Quando si parla di Intelligenza Artificiale (IA) in realtà si fa riferimento ad una varietà di specie di IA, provenienti dai cosiddetti zoo di modelli di IA, addestrati a svolgere dei compiti come, ad esempio, la visione o il linguaggio. I modelli di IA sono adoperati per sviluppare agenti intelligenti, ossia sistemi incorporati nell’ambiente sociale, che ad esempio guidano veicoli o impiegano denaro nei mercati finanziari. Si tratta di un ecosistema nel quale agenti naturali (persone) e artificiali coesistono attivamente.
In questo tipo di società vige un insieme strutturato di principi stabilito dalle istituzioni sociali, come ad esempio il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale dell’Unione Europea, che si occupa di valutare l’impatto positivo o meno di ogni tipologia di agente. Pensiamo agli agenti progettati per fini positivi, come quelli che valutano l’approvazione di un prestito, la diagnosi di una malattia, la disponibilità idrica. Pensiamo agli agenti progettati per fini negativi, come i virus informatici o le armi autonome letali.
D’altra parte, anche gli agenti nati per fini positivi possono creare dei danni: ad esempio se sviluppano, a causa di una carenza nei dati di addestramento, un pregiudizio razziale che produce risultati discriminatori. Può anche succedere che agenti progettati per fini negativi possano produrre benefici nel lungo termine: si pensi ad esempio, nel contesto della cyber-guerra, ad un agente malevolo che viene studiato e ridisegnato come agente poliziotto, aumentando la sicurezza globale.
l’IA renderà sempre più labile il confine tra ciò che può essere equivalente all’umano e ciò che non può esserlo
In qualsiasi ecosistema le risorse sono limitate: il tempo, il denaro, l’energia, l’attenzione. Pertanto, un agente, e con esso l’organizzazione che lo crea, non può fare tutto ma deve fare delle scelte. All’interno di tali scelte, l’AI offre molte opportunità alla società, e come tale il suo sottoutilizzo corrisponde ad un costo-opportunità. Ad esempio, le vite che potremmo salvare con un agente che fa uno screening oncologico a basso costo. D’altra parte, se non investiamo sufficientemente risorse, l’agente potrebbe sviluppare dei pregiudizi ed aumentare la mortalità di una parte della popolazione invece che ridurla. Quindi è il processo produttivo dell’agente che si occupa di conseguire un risultato positivo, massimizzando le potenzialità della tecnologia e minimizzando i rischi. In tal modo si evita anche l’abuso. Consideriamo inoltre che gli agenti possono evolvere, al pari delle specie naturali, e quindi può non essere affatto semplice stabilire la bontà di un agente nella fase di progetto.
Dal cambio climatico alla resistenza antimicrobica, gli effetti dell’AI sulla società possono essere affrontati con successo solo se il processo produttivo degli agenti intelligenti artificiali coinvolge tutti i portatori di interesse nella progettazione e condivisione di soluzioni. Ciò significa garantire l’auto-determinazione dell’essere umano, e prevenire i danni sia accidentali che intenzionali. In un’altra prospettiva, l’IA renderà sempre più labile il confine tra ciò che può essere equivalente all’umano e ciò che non può esserlo. Del resto, la stessa intelligenza umana, inizialmente guidata dalla evoluzione naturale, negli ultimi secoli si è adattata per intercettare i bisogni e le aspirazioni delle civiltà, diventando sempre più artificiale, in quanto al servizio dei principi e dei valori delle società e della loro organizzazione in professioni, ciascuna delle quali basata su conoscenze, competenze e tecnologie specializzate.
Secondo una prospettiva ancora più pervasiva, l’intelligenza è un paradigma in grado di spiegare anche il comportamento di apparati come quello digerente, di sistemi come quello immunitario, di organismi cellulari, di microrganismi, e che rende possibile, ad esempio, lo sviluppo di nuovi algoritmi intelligenti a essi ispirati, di tessuti e materiali artificiali intelligenti. Consideriamo poi gli sviluppi che l’IA può dare alla coscienza, intesa come la capacità di comprendere sé stessi e il mondo, di avere esperienze soggettive.
La potenzialità dell’IA di sviluppare vere e proprie menti dotate di coscienza ha significative ripercussioni etiche, filosofiche, giuridiche perché con essa la macchina diventa soggetto. Ma anche l’essere umano diventa oggetto
La potenzialità dell’IA di sviluppare vere e proprie menti dotate di coscienza ha significative ripercussioni etiche, filosofiche, giuridiche, e così via, perché con essa la macchina diventa soggetto. Ma anche l’essere umano diventa oggetto, in quanto la sua mente biologica potrebbe distinguersi dalla mente artificiale per il solo fatto di funzionare con tessuti biologici invece che sintetici. Il cervello biologico potrebbe diventare quindi oggetto di miglioramento in quanto equivalente a uno artificiale.
L’IA può demolire pertanto il principio di responsabilità quale prerogativa umana. Oppure, visto da un’altra prospettiva, lo fortifica. Perché l’IA potrebbe essere potenziata oltre i limiti della biologia, per fornire un supporto cognitivo in grado di risolvere problemi non alla portata della mente umana, ma sempre secondo i principi della natura umana. L’essere umano diventa quindi in grado di capire e adottare soluzioni accurate a un numero maggiore di problemi, prendendo un numero maggiore di decisioni informate e diventando pertanto più consapevole e responsabile. Ad esempio, nell’ambito dell’impatto ambientale molte decisioni sono al momento poco responsabili perché le conseguenze non sono pienamente prevedibili e comprensibili. In molte società, in primis quella europea, è stato sancito il principio secondo cui l’IA deve poter spiegare il modo in cui ottiene i propri risultati.
In conclusione, la ricerca continua nel campo dell’IA può portare alla creazione di sistemi sempre più sofisticati, capaci di simulare aspetti della coscienza umana, e a ridefinire molti concetti portanti della nostra civiltà, influenzando il lavoro, le relazioni sociali e la struttura economica. Proprio per preservare la società umana da una deriva tecno- centrica, asservita a professioni che portano sempre più l’essere umano al limite delle proprie capacità biologiche, l’IA consentirà di sviluppare professioni e tecnologie più umane.
In tal senso, perseguire l’IA cosciente è opportuno prima che possibile, poiché è una IA pienamente comprensibile dagli esseri umani, dotata di coscienza e quindi in grado di migliorarne la responsabilità. Basti pensare ai contributi che l’intelligenza artificiale potrebbe dare nella biologia sintetica, una disciplina a cavallo tra ingegneria e biologia, per sviluppare componenti e sistemi biologici non ancora esistenti in natura, riprogettare e produrre sistemi biologici già presenti in natura, per immaginare un futuro caratterizzato da molti tipi di intelligenza, dove il confine tra biologico e sintetico, umano e non, sarà difficile da tracciare.