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Francesco Motta riparte da Livorno: “Ho dovuto mettere un punto alla mia vita”

Venerdì 27 ottobre Motta sarà in concerto al The Cage di Livorno per la data zero del tour che farà tappa nelle principali città italiane per tutto il mese di novembre

Motta - © Pepsy Romanoff

Il 27 ottobre parte dallo storico locale The Cage di Livorno la data zero del tour di Francesco Motta in occasione dell’uscita del suo nuovo disco “La musica è finita” prodotto insieme a Tommaso Colliva: un disco diretto, sfacciato e potente, nato da una forte fase creativa e di contaminazione.

Il nuovo disco è anche il risultato di collaborazioni musicali che sono anche legami profondi, tra gli amici che lo hanno accompagnato in questa avventura: Willie Peyote, Giovanni Truppi, Jeremiah Fraites e Ginevra.

Il concerto di Livorno sarà il punto di partenza di un viaggio che toccherà le principali città italiane per tutto il mese di novembre.

Sul palco con Motta ci saranno: Giorgio Maria Condemi (chitarre) e Francesco Chimenti (basso e cello) ai quali si aggiungono per la prima volta con questa formazione, Davide Savarese (batteria) e Whitemary (synth ed elettronica).

Motta – © Pepsy Romanoff

Ecco la nostra intervista

Ciao Francesco! Il tuo nuovo disco ha un titolo molto provocatorio “La musica è finita”, non so perché mi ha ricordato le parole che dice il prete dall’altare “La messa è finita, andiamo in pace”. Come mai questo titolo, qual è il senso di questa frase per te?

È stata una scelta per raccontare quello che stava succedendo e che fosse finito un certo mio modo di interpretare non solo la musica ma anche la vita, perché queste sono sempre andate in parallelo. Avevo bisogno di mettere un punto ad un certo tipo di percorso e ho cercato di superare i miei limiti. Questo disco è anche figlio, non solo di una nuova solitudine, ma anche di ore e ore di studio come non era da tanto tempo.

Per partire di nuovo ho dovuto mettere un punto a un periodo della mia vita artistica e non. Mi sentivo ingabbiato in certezze che poi hanno ceduto e si sono liberate in questo disco

Come e quando hai lavorato al disco? Quanto tempo è stato necessario e dove l’hai registrato? So che sei stato un anno intero, tutti i giorni su questo nuovo disco?

Per partire di nuovo ho dovuto mettere un punto a un periodo della mia vita artistica e non. Mi sentivo ingabbiato in certezze che poi hanno ceduto e si sono liberate in questo disco. Si discosta dagli altri tre, difficilmente nella mia vita sono stato in studio così tanto come negli ultimi due anni.

Come sono nate le collaborazioni con Willie Peyote, Giovanni Truppi, Jeremiah Fraites e Ginevra? Come mai hai scelto proprio loro?

Questo è stato un altro modo di aprirmi perché ero convinto del fatto che, siccome tutti gli altri facevano featuring, allora io dovevo andare nella direzione contraria. Ho sempre lavorato con altri artisti, vengo da una band e ci sono sempre state collaborazioni con musicisti pazzeschi nei miei dischi, ma il fatto di sentire cantare un’altra persona insieme a me è stato un processo ulteriore che forse prima non avevo il coraggio di affrontare. In questo caso li ho fatti o con amici o con persone che avrei voluto diventassero amici miei e che, infatti, lo sono diventati. Sono tutte persone che stimo e anche questo è stato un processo liberatorio.


Pensavo che dopo il grande contributo che hai dato al disco di Emma Nolde ci sarebbe stata anche lei nel tuo nuovo album…

A questo giro le ho chiesto una mano io. Stavo per finire il disco e in un qualche modo mi serviva una sana leggerezza per quel pezzo che era l’ultimo che dovevo chiudere. Emma è venuta in studio e le ho chiesto di registrarmi delle voci perchè mi servivano dei cori e poi lei mi ha aiutato a finire il testo. Ovviamente da quando abbiamo lavorato insieme è nata una grande amicizia.

Quest’anno hai anche lavorato a due colonne sonore per due film italiani, volevo chiederti come cambia il tuo approccio compositivo quando scrivi una colonna sonora, rispetto a un disco.



Hanno presentato in questi giorni “The Cage”, con protagonista Aurora Giovinazzo. È stata una delle due colonne sonore che ho fatto durante quest’anno. L’altro film è di Manfredi Lucibello e si chiama “Non riattaccare” con Barbara Ronchi e Claudio Santamaria e verrà presentato a breve, ma non posso dire altro. È una cosa che porto avanti e che mi piace tantissimo, mi permette di fare una ricerca che a volte mi manca nei miei dischi: sono spesso legato al fatto che i testi purtroppo e per fortuna li scrivo io. Per cui la musica da film è scrivere una musica per un testo scritto da un’altra persona. È una cosa divertente.

C’è un regista che ami particolarmente e con cui ti piacerebbe lavorare?

Si, aspetto il prossimo film di Pepsy Romanoff perché mi sono trovato talmente bene che voglio continuare questa collaborazione.

Il tour parte dal the Cage di Livorno, immagino che non sia un caso, penso che per te sia una “seconda casa” cosa puoi raccontarci del tuo rapporto con questo storico locale di Livorno che strenuamente tiene duro in un momento storico, dopo il Covid, in cui non è banale nè facile tenere aperto un locale così.

Al The Cage ho suonato con Il Pan del Diavolo, con Nada e con Giovanni Truppi. Abbiamo fatto diverse volte l’allestimento qua. È veramente una casa e soprattutto è un punto di incontro non solo per Livorno, ma per tutta la Toscana. Ci sono sempre stati concerti pazzeschi e soprattutto c’è stata un’educazione al pubblico che ha permesso di far sì che adesso la gente venga al The Cage, perché in queste zone ci sono persone curiose e abituate a vedere un certo tipo di live. Ci sono affezionato e sono emozionato.

Motta, le date del tour

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