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Vitozza, la città perduta e la sua ultima abitante, Agostina. Visse in una grotta nel bosco

Fine del 1700, un’intera comunità abbandona l’antichissimo borgo ancora celato dal bosco vicino a Sorano. Solo una donna rimane a vivere nel bosco, in una grotta.  La storia

La vita è fatta anche di scelte estreme, fuori dal comune. E’ anche staccarsi dal branco, vivere in solitudine, scegliendo la natura come compagna per il proprio cammino. La vita è scegliere di essere chi siamo nel profondo ed esternarlo, a volte ricercando la nostra natura più selvaggia.

Sicuramente fu così anche per Agostina “La Riccia”, l’ultima abitante di Vitozza, la città perduta che si trova ad una manciata di chilometri da Sorano, un insediamento rupestre di oltre 200 grotte i cui resti sono custoditi da un lussureggiante bosco, scrigno di antiche memorie.

Il bosco di Vitozza era la casa di Agostina e lei non lo abbandonò mai, neppure quando rimase da sola ad abitarlo, mentre la comunità si spostò nel centro cittadino. Una grotta ospitava le sue giornate. Erano gli ultimi decenni del 1700. I suoi capelli ricci, rossi, disordinati e spettinati erano simili a quella natura indomabile che aveva scelto come amica.

Del bosco Agostina conosceva tutto: le erbe officinali che combinava e lavorava, con sperimentazioni e continua ricerca. Quelle erbe spontanee che erano salvifiche per ricomporre fratture, curare malattie endemiche e febbri malariche.

E lei metteva a disposizione l’esperienza del suo sapere tramandato da mamme, zie e nonne per le tante persone che visitavano la sua grotta per ottenere cure. Spesso lo facevano di nascosto, di notte. Non mancarono i preconcetti per il suo aspetto selvaggio, per la sua pelle chiarissima e arida, segnata da rughe intrecciate come una tela di ragno e per quelle erbe “magiche” che l’ultima abitante di Vitozza miscelava con grassi animali, per ottenere unguenti utili per cicatrizzare le ferite.

In fondo l’unica magia era quella terra, quella delle proprietà delle erbe, delle piante. Sulle pareti della sua casa-grotta Agostina omaggiava con simboli tutt’ora visibili, il sole, la pioggia, la stessa madre terra.

Tutto vicino ai giacigli dove riposava, dove accendeva il fuoco per scaldarsi d’inverno, dove pregava. L’esistenza fuori dal comune di una donna che aveva deciso di condurre una vita primitiva e primordiale. Sola. Forte, decisa. Curiosa. Una vita spesa però a disposizione di quella comunità che aveva scelto di ricostruire altrove il proprio nido.

La grotta di Agostina a Vitozza

La sua grotta non conosceva porte. Era un tutt’uno con le piante, gli alberi e un porto aperto, per chi ne volesse varcare la soglia ed esserne accolto e curato. La sua casa è lì a ricordarlo. Racconta di lei, del suo essere rudimentale e geniale al tempo stesso, libera e selvaggia. Il suo spirito è impresso in quella città eterna e perduta.

Vitozza. Insediamento preistorico, brillò di splendore nel Medioevo. Borgo saccheggiato, abbandonato ma ancora vivo, in questa contemporaneità nella quale si ricercano le radici, quasi a voler comprendere meglio chi siamo e da dove veniamo. Ed eccole quelle radici che spuntano, in mezzo alla natura. Ecco le grotte, i colombai, i forni, i giacigli, le scale, i porta lucerne, le nicchie.

Vitozza il bosco

C’è qualche raggio di sole che spinge attraverso le chiome degli alberi e si riverbera su quell’antica vita che, ancor oggi, racconta le proprie storie. Quelle di Vitozza e quella della rossa Agostina, una donna che subì sulla propria pelle il preconcetto e la discriminazione. Lei rispose a quella distanza d’animo con la “cura”. La cura degli altri e di quella comunità che le faceva visita di notte, per non farsi vedere e riconoscere dal branco.

Lei era uno spirito del bosco, non del branco. La natura l’aveva educata con i suoi insegnamenti e le sue regole. La natura che le aveva donato quella grotta di tufo dove ripararsi, una casa che tiene traccia dopo secoli della vita della sua ultima abitante. L’eternità scolpita e scavata nella roccia. E un nome: Agostina. L’ultima donna di Vitozza. Ieri. oggi, per sempre.

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