Cultura/ARTICOLO

Compie 10 anni Piano B, la casa editrice indipendente di Prato

L’impresa editoriale, fondata da due ragazzi allora appena usciti dall’università, è una delle più interessanti nel panorama regionale

/ Federico di Vita
Gio 1 Marzo, 2018

Non è facile nell’asfittico mercato editoriale italiano tirare su dal nulla un’impresa editoriale, far quadrare i conti senza ricorrere a mezzucci patetici come chiedere contributi agli autori, proporre una scelta di testi raffinata e coerente e – soprattutto – ricavare di che vivere da questa nobile e folle attività (l’editoria, secondo nientemeno che Roberto Calasso, è uno dei modi più sicuri per bruciare del denaro). Gli editori di Piano B, Andrea Guarducci e Alessandro Miliotti, sono due quarantenni pacati, attenti alle proposte, liberi dei tanti pregiudizi che attanagliano le dinamiche di selezione editoriale, umili nel senso alto del termine e sempre disponibili. A volte ho pensato che gli manchi uno dei tratti distintivi dell’editore, quell’esuberanza che spesso tracima in superbia – e forse questa diversità è il vero tratto distintivo di Piano B. Un giorno gli chiesi il perché di questo nome, credevo che si riferissero a un precedente fallimento e che la casa editrice fosse nata come (fortunato) ripiego, mi sorpresero rispondendomi “perché il piano B è quello che funziona”. Grazie a loro ho letto Typee – sono gli unici a tradurlo in Italia – il delizioso romanzo d’esordio di Hermann Melville, così come Perché lo diciamo noi, l’ultimo saggio di Noam Chomsky, e anche, in Toscani maledetti – una bella raccolta di racconti curata dal critico Raoul Bruni – le principali voci dei narratori regionali contemporanei. Se qualcuno si stesse chiedendo come mai dunque io non ne parli mai la risposta è semplice, Piano B ha pubblicato un libro di cui sono coautore (I treni non esplodono. Storie dalla strage di Viareggio) e quindi ho sempre preferito evitare sospetti ed eventuali imbarazzi. Perché dunque oggi contravvengo a questa regola? In primo luogo perché i dieci anni di una casa editrice indipendente e di tale spessore meritano un riconoscimento in questo spazio (per festeggiare Piano B ha anche inaugurato un nuovo sito, fateci un giro), e poi – a maggior ragione – perché a causa del fallimento del suo vecchio distributore ha rischiato di chiudere, vanificando anni di lavoro di un’impresa giovane, indipendente e culturalmente rilevante. Ho così rotto gli indugi e deciso di intervistarli in occasione del loro decennale. 

Siete una casa editrice rispettabile (per capirci, di quelle non a pagamento) aperta da due ragazzi dieci anni fa a Prato ed economicamente sostenibile. Già così è una storia che merita di essere raccontata: com’è cominciato tutto? 

La storia di Piano B inizia appunto dieci anni fa, quando formalmente nacque la casa editrice. Prima di lei esisteva lo Studio451, uno studio editoriale che lavorava per altri editori e per progetti di singoli volumi: cataloghi d’arte, libri commissionati da enti o da privati, progetti grafici. Prima ancora invece c’erano due amici con in mano due lauree umanistiche che più umanistiche non si può e che non sapevano cosa farsene. Grazie per il rispettabile, ci teniamo molto.

Sfogliando il vostro catalogo si notano subito due anime: quella attenta a un set di tematiche vicine alla sostenibilità ambientale (con titoli come Selvaggi, di Monbiot, Pensieri vegetariani di Voltaire, Il crollo della civiltà occidentale, di Oreskes e Conway, Il pianeta tossico di Sturloni) e un attento recupero di opere minori di autori leggendari (tra gli altri ci sono Comportati bene e resterai solo di Mark Twain, I diari dell’apocalisse di Jack London, Il signore dei lupi di Alexandre Dumas e via dicendo) – come avete scelto questi libri e in che modo vi rappresentano? Voglio dire, che componente c’è di gusto personale e in che misura li scegliete pensando al mercato? 

Fin dall’inizio decidemmo di dare spazio a titoli e autori che avevamo incontrato nei nostri percorsi precedenti, che ci avevamo colpito e che erano decisamente difficili da trovare. Nacquero così i primi ripescaggi: il Trattato dei Tre Impostori di Spinoza, L’uomo e la tecnica di Spengler, Disobbedienza civile di Thoreau e molti altri, che andarono a formare La mala parte, la nostra collana di saggistica. In realtà seguivamo la nostra onda, che ci pareva buona e giusta – pareva anche funzionare! – e di lì in poi il percorso fu chiaro. Cercammo di applicare lo stesso concetto alla narrativa, e videro la luce Typee di Melville, Il signore dei lupi di Dumas, molti inediti di Twain e di London. Dunque scegliamo quei libri che noi stessi vorremmo in libreria; lavoriamo pensando a una nicchia della quale facciamo parte, e non al marcato mainstream – si può dire mainstream?
Come hai giustamente osservato, ultimamente abbiamo offerto più spazio a una saggistica dedicata all’ambiente, all’importanza della sua salvaguardia e di quello che rappresenta per tutti noi. Del resto, come dice Wendell Berry nel suo L’unico mondo che abbiamo, che uscirà tra una settimana, non sono forse gli unici temi di cui valga davvero la pena di parlare? Alla fine riguardano il nostro mondo, la nostra unica casa, tutti i nostri affetti. Ecco, prima di parlare di altro, crediamo che dalla nostra privilegiata posizione si debba anche diffondere questi concetti, con la speranza che sempre più persone ne siano sensibilizzate.

Qual è il libro che vi ha dato più soddisfazione pubblicare e quale quello che ha venduto di più?

Beh, la soddisfazione è sempre tanta, i libri son dei figli che soli se ne vanno per il mondo, e ognuno è diverso e amato a suo modo. Siamo molto legati a Diventa ciò che sei di Alan Watts, che offre all’uomo moderno una filosofia di vita semplice ma profondissima, millenaria ma adatta a questi tempi frenetici. Anche La battaglia come esperienza interiore di Jünger è un piezz’e core, come lo è anche Il trionfo dell’uovo di Sherwood Anderson o Sforbiciate. Storie di pallone ma anche no di Fabrizio Gabrielli. Il titolo che ha venduto di più è indubbiamente Le mie invenzioni, l’autobiografia di Nikola Tesla, attualmente alla sua sesta ristampa.

Una volta, ho notato, proponevate più narrativa contemporanea, come mai avete diradato quel tipo di scelta?

In Avantiveloce abbiamo due ottime raccolte di racconti di giovani scrittori italiani; un pugno nello stomaco sotto forma di romanzo di Sacha Naspini e i Treni non esplodono. Storie dalla Strage di Viareggio, una cronaca degli attimi e dei giorni successivi di uno dei peggiori disastri ferroviari di sempre. In realtà siamo sempre aperti alla buona narrativa contemporanea, forse la colpa è nostra che non riusciamo a dedicarle il tempo che meriterebbe. Ci vorrebbe un direttore di collana.

Ho visto che da inizio 2018 avete cambiato sistema di distribuzione passando a Messaggerie, come mai?

Sì, dal 2018 siamo promossi e distribuiti da Messaggerie, il maggior distributore italiano. Sei mesi fa disdicemmo il contratto con Proliber, e forse fu la nostra fortuna: adesso è in grosse difficoltà – e di conseguenza lo siamo anche noi. Attualmente ci dovrebbe proporre un concordato, non sappiamo ancora a quale percentuale. In pratica tutto il fatturato di un anno e mezzo ci è stato congelato, e ancora non sappiamo se e quando riusciremo a rientrarne in possesso e in quale percentuale. È logico che per noi è un colpo durissimo, con tutti i libri programmati e per i quali dobbiamo rispettare gli accordi presi (contratti, traduttori, diritti, tipografia). Ma terremo botta come sempre, guardando l’orizzonte legati stretti all’albero maestro.

Dunque rischiate di perdere tutto il guadagno maturato in oltre un anno e mezzo?

Purtroppo sì. Stiamo aspettando la proposta ufficiale di concordato, non sappiamo quale sarà la percentuale, ma in questi casi di solito non si supera il 10%. Quindi se tutto va bene incasseremo –chissà quando – forse il 10% del guadagno di un anno e mezzo. Yuppie! 

Penso che sia molto difficile fare gli editori in Italia, perché tra dati di lettura piuttosto bassi, la concorrenza e l’esiguità dei guadagni mi pare che di margine per l’impresa ne resti poco, voi eravate riusciti a farne un vero lavoro ma questo cambio di distribuzione quanto ha impattato sulla vostra presenza in libreria e sulla vostra programmazione, avete dovuto cancellare qualche uscita per esempio?

Hai perfettamente ragione, il margine di guadagno è esiguo, dobbiamo valutare attentamente ogni tipo di spesa e – cosa molto complessa – dobbiamo essere in grado di prevedere le vendite di ogni titolo, ovvero dobbiamo cercare di pubblicare sempre libri interessanti e capaci di far catalogo, perché un libro che vende poco rappresenta una grossa spesa (diritti, traduzione, tipografia) che non riuscirà mai a ripagare, oltre ad essere ovviamente un mancato guadagno.
Il cambio di distributore implica fisiologicamente alcuni problemi, come le grosse rese che arriveranno dal vecchio e una nuova distribuzione nelle librerie da parte del nuovo. I nostri libri dovranno cambiare anagrafica in ogni libreria d’Italia, grande o piccola che sia, e questo potrebbe generare alcuni intoppi, sempre comunque risolvibili. Crediamo in realtà di essere tranquilli su questo fronte, poiché Messaggerie ha tutta un’altra situazione aziendale e un’altra capacità organizzativa alle spalle. In tutta onestà speriamo però di aver già superato i problemi più grandi. Ad esempio, quelli che ci hanno impedito – dallo scorso giugno fino a dicembre – di uscire con le nostre novità, che abbiamo dovuto spostare all’inizio del 2018. Non abbiamo cancellato alcun titolo, ma abbiamo dovuto aspettare molti mesi per farli uscire con Messaggerie, con tutto quello che comporta, e che si somma ai disagi precedenti.