Salute/ARTICOLO

Dall'Unifi un nuovo approccio per bloccare l’avanzare dei tumori

Si deve a un team dell’Università di Firenze la scoperta di una nuova variante di composti inibitori dell’enzima che favorisce la crescita delle cellule malate

/ Redazione
Sab 29 Dicembre, 2018

Dal glaucoma all’epilessia, dai tumori all’ulcera gastrica a certe forme di obesità. Sono molte le patologie nelle quali è coinvolto l’anidrasi carbonica, l’enzima responsabile della regolazione del pH dei tessuti. Il team Unifi guidato da Claudio T. Supuran ha studiato un nuovo approccio chimico che potrà aprire la strada ad agenti farmacologici in grado di neutralizzare efficacemente l’enzima, controllando gli effetti collaterali legati alle terapie. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Chemistry”.

“L’anidrasi carbonica è un enzima fondamentale in natura – spiega Supuran, docente di Chimica farmaceutica del Dipartimento di Neuroscienze, Area del Farmaco e Salute del Bambino -: agisce sull’anidride carbonica regolando tra l’altro la ritenzione o il rilascio dell’ossigeno dei tessuti tumorali e dunque la loro acidità o basicità. Una funzione fisiologica, che favorisce però il meccanismo di crescita di cellule malate negli ambienti acidi”.

I farmaci inibitori dell’anidrasi carbonica sono dunque utilizzati in molte terapie ma comportano significativi effetti collaterali. Alla soluzione di questo problema mira il lavoro di Supuran che, assieme a Paola Grattieri e Alessio Nocentini, ha identificato una variante di inibitori dell’enzima, a base di fosforo. Utilizzando le tecniche computazionali, il team ha studiato come i composti a base di fosforo e l’enzima possono legarsi, individuando le proprietà e le potenzialità di un nuovo meccanismo di inibizione dell’enzima.

“Lavorando sulla stabilità del complesso tra fosforo e anidrasi carbonica – commenta il ricercatore – sarà possibile creare un nuovo target, con la prospettiva di utilizzarlo per sviluppare farmaci a dosaggio più basso e con ridotti effetti collaterali per la cura di molte patologie”.