La vasta collezione di autoritratti della Galleria degli Uffizi di Firenze da oggi si arricchisce di due nuove opere. Sono gli autoritratti che l’artista belga Jan Fabre ha donato al museo e che resteranno in mostra nella Sala del camino, al piano nobile degli Uffizi, fino al 30 settembre. Disegnatore, scultore, coreografo e sceneggiatore, il 54enne artista belga di fama internazionale ha ora il suo posto nella collezione degli autoritratti degli Uffizi grazie all’azione di Giovanna Giusti, direttrice del Dipartimento dell’Arte dell’Ottocento e Contemporanea degli Uffizi, e a quella di due appassionati d’arte della Toscana e di Firenze, Nicole d’Huart e Damien Wigny, che le hanno permesso di entrare in contatto con vari artisti belgi – tra i quali Fabre – aprendo la strada all’acquisizione di nuove importanti opere.
Nel 2010 Jan Fabre concepì una serie di 18 autoritratti – che chiamò “Capitoli” – plasmati in cera marezzata da chiazze sanguigne e poi fusi in bronzo, utili per essere ora esposti in musei, ora collocati en plen air, in un bosco. L’unico comune denominatore della serie è il volto dell’artista arricchito e trasformato da vistose ramificazioni, corna, memorie del mito, orecchie d’asino, a tal punto da delinearsi un Bestiarium antropomorfo. Agli Uffizi l’artista ha scelto di donare i “capitoli” VIII (con corna di ovino) e XI (orecchie d’asino) della sua serie di autoritratti.
Come ha scritto la soprintendente del Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini, sul pieghevole “Studi e ricerche” che accompagna la presentazione delle opere, “Con i due autoritratti in bronzo di Jan Fabre, artista belga di provocatori orientamenti figurativi, nella celebre raccolta degli Uffizi entrano due opere interessanti e al tempo stesso inquietanti. Ci si può chiedere, in base a quel che si conosce dell’artista, se quella sua duplice ibridazione tramite espansioni teratomorfe della testa - orecchie d’asino, corna di ovino - non sia uno dei paradossi che accompagnano la sua creatività nelle arti e nello spettacolo. Se così è, non si può che registrare il suo gesto come un portato di questi nostri tempi, di cui Fabre è avanzato rappresentante e critico interprete”.
Le fa eco il direttore della Galleria degli Uffizi, Antonio Natali, il quale afferma che “al cospetto dei due autoritratti donati da Jan Fabre agli Uffizi e degli altri della medesima serie mi viene difficile celare il sorriso di chi accetta d’essere beffato dalle invenzioni del poeta. Preferisco prestarmi e condiscendere all’irrisione piuttosto che partecipare al coro dell’esegesi psicanalitiche e allegoriche delle teste di Fabre. Ho la sensazione che non si tenga mai abbastanza conto della dimensione sarcastica e perfino denigratoria di molte espressioni attuali. Eppure il sarcasmo o lo scherno vantano entrambi una tradizione antica e nobile. L’artista, sfrontato e impudico, narcisisticamente si offre in molteplici sembianze e, come fosse una divinità egizia, si sistema sul fondo del suo santuario, disponibile all’ingenua venerazione di fedeli desiderosi d’accedere al mistero”.