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Dopo 20mila ore di lavoro torna a nuovo splendore l’arazzo della Battaglia di Roncisvalle

Al Museo Nazionale del Bargello è stato restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure il panno realizzato sul finire del XV secolo che raffigura la fase iniziale dello scontro di Roncisvalle tra cristiani e saraceni narrato nel poema epico la Chanson de Roland

Sono stati necessari 7 anni (dalla fine del 2013 all’inizio del 2021) per un totale di oltre 20mila ore di lavoro e 25 tecnici dell’Opificio delle Pietre Dure per restaurare il grande arazzo quattrocentesco (quasi 4 metri di altezza e 5 di larghezza) raffigurante la Battaglia di Roncisvalle conservato al Museo Nazionale del Bargello.

La Battaglia di Roncisvalle è un enorme frammento di arazzo tessuto da una manifattura dell’area franco-fiamminga, probabilmente attiva a Tournai, nell’attuale Belgio, proveniente dalla prestigiosa collezione Carrand.

Realizzato sul finire del XV secolo, il panno raffigura, sotto forma di un complesso intreccio di cavalli e cavalieri, la fase iniziale dello scontro di Roncisvalle tra cristiani e saraceni narrato nel poema epico la Chanson de Roland composto alla fine dell’XI o all’inizio del XII secolo.

L’arazzo è un frammento di un panno verosimilmente lungo più di 10 metri: fa parte del ciclo di arazzi con Storie di Carlo Magno e di Orlando insieme ad almeno altri nove frammenti noti e conservati in diversi musei e collezioni private.

Preziose indicazioni su come doveva proseguire a destra la composizione dell’esemplare del Bargello sono fornite da un frammento conservato nei Musées Royaux d’Art et d’Histoire di Bruxelles, in cui compare l’episodio dell’uccisione di Marsilio da parte di Orlando, narrato nel panno fiorentino dal secondo cartiglio in alto.

“Sono profondamente grata al Soprintendente Marco Ciatti e a tutti i colleghi dell’Opificio delle Pietre Dure che si sono avvicendati nel delicato restauro di questo mirabile arazzo, proveniente dalla Collezione Carrand e donato al Museo Nazionale del Bargello alla fine dell’Ottocento – ha dichiarato Paola D’Agostino Direttore dei Musei del Bargello –. Il restauro dei manufatti tessili è tra i più delicati e questo impegnativo restauro conferma l’eccellenza che l’Opificio mantiene anche in questo settore. Desidero inoltre ringraziare Beatrice Paolozzi Strozzi che era Direttrice del Bargello nel 2013, quando decise di avviare il restauro dell’opera e Ilaria Ciseri che ha seguito con la sua consueta cura meticolosa le fasi di questa lunga e importante opera”.

Il restauro

Realizzata prevalentemente in lana e seta l’opera si trovava, al momento in cui sono iniziati i lavori (nel novembre del 2013), in un pessimo stato di conservazione a causa dello sporco intenso, dei tagli, delle lacerazioni e soprattutto delle grandi lacune della struttura tessile.

L’apparente completezza era infatti offerta da una tela rigida che, applicata sul retro, era stata dipinta in corrispondenza delle lacune.

Il complicato intervento ha permesso di mettere a frutto la lunga esperienza condotta sul trattamento delle lacune nel corso di quasi quarant’anni di attività del Settore arazzi e tappeti dell’Opificio delle Pietre Dure rappresentando una sfida tecnica e di metodo che ha offerto l’opportunità per ampie indagini e inediti approfondimenti.

Il restauro ha dunque interessato in primo luogo la rimozione del supporto e dei rammendi che creavano deformazioni e tensioni alla struttura tessile.

Parallelamente è stata eseguita una prima pulitura attraverso una capillare macro-aspirazione dello sporco presente su tutta la superficie, che imbruniva i toni e rendeva le fibre secche e inaridite.

Dopo aver cucito interamente l’opera su un supporto di rete rigida per stabilizzare le aree lacunose e aver verificato la stabilità dei coloranti originali, è seguita la pulitura per immersione acquosa secondo un procedimento messo a punto dall’Opificio grazie al quale l’opera ha recuperato idratazione e vivacità cromatica.

Particolare attenzione è stata prestata al consolidamento delle aree perimetrali, il cui degrado avanzato comportava la perdita di materiale.

Le trame sono state auto-consolidate ed è stata applicata una grande cimosa-supporto, tessuta manualmente a telaio che ha comportato particolari accorgimenti a causa delle sue dimensioni e della irregolarità delle lacune perimetrali.

L’intervento è terminato con l’immissione a cucito di una tela di lino sul retro dell’arazzo, la foderatura e la predisposizione dell’opportuno sistema di fissaggio indispensabile per essere esposto nella Sala dell’Armeria al Museo Nazionale del Bargello.

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