Musica/PODCAST

Le Pietre dei Giganti tra esoterismo, figure tribali e neopsichedelia

NELLA RACCOLTA: Parole e musica

C’è una misteriosa figura mascherata che si staglia sulla copertina di Veti e culti, il nuovo album de Le Pietre dei Giganti uscito il 25 febbraio 2022 per Overdub Recordings, con distribuzione digitale Sony/The Orchard e distribuzione fisica Goodfellas.

La band, fondata a Firenze da Lorenzo Marsili (voce e chitarre) e Francesco Utel (chitarre, tastiere e voce), rispettivamente originari di Ivrea e Pesaro, e completata da Francesco Nucci (batteria e percussioni) e Niccolò Pizzamano (basso), ha annunciato dunque il suo secondo album Veti e culti a seguire l’album d’esordio Abissi del 2019. Nel tempo che è intercorso, anche grazie all’attività portata avanti dal vivo, Le Pietre dei Giganti hanno acquisito maggior consapevolezza riguardo al sound che volevano ottenere e alle immagini che volevano evocare attraverso la loro musica. È andata a finire che i quattro hanno messo “a ferro e fuoco” un album che adesso li rappresenta appieno.

Le Pietre dei Giganti scavano nella roccia e sbattono in faccia all’ascoltatore tutta la potenza dell’elettricità. Il loro heavy rock teso e solenne si sporca di detriti stoner e si ammanta di neopsichedelia, lambendo a tratti il progressive degli anni 70, ma presta ora più che mai molta attenzione anche alla parte percussiva, assecondando una ritmicitàprimordiale, e a quella elettronica, con l’inserimento di synth e campioni processati.

In parallelo, gli elementi tribali e le tinte vieppiù cupe hanno suggerito l’immaginario esoterico dell’album: dal contatto con la natura, dai suoi aspetti più sinistri alla sua carica viceversa trascendentale, alla ritualità nel cercare di domarla, attribuendo un senso superiore al bene e al male. Un immaginario ben preciso che è stato trasportato idealmente negli arrangiamenti e ha trovato la sua perfetta sintesi nelle opere di DEM, moderno alchimista delle arti figurative conosciuto grazie alla mostra OMONERO, caratterizzata da arcane creature leggendarie, dalla quale è stato preso in prestito per l’appunto lo scatto in bianco e nero che campeggia sull’artwork di Veti e culti.

Ispirati nel mood tanto al romanticismo europeo, da Gustave Dore a William Blake, quanto ai film di Pasolini o dei fratelli Coen, i testi in italiano risultano spesso onirici e conferiscono al tutto un sapore ancor più ancestrale e sacrale, contribuendo a richiamare un mondo rurale in cui il rito, come dicevamo, diventa il dialogo con la natura.

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