare il musicista in Italia è piuttosto complicato per tutta una serie di ragioni. In generale è complicato stare in Italia un po' per chiunque in questo periodo a meno di non essere ricchi e realizzati. Ognuno di noi ha avuto una serie di problemi personali, tranne il nostro batterista che è una persona molto felice e non capisco dove prenda tutta questa gioia. Però ecco io e Alessandra abbiamo avuto un po' di problemi anche mentali e tutto questo rende più complicato fare anche le cose più semplici. Nello specifico fare un disco è una cosa piuttosto complicata. Ci sono una quantità di cose da fare benissimo che richiedono un certo tipo di follia. Quel tipo di follia a cui arriviamo quando siamo completamente fuori di testa è quello che rispecchiano i nostri pezzi. Poi c'è dentro anche una parte razionale con cui cerchiamo di analizzare noi stessi. E questo è tutto.
Il nuovo disco si intitola" Acqua azzurra Totò Riina" e anche sulla copertina c'è un gigantesco Totò Riina senza testa che vi ghermisce come una sorta di Gozzilla umano. In Italia ci sono due cose di cui non si deve parlare: la mafia e il fascismo. Come mai avete voluto rendere protagonista di questo disco proprio il mafioso più famoso d'Italia?
Innanzi tutto perché ci piace fare le cose che non si possono fare, è una nostra passione. Mentre stavamo ragionando uccidendoci tra di noi per capire come chiamare questo disco è venuto fuori questo nome. Il titolo unisce "Totò Riina" che è il simbolo della violenza e della mentalità mostruosa di una parte dell'Italia più diffusa di quanto si possa pensare a "Acqua Azzurra" cioè il suo opposto, il bel canto, la musica. Sono due stereotipi: la mafia e la musica romantica italiana, rappresentano i due estremi dell'album.
Se la scena indipendente italiana fosse una casa con mansarda, cantina, terrazzo e garage, voi dove vi collochereste?
Credo che saremmo fuori dalla casa (ride).