Fino al 3 maggio 2026, il Palazzo delle Papesse di Siena celebra l’universo creativo di Armando Testa con una grande retrospettiva curata da Valentino Catricalà e Gemma De Angelis Testa, prodotta da Opera Laboratori con Galleria Continua e Testa per Testa.
Una mostra imponente – circa 200 opere tra manifesti, dipinti, sculture, installazioni, fotografie e materiali audiovisivi – che racconta non solo il più noto pubblicitario italiano, ma un artista che ha reinventato il linguaggio visivo del Novecento. Non a caso, Gillo Dorfles lo definì “un visualizzatore globale”.
L’esposizione cerca di restituire la vitalità multisensoriale del suo immaginario, per mostrare come molte intuizioni di Testa fossero radicate nell’arte e poi tradotte in messaggi universali, immediatamente comprensibili.
“Guardi un lavoro di Armando Testa e credi di averlo compreso, ma subito ti accorgi che c’è dell’altro: una piega inattesa, un senso che si ribalta. È la cifra della sua opera: una rivelazione che diventa meraviglia” ha commentato Gemma De Angelis Testa spiegando l’espressione giocosa che accompagna il titolo della mostra.
Come sottolinea il curatore Valentino Catricalà: “Scrivere su Armando Testa non è impresa facile. Quale altro personaggio fondamentale della cultura italiana può essere paragonato a lui? Cos’è Testa? Siamo sicuri che sia solamente un grande e geniale pubblicitario? Ecco, questo testo e questa mostra vogliono scardinare proprio tale impostazione…”.

La mostra: viaggio nella mente del creativo
Il viaggio nella sua produzione parte al primo piano con una sorta di “comfort zone visiva”, che riunisce alcuni dei manifesti più celebri: dal Punt e Mes (1960) ai lavori per Carpano – come il Gotto (1952) e Il brindisi dei due re (1949) – fino alle campagne per Borsalino e ai poster delle Olimpiadi di Roma 1960.
Guardi un lavoro di Armando Testa e credi di averlo compreso, ma subito ti accorgi che c’è dell’altro: una piega inattesa, un senso che si ribalta
Il cuore concettuale del percorso è al secondo piano: una nicchia interamente tappezzata da oltre 400 disegni, un flusso continuo di segni che visualizza senza filtri il processo creativo dell’artista.
Poco distante, nel buio del caveau, l’iconica Lampadina Limone (1968) splende sotto un unico spot, metafora dell’idea geniale che si accende all’improvviso.
Seguono le sezioni che esplorano il rapporto fra arte, industria e tecnologia, con rari manifesti e disegni preparatori dagli anni Cinquanta ai Novanta.
Tra questi, Esso Hydroforming (1955), Grafica 3 (1976), Profilo Italia (1990) e perfino la copertina realizzata nel 1991 per i PIL, ispirata a un suo lavoro degli anni Settanta.
Ampio spazio è dedicato alla pittura dove Testa sperimenta forme astratte e suggestioni naturalistiche. Compiono qui la loro prima apparizione anche alcuni manifesti inediti, che arricchiscono ulteriormente il ritratto dell’artista.
Non potevano mancare i suoi mondi narrativi più popolari: i personaggi di Caballero e Carmencita, riproposti con materiali audiovisivi originali, e il Pianeta Papalla, ricostruito in scala per immergere il visitatore nel suo universo surreale.
C’è poi la sala dedicata alla celebre carica degli elefanti Pirelli (1954), un’immagine magnetica lodata già da Germano Celant.
La mostra affronta anche il tema del corpo esplorato con linguaggi diversi – dalla pubblicità alla fotografia, dalla scultura alla pittura – passando dal corpo sacro evocato dalla croce al corpo frammentato, come il celebre “dito”, che apre alla sezione su numeri e lettere.
Completano il percorso le sale dedicate agli animali e alle sue sperimentazioni visive sul cibo.
La visita si chiude con Povero ma moderno (2009) di Pappi Corsicato, premiato alla Mostra del Cinema di Venezia.
