Cultura/ARTICOLO

Uffizi, donazioni d'autore Autoritratti di Jan Fabre

Le due nuove opere in mostra fino al 30 settembre

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
La vasta collezione di autoritratti della Galleria degli Uffizi di Firenze da oggi si arricchisce di due nuove opere. Sono gli autoritratti che l’artista belga Jan Fabre ha donato al museo e che resteranno in mostra nella Sala del camino, al piano nobile degli Uffizi, fino al 30 settembre. Disegnatore, scultore, coreografo e sceneggiatore, il 54enne artista belga di fama internazionale ha ora il suo posto nella collezione degli autoritratti degli Uffizi grazie all’azione di Giovanna Giusti, direttrice del Dipartimento dell’Arte dell’Ottocento e Contemporanea degli Uffizi, e a quella di due appassionati d’arte della Toscana e di Firenze, Nicole d’Huart e Damien Wigny, che le hanno permesso di entrare in contatto con vari artisti belgi – tra i quali Fabre – aprendo la strada all’acquisizione di nuove importanti opere.

Nel 2010 Jan Fabre concepì una serie di 18 autoritratti – che chiamò “Capitoli” – plasmati in cera marezzata da chiazze sanguigne e poi fusi in bronzo, utili per essere ora esposti in musei, ora collocati en plen air, in un bosco. L’unico comune denominatore della serie è il volto dell’artista arricchito e trasformato da vistose ramificazioni, corna, memorie del mito, orecchie d’asino, a tal punto da delinearsi un Bestiarium antropomorfo. Agli Uffizi l’artista ha scelto di donare i “capitoli” VIII (con corna di ovino) e XI (orecchie d’asino) della sua serie di autoritratti.
Come ha scritto la soprintendente del Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini, sul pieghevole “Studi e ricerche” che accompagna la presentazione delle opere, “Con i due autoritratti in bronzo di Jan Fabre, artista belga di provocatori orientamenti figurativi, nella celebre raccolta degli Uffizi entrano due opere interessanti e al tempo stesso inquietanti. Ci si può chiedere, in base a quel che si conosce dell’artista, se quella sua duplice ibridazione tramite espansioni teratomorfe della testa - orecchie d’asino, corna di ovino - non sia uno dei paradossi che accompagnano la sua creatività nelle arti e nello spettacolo. Se così è, non si può che registrare il suo gesto come un portato di questi nostri tempi, di cui Fabre è avanzato rappresentante e critico interprete”.

Le fa eco il direttore della Galleria degli Uffizi, Antonio Natali, il quale afferma che “al cospetto dei due autoritratti donati da Jan Fabre agli Uffizi e degli altri della medesima serie mi viene difficile celare il sorriso di chi accetta d’essere beffato dalle invenzioni del poeta. Preferisco prestarmi e condiscendere all’irrisione piuttosto che partecipare al coro dell’esegesi psicanalitiche e allegoriche delle teste di Fabre. Ho la sensazione che non si tenga mai abbastanza conto della dimensione sarcastica e perfino denigratoria di molte espressioni attuali. Eppure il sarcasmo o lo scherno vantano entrambi una tradizione antica e nobile. L’artista, sfrontato e impudico, narcisisticamente si offre in molteplici sembianze e, come fosse una divinità egizia, si sistema sul fondo del suo santuario, disponibile all’ingenua venerazione di fedeli desiderosi d’accedere al mistero”.

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