Dopo tre anni di silenzio creativo, Emanuele Coggiola torna sulla scena con Absentia Essentia, un album che non si limita a segnare un nuovo capitolo artistico ma diventa un vero e proprio viaggio verso il cuore delle cose.
Prodotto dal giovane e talentuoso Renato D’Amico, il disco — in uscita il 28 novembre per Atomo World — nasce dal bisogno di distillare l’essenziale, di liberarsi del superfluo per ascoltare ciò che davvero vibra sotto la superficie del mondo.
In dieci brani, la natura, il corpo, le relazioni e le ombre del presente si intrecciano con le grandi domande esistenziali: il tempo che passa, la paura di invecchiare, il peso dei conflitti globali, la necessità di ritrovare un senso autentico.
Coggiola abbandona momentaneamente le sue chitarre elettriche per un suono più minimale, quasi sospeso, in cui parole e melodie diventano segnali sottili, incisioni emotive che accompagnano l’ascoltatore verso un’accettazione luminosa della vita e della sua fragilità.
Nella nostra intervista, il cantautore toscano ci porta dentro la genesi di un’opera che è insieme confessione, evoluzione e rinascita; un disco che custodisce l’urgenza di restare umani nel caos.
Ecco la nostra intervista a Emanuele Coggiola
Ciao Emanuele, un disco con un titolo così bello “Absentia Essentia” ha anche una bellissima cover che mi incuriosisce molto, chi l’ha realizzata?
A differenza del disco precedente in questo più che l’amore ho voluto affrontare temi prettamente esistenziali. Parlo della condizione umana, di eventi che ci colpiscono tutti come la guerra, la morte, l’invecchiare. La copertina che ho realizzato io stesso è arrivata dopo tanti tentativi, in seguito all’ultima canzone, dove c’era un testo che parla del “passaggio finale” e del fatto che non bisogna averne paura perché fa parte della vita. L’immagine che ho scelto tira in ballo varie simbologie, tra cui gli elementi: terra, aria, fuoco e acqua. Questa ragazza in posizione fetale non sappiamo se sta nascendo o morendo, nuota in tutto questo, ma non è spaventata.
Per me la musica è un bisogno del quale non mi so spiegare il motivo, è una catarsi, un processo di auto-analisi
Ti sei mai chiesto che cosa c’è dopo la morte? C’è chi crede nella reincarnazione, chi nel paradiso…
Pur interessandomi molto all’aspetto spirituale dell’uomo tendo su questo argomento ad essere molto razionale. Quindi ti dico che non mi aspetto nulla, non c’è niente. Siamo polvere e polvere ritorneremo. Siamo atomi che ritornano nel flusso dell’universo.
Mi è piaciuto molto quando in “Nevrotica danza notturna” dici che invecchiare è un atto di libertà
Quella frase è arrivata dopo, in seconda o terza revisione. Quella canzone è nata inseguito a una crisi esistenziale, per la prima volta in vita mia sono andato un po’ in tilt a livello mentale. Una delle cose che è uscita fuori con la persona che mi stava aiutando è che inconsciamente avevo paura della morte e ancora di più della malattia. Il brano parla di una situazione di buio ma dice anche che il buio è falso, è fasullo. Non bisogna avere paura, bisogna abbracciare e accettare ogni fase della vita.

Passando a parlare della musica, hai avuto tante fasi nella tua carriera, dal rock a una più acustica, fino ad arrivare a questo disco in cui hai messo un po’ da parte le chitarre per un sound più elettronico, come mai questa scelta?
Ho seguito un flusso, negli ultimi anni ho ascoltato musica neoclassica, per farti alcuni nomi: una pianista polacca che mi piace tantissimo che si chiama Hania Rani, e mi sono innamorato di un musicista che si chiama Ry X che fa un genere molto intimo, usando l’elettronica. Da questi ascolti è riemerso qualcosa che ho sempre avuto cioè la curiosità per i suoni e così ho voluto fare una cosa diversa, ho seguito il mio istinto e l’ho assecondato.
Com’è stato lavorare con il produttore Renato D’Amico, mi sembrate molto diversi
Ho conosciuto Renato grazie ai ragazzi di A Buzz Supreme che hanno avuto l’intuizione di presentarmelo. Renato è una persona che ha molta passione nel suo lavoro, ha ascoltato le mie cose e gli è piaciuto quello che faccio, nonostante la differenza di età. Mi ha detto poi successivamente che lo ha colpito la maturità dei testi, era molto incuriosito. Quando l’ho consciuto ho capito che è un fuori classe, molto maturo, determinato e competente, di testa dimostra almeno 40 anni.
Per la canzone “Alina” è uscito un video molto bello, che se non sbaglio è realizzato con l’intelligenza artificiale
Ho realizzato io anche il video, ho voluto cimentarmi con questa nuova tecnologia che abbiamo a disposizione. Non è così immediato come si pensa, ci sono molti passaggi per arrivare a quel risultato. È come realizzare un video normale l’unica cosa che cambia è che al posto di un illustratore in carne e ossa c’è una macchina ma sei sempre te a prendere tutte le decisioni e montare manualmente le immagini.
I tuoi dischi sono sempre catartici, ci metti dentro tutto te stesso, i tuoi processi mentali e non solo. Hai scoperto qualcosa su di te mentre realizzavi “Absentia Essentia”?
Il processo creativo ti fa sempre scoprire cose nuove, ci sono tanti input-output con la mia vita. Negli ultimi anni mi sono avvicinato alla meditazione, alla ricerca di me stesso. Alla fine di ogni lavoro quello che mi rende felice è il fatto che ancora una volta nonostante tutto sono riuscito a rimanere curioso, per me è questo che conta.
Cosa pensi che arriverà all’ascoltatore quando premerà “play” per ascoltare Absentia Essentia?
Non lo so, spero di regalare un’emozione, penso che sia l’obiettivo di ogni artista. Che sia gioia, nostalgia, tristezza questo non lo decido io.
Ultima domanda: che cos’è per te la musica?
Per me la musica è un bisogno del quale non mi so spiegare il motivo, è una catarsi, un processo di auto-analisi. Non riesco a prendere la musica dal punto di vista ludico, non amo la musica fine al divertimento, per me è un’arte talmente importante che deve avere un senso più alto.