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Dante era innocente, a Firenze la revisione del processo che lo condannò all’esilio

A sette secoli dalla morte del Sommo Poeta l’avvocato Alessandro Traversi penalista nel Foro di Firenze ha deciso di riaprire il caso con un convegno dedicato alla revisione del  processo a Dante Alighieri

Ven 21 Maggio, 2021

Nel 1302 mentre Dante Alighieri si trovava a Roma dal papa, il Podestà di Firenze con due sentenze lo giudicò colpevole di baratteria l’equivalente di corruzione e di appropriazione indebita di denaro pubblico, impedendogli per sempre di tornare nella sua città natale.

Nel 1325 un’ulteriore sentenza lo condannò addirittura alla pena capitale cioè a morte. Iniziò così per Dante un lungo esilio che lo portò a peregrinare in tutta Italia in cerca di rifugio e durante il quale scriverà la sua opera più importante la Divina Commedia.

Venerdì 21 maggio 2021 a sette secoli dalla morte del Sommo Poeta l’avvocato Alessandro Traversi penalista nel Foro di Firenze ha deciso di riaprire il caso con un convegno dedicato alla revisione del  processo a Dante Alighieri.

Storici, avvocati, giuristi e studiosi si sono incontrati per capire se Dante Alighieri era davvero responsabile delle accuse che gli vennero rivolte o se si trattò di un processo politico.

A Firenze nel 1300 c’erano due partiti contrapposti i Guelfi e i Ghibellini. I Guelfi erano divisi in Guelfi bianchi e i Guelfi neri. I Guelfi neri parteggiavano per il papa Bonifacio VIII, invece i Guelfi bianchi a cui apparteneva Dante erano contrari a che il papato potesse condizionare la politica fiorentina.

Dante venne chiamato a comparire al processo quando si trovava a Roma e decise di non presentarsi. Per la legge penale e processuale del tempo questo equivaleva a dichiararsi colpevole. Il giudice dunque condannò Dante al pagamento di un’ingente somma di denaro, il poeta non riuscì a pagare in tempo e venne così condannato all’esilio. La pena pecuniaria venne cioè convertita in una pena di carattere personale.

Sono intervenuti al convegno anche un discendente di Dante il dottor Sperello di Serego Alighieri e il suo “nemico” Antoine de Gabrielli il discendente del Podestà di Firenze che pronunciò l’esilio del poeta ovvero Cante de Gabrielli da Gubbio.