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Guerre, militanza, arte e intelligenza artificiale nei documentari del 66° Festival dei Popoli

Dall’1 al 9 novembre a Firenze torna il festival del film documentario, che sarà inaugurato dal regista palestinese Kamal Aljafari

“Post Truth” di Alkan Avcıoğlu al Festival dei Popoli

Dalle piazze di oggi all’attualità da Gaza, la cui memoria vive nel racconto del regista palesintese Kamal Aljafari con “With Hasan in Gaza” agli inediti racconti dall’Ucraina prossima al fronte nei documentari “Paleontology Lesson” del maestro Sergei Loznitsa sulla “normale” visita di una scuola in un museo e “Checkpoint Zoo” con l’obiettivo di salvare oltre 5.000 animali dal conflitto. E poi la lezione di dissidenza artistica e civile di Ai Weiwei, alle prese con la messa in scena della Turandot al Teatro dell’Opera di Roma in “Ai Weiwei’s Turandot” di Maxim Derevianko, fino alla Firenze delle sottoculture dei mitici Ottanta della new wave in “Uscivamo molto la notte” di Stefano Pistolini e Bruno Casini, nelle voci e i ricordi di chi c’era, tra Diaframma e Litfiba, a quelli di oggi di Piero Pelù, rocker mai domo, in “Pierò Pelù. Rumore dentro” di Francesco Fei, un viaggio intimo nella vita del rocker fiorentino. Dai valori di ieri, nel ricordo di Sandro Pertini con il “Settimo Presidente” di Daniele Ceccarini e Mario Molinari, a quelli di domani, messi in discussione nell’esperimento provocatorio del primo documentario interamente realizzato con l’ausilio dell’intelligenza artificiale generativa, “Post Truth” di Alkan Avcıoğlu, fino a Tatti (Grosseto), un piccolo paese nel cuore della Toscana che vive una straordinaria esperienza di comunità in “Tatti, paese di sognatori” di Ruedi Gerber. Il filo rosso del programma è cucito attorno a due omaggi di grande rilevanza: i film di Sarah Maldoror, prima cineasta africana dallo sguardo femminista e anticoloniale, e di Marie Losier, che firma ritratti di artisti, originali e controcorrente. Sono questi alcuni tra i protagonisti – film e ospiti – del 66° Festival dei Popoli, il festival internazionale del film documentario, che torna a Firenze dal 1° al 9 novembre – con un focus in apertura il 1° e 2 novembre per i più piccoli, Popoli for Kids and Teens e lunedì 3 l’inaugurazione al cinema La Compagnia. Il festival – presieduto da Roberto Ferrari, con la presidenza onoraria di Ken Loach – per la direzione artistica di  Alessandro Stellino, la direzione organizzativa di Claudia Maci, presenterà il meglio del cinema documentario internazionale in un programma di 90 film accompagnati da numerosi ospiti internazionali e nazionali.

L’iniziativa è realizzata grazie al contributo di Europa Creativa Media, MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Regione Toscana, Comune di Firenze, Fondazione CR Firenze, Fondazione Sistema Toscana – 50 Giorni di Cinema a Firenze, Calliope Arts, Publiacqua, con il Patrocinio del Comune di Firenze.

Primo giorno e serata d’inaugurazione

Il festival sarà inaugurato dall’anteprima nazionale di “With Hasan in Gaza” del regista palestinese Kamal Aljafari, nella serata di lunedì 3 novembre alle 20.30 al cinema La Compagnia di Firenze, in presenza dell’autore. Una riflessione cinematografica sulla memoria, la perdita e il passare del tempo, filmando una Gaza popolata di fantasmi che oggi non esiste più. Tre nastri MiniDV che documentano la vita a Gaza nel 2001 vengono ritrovati dal regista: le immagini che contengono sono ora la testimonianza di un luogo e di un tempo che non esistono più. Kamal Aljafari, regista e artista palestinese, oggi vive a Berlino: i suoi film indagano e raccontano la storia del popolo palestinese. Incontrerà il pubblico del festival martedì 4 novembre alle 10:00 al Cinema Astra (ingresso gratuito).

Kamal Aljafari

Il primo giorno di festival, al cinema La Compagnia, inizia alle 18 con la prima proiezione dell’omaggio dedicato a Sarah Maldoror, regista francese e panafricana d’adozione, voce rivoluzionaria e prima donna cineasta del cinema africano: in sala ci sarà il suo primo lungometraggio, il capolavoro “Sambizanga” (1972), tratto da un romanzo dello scrittore angolano José Luandino Vieira, che segue le vicissitudini di una giovane donna il cui marito è stato incarcerato in Angola dalle autorità portoghesi.

Il programma del Festival dei Popoli

Il programma sarà diviso come di consueto in Concorso internazionale Lungometraggi e Concorso italiano, ai cortometraggi e mediometraggi sarà dedicato il Concorso Internazionale Discoveries, inaugurato lo scorso anno, per i lavori di giovani registi e registe da tutto il mondo con orientamento alla sperimentazione; in Doc Highlights i film di grande risonanza internazionale e poi le sezioni Habitat, dedicata all’ambiente e ai temi della sostenibilità e dei diritti umani, Let the Music Play per i documentari musicali, con la retrospettiva dedicata all’opera di Marie Losier, regista francese ospite del festival, Popoli for Kids and Teens per il giovane pubblico e il Future Camps – European Doc Academy, con le sorprendenti opere provenienti dalle migliori scuole di cinema di tutta Europa. Infine, la sezione Feminist Frames, una selezione di opere realizzate da registe sul tema della militanza e della liberazione pensata in collaborazione con una rete internazionale di cineaste femministe che costruisce spazi di mutuo sostegno, co-creazione e pratiche condivise, oltre al già citato omaggio a Sarah Maldoror.

Saranno 9 i film del Concorso Internazionale Lungometraggi, tutti in anteprima, per i quali la giuria composta dalla programmer Cecilia Barrionuevo (Argentina) e dalle registe Elena Lopez (Spagna) e Mala Reinhardt (Germania) assegnerà il primo premio (7.000€), il secondo premio (4.000€) e la Targa “Gian Paolo Paoli” al Miglior Film Antropologico. 10 i cortometraggi e mediometraggi in anteprima nel Concorso Internazionale Discoveries, saranno invece giudicati dalla giuria formata dalla distributrice Marcella Jelić (Croazia), la curatrice e produttrice Flavia Mazzarino (Italia) e la regista Eleanor Mortimer (Gran Bretagna) che assegnerà il premio Discoveries (3.500€).

Concorso italiano

Ritorno e riscoperta delle origini, storie dai territori e dal proprio passato, indagini in luoghi lontani eppure vicini, si alternano nel Concorso Italiano che propone in gara 7 documentari. In prima italiana, in programma ci sarà “She (Lei – Storie operaie dal Vietnam” di Parsifal Reparato (4/11), film corale che racconta le giornate di alcune operaie tra gli 80.000 lavoratori di uno dei più grandi impianti industriali elettronici al mondo, con sede in Vietnam, dove l’80% della manodopera nelle fabbriche è costituita da donne che hanno accettato di lavorare a turni di 12 ore. A seguire “Waithood” di Paola Piscitelli (5/11), protagonista un ragazzo sospeso tra Napoli, dove vive in seminterrato, e São Vicente a Capo Verde, che è stato costretto a lasciare da bambino e di cui conserva ricordi preziosi, dove sogna di tornare per ricomporre le sue fratture; “Il fantasma che è in me” di Michael Beltrami (5/11), film diario che prende il via nel 2005, quando all’autore è stato diagnosticato un cancro, per diventare la cronaca personale di un ventennio, tra gioie, perdite, rivelazioni; “Chi sale sul treno” di Valerio Filardo (6/11), memoria del viaggio iniziato 120 anni fa dal primo Treno Bianco, il convoglio che accompagna malati e pellegrini dalla Sicilia a Lourdes, un percorso di quasi 50 ore oggi, nell’epoca dell’alta velocità, forse anacronistico. In programma poi le anteprime assolute di: Cumpartia” di Daniele Gaglianone (7/11), storia di Ivan, che ritorna a casa nel Sulcis in Sardegna dopo tre anni di lontananza per fare il vino con i genitori nella loro piccola azienda, in un sofferto viaggio interiore tra generazioni; “White Lies” di Alba Zari (7/11), protagonista la regista che usa la sua arte per esplorare un passato oscuro, quello di una famiglia cresciuta nella controversa setta dei Bambini di Dio; e “Queste cose non avvennero mai ma sono sempre” di Pierluca Ditano (8/11), ritratto collettivo di Taranto, esplorazione di rovine industriali e mondi invisibili attorno al distretto siderurgico più grande d’Europa, sullo sfondo di un paesaggio umano sospeso, tra decadenza e bellezza.
La giuria del concorso italiano è composta dal produttore Leonardo Barrile, dal regista Francesco Fei e dalla distributrice Anastasia Plazzotta, che assegnerà il Premio al Miglior documentario italiano (3.000€).

Ai Weiwei’s Turandot

Doc Highlights

L’attualità, le guerre, la dissidenza nell’arte sono al centro della sezione che propone titoli di grande rilevanza internazionale fuori concorso. Tra questi “Ai Weiwei’s Turandot” di Maxim Derevianko (4/11), segue l’artista e attivista rivoluzionario cinese Ai Weiwei per il suo debutto alla regia di un’opera lirica al Teatro dell’Opera di Roma, con l’allestimento della Turandot di Puccini come scenario di fondo per una riflessione sul potere dell’arte come forma di resistenza e libertà di espressione. Una ferita ancora aperta nell’opinione pubblica è l’invasione russa dell’Ucraina: il festival presenta scorci di una frontiera ferita da tre diversi punti di vista, nella giornata finale del festival, a partire da quello di Sergei Loznitsa con il corto “Paleontology Lesson” (9/11): nel giugno 2023, a Kiev, un gruppo di scolari visita il Museo di Storia Naturale, guidati da un insegnante di paleontologia che, come per magia, trasporta i bambini in un mondo lontano, dove non c’è più guerra. Non solo soldati in trincea: “Checkpoint Zoo” di Joshua Zeman (9/11) documenta un audace salvataggio guidato da un eroico team di guardiani dell’Ecopark di Kharkiv e volontari che hanno rischiato la vita per salvare oltre 5mila animali intrappolati durante l’invasione russa. Infine, in un ritratto ironico e grottesco, “Sanatorium” di Gar O’Rourke (9/11) porta a sud sulle rive di Odessa, in una fatiscente struttura sanitaria, nel corso di una stagione estiva in cui gli ospiti passano l’estate attratti dalle proprietà miracolose del fango nero nonostante l’eco dei bombardamenti in lontananza. Arte come politica, invece, al centro di “Nova ‘78” di Aaron Brookner e Rodrigo Areias (8/11), un viaggio elettrizzante nel cuore della controcultura degli anni ’70, con filmati inediti della leggendaria Nova Convention, l’evento di tre giorni a New York City che ha celebrato il ritorno di William S. Burroughs in America dopo oltre vent’anni vissuti in America Latina, Nord Africa, Parigi e Londra, riunendo icone come Patti Smith, Frank Zappa, Laurie Anderson, Philip Glass, Allen Ginsberg, Merce Cunningham, John Cage e molti altri. Da oltreoceano si ritorna a Firenze, con la prima assoluta di “Uscivamo molto la notte” di Stefano Pistolini (8/11), racconto della new wave fiorentina con i protagonisti dell’epoca: all’imbocco degli anni ‘80, Firenze si trasforma da aristocratica mèta di contemplazione turistica in capitale delle nuove culture giovanili, qui nascono fenomeni battezzati “Rinascimento Rock” o “Fauna d’Arte” e la città, nelle sue interminabili notti, diventa un’esplosione di creatività, edonismo, sperimentazione. In prima italiana, poi, “Post Truth” di Alkan Avcıoğlu (7/11): un film fittizio sul mondo reale, il primo documentario interamente generato dall’intelligenza artificiale della storia esplora il nostro rapporto con la tecnologia ed esamina come siamo arrivati a un mondo in cui le immagini vengono sempre più strumentalizzate e la verità non ha più importanza, sviluppato in 15 mesi, da oltre 60 ore di filmati generati dall’intelligenza artificiale. Ricordi d’Italia ne “Il Settimo Presidente” di Daniele Ceccarini e Mario Molinari (9/11), in prima assoluta, docufilm che si propone di raccontare la figura di Sandro Pertini, dalla formazione come socialista e partigiano alla leadership durante gli anni di piombo, con la capacità unica di incarnare e rappresentare i sentimenti più autentici del popolo italiano, con la musica di Nicola Piovani e il manifesto ufficiale da Gianluigi Toccafondo. Chiudono la sezione “Familiar Places” di Mala Reinhardt (4/11), protagonista Akosua, queer ghanese-tedesca, tra poliamore e desiderio di un figlio, accompagnata dalla sua amica e regista Mala, e la Toscana profonda con “Tatti, paese di sognatori” di Ruedi Gerber (9/11), storia del piccolo borgo toscano nel grossetano che rischia di scomparire, dove il regista, insieme agli ultimi agricoltori locali, i fratelli gemelli Marco e Massimo, ha dato inizio a una silenziosa rinascita.

Omaggio a Sarah Maldoror e Marie Losier

Quest’anno il festival omaggia il cinema di Sarah Maldoror (1929–2020), voce rivoluzionaria e prima donna cineasta del cinema africano: la selezione celebra l’opera della regista francese, panafricana d’adozione, impegnata a raccontare le guerre di liberazione delle ex colonie portoghesi, con un’attenzione particolare al ruolo delle donne nella lotta.  Tra lunghi e cortometraggi, saranno 12 le opere in programma di questa pioniera di un linguaggio cinematografico radicale, tra cui anche “Aimé Césaire – Le Masque des mots” del 1987 (5/11) in cui il sindaco, poeta e drammaturgo di Fort-de-France si interroga sul futuro della Martinica e sulla recrudescenza del razzismo nel mondo; “Portrait de Assia Djebar” del 1989 (6/11), dove la scrittrice algerina Djebar discute il ruolo delle donne nel mondo arabo e musulmano, e “Léon G. Damas” del 1994 (5/11), sul poeta della Guyana fondatore della Négritude.

Dopo la giornata di apertura lunedì 3 novembre con la presentazione del capolavoro restaurato “Sambizanga” (1972), martedì 4 presso The Recovery Plan (via Santa Reparata 19R) dalle 17:30 ci sarà l’inaugurazione della mostra “Sarah Maldoror: C’est Pour Vous Que Je Parlerai” a cura di BHMF, Justin Randolph Thompson & Janine Gaëlle Dieudji, visitabile fino al 6 gennaio 2026. A seguire, alle 18.30 ci sarà la visione del suo primo corto “Monangambééé” (1969): al termine della proiezione l’incontro “Ricordando Sarah Maldoror” con la figlia Annouchka de Andrade, moderato da Janine Gaëlle Dieudji (curatrice e co-fondatrice di The Recovey Plan) e Ludovica Fales (curatrice dell’omaggio a Sarah Maldoror).

Di grande rilevanza anche l’altra retrospettiva al centro di questa edizione: sarà ospite del festival la regista francese Marie Losier, autrice di numerosi ritratti cinematografici di registi, musicisti e compositori cult e d’avanguardia: l’omaggio a lei dedicato sarà in programma nella sezione Let the Music Play, dedicata ai documentari musicali. Avanguardia e surrealismo, bassa fedeltà e freakness: in oltre vent’anni di carriera Marie Losier ha rifiutato i dispositivi più risaputi e gli approcci biografici per porsi sulla stessa lunghezza d’onda degli artisti e delle artiste che ha filmato. Per offrire visioni fuori norma, alterate, aliene a ogni “normalità”. La regista sarà protagonista sabato 8 novembre alle 10 presso l’Istituto Francese con l’incontro “Rebel Rebel: Marie Losier”, moderato dal giornalista e critico Emanuele Sacchi.

 

Cinema italiano, musica e Feminist Frames

Dopo il grande successo dell’intro tenutosi al festival nel 2024 con Alice Rohrwacher e Pietro Marcello, secondo appuntamento per il panel dedicato al cinema del reale dal titolo “Documentario italiano: verso la finzione”: ospiti sul palco saranno due coppie di registi, protagonisti di ultime uscite in sala, Alessandro Cassigoli e Casey Kaufmann insieme a Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, al cinema La Compagnia venerdì 7 novembre alle 19. La conversazione è dedicata alla transizione dal documentario alla finzione compiuta da un’intera generazione di filmmaker che, a partire dal confronto con la realtà, ha contribuito a rinnovare la cinematografia del nostro paese nel corso degli ultimi due decenni.

La sezione che porta i documentari musicali nel cuore del festival, oltre all’ampia selezione dei lavori di Losier, viene completata da tre perle, ritratti a tutto tondo di figure di rilievo della scena musicale italiana e internazionale. Arriva per la prima volta a Firenze e in anteprima, dopo la partecipazione alla Mostra del cinema di Venezia, “Piero Pelù. Rumore dentro” di Francesco Fei (5/11), regista fiorentino che torna al Festival (dopo il successo nel 2018 con “La regina di Casetta”): un viaggio intimo e sincero nell’anima dell’ex leader dei Litfiba dopo l’incidente acustico che gli ha procurato acufeni fortissimi e continui che hanno rischiato di comprometterne l’udito. Nell’ottobre 2022, durante una sessione di registrazione, un improvviso shock acustico ha provocato un danno permanente al nervo acustico con il quale Pelù combatte da allora. Il “rumore dentro” diventa così un’occasione forzata per fermarsi, ritrovarsi, ricostruirsi, rigenerarsi e concepire un nuovo album dedicato ai “deserti interiori”, raccontato nel film attraverso una full immersion nel mondo dell’artista. Si passa poi ai margini dell’Europa con “In Hell With Ivo” di Kristina Nikolova (5/11) in prima italiana: protagonista è l’artista queer bulgaro Ivo Dimchev, che anche durante il Covid ha organizzato con successo oltre 400 concerti gratuiti nelle case delle persone, sfidando le norme sociali relative alla sessualità, all’identità e al potere in una Bulgaria sempre più omofoba. Chiude la sezione “It’s Never Over, Jeff Buckley” di Amy Berg (9/11), diretto dalla regista candidata all’Oscar (per “Deliver Us from Evil” nel 2006), racconto della vita della giovane stella nascente dalla voce ultraterrena e dal talento immenso, che sconvolse il mondo della musica degli anni ‘90 morendo improvvisamente, all’età di 30 anni, dopo l’uscita del l’acclamato album di debutto “Grace”. Il tutto realizzato attraverso filmati inediti provenienti dagli archivi di Buckley e testimonianze intime di sua madre, delle ex compagne, degli ex compagni di band e di personaggi illustri come Ben Harper e Aimee Mann.

Ritorna la sezione Feminist Frames, la selezione di opere realizzate da registe sulla liberazione delle donne pensata in collaborazione con una rete internazionale di cineaste femministe che costruisce spazi di mutuo sostegno, co-creazione e pratiche condivise. Cinque i film della sezione: “The Long Road to Director’s Chair” di Vibeke Løkkeberg (4/11), sul primo seminario internazionale sul cinema femminile tenutosi nel 1973 a Berlino, un momento di confronto sulla difficoltà di essere donne nel cinema, tra disparità, marginalità e sessismo; “No Mercy” di Isa Willinger (6/11), un manifesto cinematografico radicale attraverso le voci delle donne più agguerrite del cinema, risolute e senza compromessi, protagoniste, tra le tante, Catherine Breillat, Alice Diop, Valie Export, Nina Menkes e Céline Sciamma; “Las Novias del Sur” di Elena López Riera (5/11) dove, tra donne mature che parlano del loro matrimonio, della loro prima volta, del loro rapporto intimo con la sessualità, la regista mette in discussione il proprio mancato ruolo di madre e sposa; in “The Mens’s Land” di Mariam Bakacho Khatchvani (6/11), un’aspirante cantante georgiana lotta per difendere la sua proprietà contro regole e tradizioni locali obsolete che discriminano le donne nelle dispute riguardanti l’eredità; infine “Bled El Siba (Rebel Land)” di Ro Caminal (6/11), documentario sperimentale scandito dalla tradizione poetica femminile “irzan” sulle terre del Marocco che non accettavano l’autorità del Sultano e, di conseguenza, nemmeno quella dei colonizzatori.

Fosuc sulla crisi ambientale

La crisi ambientale e sociale che stiamo attraversando unisce geografie e popoli, e richiede urgenti risposte che riguardano temi solo in apparenza diversi, come il fenomeno migratorio, la questione dei diritti umani e la ricerca di una nuova sostenibilità vitale. La sezione Habitat restituisce una visione d’insieme del nostro tempo e delle sue criticità. Tre i documentari in prima assoluta, “Domani – Il viaggio di Maysoon Majidi” di Vincenzo Caricari e Barbara Di Fabio (6/11) ha per protagonista una giovane regista e attivista iraniana in fuga dal regime di Teheran e il suo viaggio verso l’Europa, fino all’arrivo a Crotone dove viene arrestata con l’accusa di “scafismo”; “The Trials” di Marta Massa (6/11), è la storia di Maja T., giovane attivista non binaria attualmente detenuta in isolamento a Budapest, in attesa di un processo per il quale rischia una condanna a 24 anni di reclusione. “Sunu Gaal (Our Cayuco)” di Josep T. Parìs (4/11) segue giovani vite in Senegal, quelle di una generazione pienamente consapevole del razzismo occidentale e del colonialismo che sfrutta le risorse del loro lavoro. Arrivano poi in prima italiana “Slave Island” di Jimmy Hendrickx e Jeremy Kewuan (5/11), sconvolgente testimonianza della schiavitù moderna sull’isola indonesiana di Sumba, dove l’attivista Jeremy Kewuan, indagando sul traffico di esseri umani, riesce a liberare una bambina di 8 anni ridotta in servitù; e “How Deep Is Your Love” di Eleanor Mortimer (8/11), protagonista un gruppo di biologhe intente a esplorare le profondità oceaniche, con immagini mozzafiato di una fauna marina mai vista perima su cui grava la minaccia incombente di un intero ecosistema a rischio di scomparsa. La sezione Habitat è realizzata con il contributo di Publiacqua.

 

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