Man Ray è stato uno dei più grandi fotografi del XX secolo, artista dadaista e surrealista, sperimentatore instancabile, ha reinventato tutto ciò che ha toccato. Ha trasformato la fotografia in “fotografia d’affezione”, cioè a funzionamento simbolico invece che a pura registrazione. Ogni soggetto che ha fotografato ha saputo trasformarlo, trasfigurarlo, caricarlo di senso proprio: i ritratti, gli autoritratti, i nudi, gli still life, le composizioni più complesse, ma anche la fotografia di moda, quella di pubblicità. Per non parlare delle reinvenzioni di tecniche particolari come il fotogramma, ribattezzato rayograph e sublimato surrealisticamente, e la solarizzazione, attraverso la quale ha restituito l’aura ai ritratti e ai corpi.
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La mostra "Man Ray. Wonderful visions" aperta fino al 7 ottobre alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di San Gimignano testimonia, nelle sue tappe fondamentali e attraverso alcune delle opere più famose, il Man Ray fotografo, ma con un taglio particolare, ovvero quello che afferma l’equivalenza tra il fotografo artista, quello di moda, di pubblicità, di fotografia pura. Ciò che accomuna e lega in un unico gesto creativo è lo sguardo, quello che trasforma tutto in “meravigliose visioni”. Le oltre cento immagini fotografiche sono esposte come facenti parte di un unico percorso unitario e perciò disposte in ordine cronologico, per rimandare non ai generi e alle funzioni ma a quell’unico sguardo da cui nascono realmente.
Ha scritto Elio Grazioli, il curatore della mostra: “L’affezione è ciò che crea il mistero, è il sentimento segreto che resta enigmatico al di là dello svelamento simbolico, è una dimensione privata in più di cui si carica l’oggetto, fotografia compresa, e lo sguardo, che si fa incantato. Man Ray trasforma ogni immagine in un enigma che indica come nel reale, anche il più abituale, sia nascosto un mistero. Tutto diventa strano, inconsueto, inatteso e si carica di un senso imprevisto, un significato non riconducibile a una formula, a un messaggio, ma sospeso, straniante, che conserva la sua enigmaticità. Anche un abito, un cappello, un accessorio diventa un punto di domanda sul corpo, sul volto, sul braccio su cui è posato."
Per informazioni:
www.sangimignanomusei.it
0577/286300
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