Made in Toscana/ARTICOLO

Il Chianti "contraffatto", la denuncia di Coldiretti

 Il vino più celebre al mondo prodotto nella "Napa Valley", al Salone degli Inganni di Roma presentati i "casi" più eclatanti di prodotti tipici "taroccati" 

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
Il Chianti ‘taroccato’
 Vino del Chianti prodotto nella Nappa Valley in California. Altro che colline toscane! Il più celebre dei vini Made in Tuscany, la bottiglia inno alla “toscanità”, l’immagine da copertina della nostra regione, figura nella top list dei casi più eclatanti (e scandalosi) di pirateria alimentare. Fa un certo effetto trovarlo al fianco del pesto spicy proveniente dalla Thailandia, all’olio Pompeian prodotto in Usa al Parma Salami messicano o ancora alla mortadella siciliana dal Brasile e al provolone del Wisconsin per citare solo una parte dei tanti, troppi tarocchi esposti da Coldiretti al “Salone degli Inganni” a Palazzo Rospigliosi (Roma) in occasione della presentazione del primo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia realizzata da Coldiretti e Eurispes (info su www.toscana.coldiretti.it).

Esempi eclatanti, come si diceva appunto, di prodotti che richiamano in tutto e per tutto il Made in Italy: dall’etichetta con la bandiera tricolore che sventola orgogliosa, passando dal nome al packaging, ma di Made in Italy nemmeno l’ombra. “Poco alla volta ci stanno portando via l’identità della nostra toscana – commenta Tulio Marcelli, Presidente Regionale Coldiretti – ci scippano quel Made in Tuscany che il mondo ci invidia e che il mercato, come dimostrano i dati sulla contraffazione, acquista con estrema facilità. Il Chianti è il più rumoroso e sconcertante degli esempi. Ogni anno migliaia e migliaia di bottiglie vengono vendute, come evidenziato al salone, nei mercati stranieri e purtroppo anche italiani. Lo vendono in Italia, anche in Toscana, ma è prodotto in California. Inaccettabile.

L’altro prodotto, insieme al vino, oggetto delle più aberranti contraffazioni è l’olio extravergine di oliva sfortunato protagonista anche di sofisticazioni. Così non si può più andare avanti”. E se i dati presentati da Coldiretti aprono uno scenario terrificante a livello economico - il fatturato del falso Made in Italy ha raggiunto, solo nell’agricoltura, i 60 miliardi di euro – ancora più grave ed assurdo è l’autogol prodotto dal caso Simest, “Società italiana per le imprese all’Estero” finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all’estero controllata dal Ministero dello sviluppo economico) che avrebbe usato risorse pubbliche in maniera impropria finanziando direttamente o indirettamente la produzione o la distribuzione di prodotti alimentari – e con loro l’Italian Sounding - che non hanno nulla a che fare con il tessuto produttivo del Paese.

“Già 130 tra amministrazioni comunali, provinciali, enti, camere di commercio hanno sottoscritto in Toscana un ordine del giorno a tutela e a difesa del Made in Italy agroalimentare, migliaia in tutto il paese – spiega ancora Marcelli – l’assurdità di tutto questa faccenda che ha dell’incredibile è che i cittadini italiani stanno finanziando, attraverso le tasse, a loro insaputa, una forma di auto-concorrenza sleale oltre al danno al nostro sistema agroalimentare. Stiamo finanziando con soldi italiani prodotti realizzati in paesi diversi dall’Italia che imitano il Made in Italy e che finiranno sulle nostre tavole. Non è politicamente, economicamente e moralmente accettabile”.