Sono memorie e corrispondenze scritte tra il 1917 e il 2021, che tramandano i ricordi degli autori assieme ai loro progetti per il futuro, richieste di aiuto e lettere d’amore, gli otto diari finalisti del 41esimo Premio Pieve Saverio Tutino, che sono stati annunciati oggi dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.
Gli autori finalisti arrivano da Veneto, Campania, Emilia Romagna, Sicilia, Lazio, Toscana, Marche e i loro testi delineano una geografia ben più ampia dei confini di origine raggiungendo gli Stati Uniti, l’Africa, diversi paesi dell’Europa orientale.
Il vincitore sarà nominato nella serata finale del Premio Pieve, che si terrà dal 18 al 21 settembre a Pieve Santo Stefano, condotta da Guido Barbieri e Monica D’Onofrio.
Dalla disfatta di Caporetto alla Seconda Guerra Mondiale nel Dodecaneso
Tra i finalisti tanti diari di guerra, come quello di Ricciardo Vaghetti che nel 1917 è un soldato di stanza a Caporetto con il Reggimento Granatieri. Di Cascina, in provincia di Pisa. Ricciardo ha vent’anni quando partecipa alle azioni intraprese dal suo reggimento per scongiurare la disfatta. Seguono inevitabili la cattura, la fame, il freddo durante una prigionia umiliante nell’Impero di Guglielmo II: Ricciardo sopravvive con la forza della disperazione ma anche grazie al suo acume.
Vent’anni dopo il denso epistolario di Vittorio Binotto e Bernardina Casarin è dovuto alla partenza di lui per il fronte. Giovani sposi della provincia di Padova, i due si cercano e si scrivono per accorciare quella distanza tra il Veneto e i fronti dove il duce manderà a combattere la Divisione Julia: l’Albania, la Grecia, infine la Russia. Il conflitto li dividerà per sempre nel 1943: Vittorio viene dichiarato disperso, Bernardina saprà solo nel 1995 che in quell’anno il suo sposo è caduto in battaglia in terra sovietica.
Stessi anni, Seconda Guerra Mondiale, Tito Zampa e Arnaldo Manni sono entrambi nel Dodecaneso. Nel 1940, al seguito del reggimento di fanteria Regina, Tito sbarca nella colonia italiana di Kos. Quando l’8 settembre 1943 ribalta le alleanze politiche e militari, Tito viene catturato dai tedeschi e rinchiuso insieme a migliaia di commilitoni. Nel 1944, sfuggito ai tedeschi, si trova sotto tutela delle autorità inglesi. Dopo un pellegrinaggio stremante tra Egitto e Palestina nel 1946 Tito riuscirà finalmente a ricongiungersi alla sua famiglia a Marzocca di Senigallia.
Arriva invece a Rodi il 2 agosto 1943 il Tenente del Genio Arnaldo Manni, nato 27 anni prima a Castelfranco. Arnaldo inizia il suo diario solo qualche giorno prima dell’arrivo nell’isola, poi di commentare il crollo dell’Italia fascista e il dramma delle truppe di stanza nel Mar Egeo, abbandonate a un destino tragico. Fino alla scelta più difficile: con la Germania o con l’Italia di Badoglio, quindi tra la deportazione e la Repubblica sociale. Arnaldo si sentirà costretto a scegliere la RSI, tra mille dubbi e mille tormenti, fino alla sospirata libertà che finalmente arriva nel 1946.
Famiglie divise da un continente all’altro
Francesca Ingoglia nella suo diario invece abbraccia un lungo intervallo temporale per raccontare l’odissea della sua famiglia, continuamente in viaggio tra Partanna, la terra d’origine nell’entroterra siciliano, e New York, a quel tempo terra di opportunità.
È dell’immediato dopoguerra la vivacissima disputa epistolare tra Eduardo Renato Caianiello, dal 1948 negli Stati Uniti per una borsa di studio in Fisica, presto diventato scienziato di fama mondiale, e la moglie Carla Persico, letterata, insegnante, plurilaureata, rimasta a Napoli con la piccola figlia e le famiglie dei due coniugi. Le prospettive di carriera negli Stati Uniti sono imparagonabili rispetto a quelle dell’Italia del dopoguerra ma Carla, pur comprensiva delle ambizioni del marito, non riesce a rinunciare ai legami familiari.
Medico chirurgo specializzata in ginecologia e ostetricia, Chiara Castellani si sente sé stessa solo in prima linea nell’aiuto dei bisognosi. In Nicaragua, in Ecuador, in diversi paesi africani, Chiara è impegnata in sala operatoria e parallelamente nella realizzazione di programmi di sviluppo sanitario. Nel 1991 arriva in Zaire dove dirige un ospedale abbandonato dai belgi, ma manca l’acqua. In un paese vittima di una grave instabilità politica, Chiara rischia la sua stessa vita prima di vincere finalmente nel 2006 la sua battaglia.
Infine l’autobiografia di Debora Pietrarelli è l’autoritratto di una ragazza che cresce e diventa donna tra molte difficoltà ma viene presa per mano dalla provvidenza. Dopo la perdita dei genitori, importanti punti di riferimento persi a distanza di qualche anno, Debora si ritrova isolata, sente vacillare il suo equilibrio emotivo. A Roma, poi a Venezia, poi ancora a Roma, si arrangia per sopravvivere grazie alle chiese e alle associazioni che offrono ai senza tetto ospitalità e pasti. Dopo cinque anni, un nuovo ricovero ospedaliero porterà Debora alla comunità riabilitativa Montesanto che contribuirà a restituirle nuova fiducia nella vita.