Una piccola mostra-gioiello di due maestri della storia dell'Arte del Novecento, Ardengo Soffici e Mario Sironi: è quella curata da Luigi Cavallo che ha porta il genio degli artisti al Museo Soffici di Poggio a Caiano dal 28 marzo al 19 luglio 2015. Un'esposizione documentaria di circa 40 opere, tra le quali per Sironi Il tram e la gru (1921), Nudo di schiena (1942), Paesaggio urbano (1943), L’idolo (1955).
Di Ardengo Soffici sarà possibile ammirare alcun capolavori come Scomposizione di piani di zuccheriera e bottiglia (1913), Fruttiera con pere (1915), Farfa, del '46, Paesaggio toscano (1960), oltre a un inedito Paesaggio (1956), dono di nozze alla figlia dell’editore Vallecchi.
Tema della mostra è "il silenzio e l'inquietudine", che ha caratterizzato l'anima e l'opera pittorica dei due artisti. Da una parte Soffici il ‘realismo sintetico’ di Soffici, dall'altra la i la realtà scavata nelle lacerazioni esistenziali dell’individuo di Sironi. Le diverse esperienze si estendono fino alle incalzanti vicende degli anni Cinquanta, quando Soffici distillava nel paesaggio toscano una perfetta identificazione, ritmando le sue opere sul corso naturale delle stagioni, mentre Sironi giungeva fino alle più rischiate sperimentazioni dell’informale.
‘Silenzio’ e ‘inquietudine’, le definizioni che fanno da sottotitolo alla mostra, possono essere applicate a entrambi gli artisti: c’è silenzio nei lavori di Sironi sostanzialmente ispirati alla classicità mediterranea e nelle sue periferie, luoghi di una inedita solitudine; c’è silenzio nelle figure e nei paesi dipinti da Soffici per renderne l’esemplare immutabilità.
Quanto a ‘inquietudine’ il termine calza perfettamente con l’intreccio di vita e opere, nel cammino che ai più alti livelli hanno entrambi percorso nella nostra società. Un cammino che risulta evidente leggendo le loro biografie, con pagine anche drammatiche e nel sussulto dei loro vari periodi stilistici, dal futurismo al realismo.
I contatti tra Soffici e Sironi non sono certo stati frequenti come, ad esempio, quelli tra Soffici e Medardo Rosso, Carrà, de Chirico, de Pisis, Carena. Li legano però significativi argomenti: anzitutto il rispetto per i maestri del passato, per la nostra tradizione formale, per la cultura figurativa. Caratteri del resto, che rappresentano il ceppo riconoscibile dell’arte italiana e che i visitatori avranno modo di apprezzare al meglio fino alla prossima estate.