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Teatri chiusi come tombe: la ‘ferita’ della cultura nel post-Covid

Le regole imposte dall’ultimo Dpcm del governo mettono in difficoltà gli operatori culturali, i teatri resteranno chiusi? Lo abbiamo chiesto a chi lavora ‘dietro le quinte’

Teatro

Una capienza di spettatori ridotta di un terzo, l’impossibilità di portare su un palco spettacoli con tanti personaggi per evitare contagi, queste le regole dettate dall’ultimo Dpcm del Governo per gli spettacoli nei luoghi chiusi. Appare cupo il futuro dei teatri toscani nell’era del post-Covid nonostante una stagione estiva ricca e entusiasta, con tanti festival e piccole rassegne che hanno avuto peraltro una grande risposta di pubblico a riprova della vivacità e della creatività della scena italiana ma anche della voglia delle persone di tornare a teatro.

“I teatri in Italia sono chiusi come tombe, se non passa questa pestilenza sarà sempre più difficile” – ha dichiarato il premio Oscar, Nicola Piovani a Firenze qualche giorno fa – “Purtroppo uno dei settori più colpiti è proprio il teatro. Lo stiamo tenendo in piedi con il pubblico contingentato, cercando di tenerne accesa la fiamma, ma se non passa la pandemia sarà sempre più difficile, Tutto ciò che avviene dal vivo, gli spettacoli, i concerti, hanno bisogno di assembramenti, di affollamento. È terrificante quello che sta accadendo. Vivere in questa paura ha mortificato tantissimo questo settore. Una ferita dolorosissima che speriamo si sani il prima possibile”.

Beatrice Magnolfi presidente della Fondazione Toscana Spettacolo ha dichiarato ai nostri microfoni: “Allo stato attuale in Toscana serve un il distanziamento interpersonale di un metro, la mascherina e soprattutto la capienza dei teatri al chiuso deve essere di un terzo rispetto alla situazione normale. É chiaro che se un teatro ha 300 posti e si vede costretto a fare spettacoli per 100 persone non c’è nessuna compatibilità economica, questo è il problema vero. Le alternative sono o triplicare il costo dei biglietti, cosa che nessuno vuole fare per il proprio pubblico, oppure rinunciare e aspettare il 2021. Un altro dei problemi è quello che molte compagnie ripartiranno proprio dal 2021, non ci sono nuove produzioni, perchè tutto è bloccato. Anche le compagnie devono sotto stare alle regole quindi se ci sono 15 persone in scena e devono abbracciarsi oppure litigare o cantare, tutto questo adesso non è possibile. Capisco la preoccupazione di tanti teatri, posso dire che la volontà di riaprire ce l’avrebbero tutti, solo che è difficile programmare perchè il concetto stesso di programmazione cozza col fatto che esce un’ordinanza diversa ogni mese. Ci sono tanti punti interrogativi, per esempio gli abbonamenti si possono o non possono fare? La scorsa stagione si è interrotta a metà, ci sono rischi d’impresa. Poi non ci sono solo gli attori, ci sono anche i tecnici e tutto il mondo che ruota intorno a uno spettacolo, io sono molto preoccupata perchè fino ad ora c’è stata la cassa integrazione, ma quando finirà? La stagione estiva è andata bene, le iniziative che sembrava impossibile fare durante il lockdown sono state fatte nelle piazze e all’aperto in tanti luoghi meravigliosi della Toscana, il pubblico ha risposto molto bene, c’è voglia di normalità e di vedere cose belle. Il 7 ottobre uscirà un nuovo Dpcm, vediamo se ci sarà un ampliamento delle restrizioni, certo bisognerà vedere anche i dati dei contagi e sopratutto come va la scuola, quello sarà il vero banco di prova.”

Lorenzo Luzzetti direttore artistico del Teatro Puccini di Firenze ci ha detto: “Avevamo la stagione chiusa a febbraio, l’ho disfatta e rifatta per ben due volte. Adesso l’ho messa in un baule e neanche ci penso più, per me non esiste. Noi sappiamo che come tutti i teatri con un terzo dell’agibilità dei posti possiamo fare ben poco. Sarebbe un disastro se rimanesse così, in Emilia Romagna sono già passati al 50 per cento di capienza, in Toscana ancora non è così. Già con il 50% qualcosa si potrebbe fare, ma con 1/3 massimo si può fare ben poco. Abbiamo deciso così di spostare tutti gli spettacoli che avevamo in cartellone al 2021, parlo della stagione in abbonamento. Da ora a dicembre apriremo il teatro per eventi sporadici, siamo disponibili a collaborazioni con associazioni che hanno bisogno di utilizzarlo, ad esempio stiamo ospitando alcuni eventi di Fabbrica Europa in questi giorni. Forse riusciremo a fare una piccola rassegna di monologhi però non si tratta della stagione vera e propria, quella purtroppo saremo costretti a rinviarla a gennaio 2021, sempre sperando che cambino le capienze massime. Per i teatri privati come Rifredi, Puccini è praticamente impossibile fare spettacoli con queste capienze. Il bilancio del Teatro Puccini è aperto per il 65-70% dai biglietti, il bilancio di un teatro pubblico è coperto dal 65-70% dai contributi pubblici al contrario quindi c’è una bella differenza. Chi ha grandi contributi ha la possibilità e il dovere di fare una programmazione culturale, ma per i teatri privati non è così”.

Ad Alessandro Benvenuti attore e direttore artistico dei due teatri di Siena Rozzi e Rinnovati, abbiamo chiesto come vede la prossima stagione teatrale nell’era post-Covid: “Male, perchè non abbiamo i confini, i paletti entro quali muoverci. Ci sono moltissime compagnie che hanno deciso di sospendere la propria attività. Io stesso come attore e direttore artistico dovevo fare un co-produzione dei teatri di Siena che era Finale di partita di Samuel Beckett ma abbiamo deciso di non farlo perché è un impegno economico che non porterà a grandi risultati. Se in una sala da 700 persone puoi far entrare solo 200 persone, è ovvio che non puoi prendere un certo tipo di cachet. É terribile, è un periodo molto brutto e io sono triste. A Siena avevamo iniziato a fare una rivoluzione molto interessante e avevamo dei risultati incoraggianti. Il fatto di non aver potuto concludere la passata stagione per me è stata dolorosissimo sia perchè non ho potuto mantenere le promesse che avevo fatto, sia perchè ho dovuto togliere lavoro ad alcune compagnie. L’anno prossimo per ora abbiamo in mente di fare una prima parte di stagione fatta di monologhi, non possiamo fare altro, nella speranza che dal 2021 possano riprendere le compagnie con più persone. Abbiamo già pronta una stagione che ancora non possiamo annunciare perchè non sappiamo quali saranno i protocolli del prossimo anno. Se a settembre ripartono i contagi e ci saranno nuove restrizioni che facciamo? É una situazione disperante, siamo impotenti, non possiamo fare nulla. L’impotenza fa molto male.”

Silvia Frasson attrice e autrice dice:É tutto bloccato. Tutto in stand-by. Non ho capito bene cosa si aspetti, ma si aspetta. Appena ci è stata data la possibilità di ricominciare a lavorare i teatranti hanno fatto i salti mortali per poter organizzare uno spettacolo, un festival, una rassegna, un evento. I salti mortali, certo, ma in assoluta sicurezza. Ho fatto spettacoli, sono andata a vederne, ho sempre trovato il rispetto assoluto di tutte le norme. ASSOLUTO. Chi non era sicuro di poterle rispettare si è arreso e ha cancellato l’evento. Chi è riuscito a lavorare lo faceva sapendo che passati i mesi estivi sarebbe tornato il disastro. Ed eccoci qua. Mesi e mesi di questa situazione, come è possibile che nessuno si occupi di RIORGANIZZARE la ripartenza? È questo che bisogna fare, trovare un modo per ripartire, per imparare nuovamente a vivere gli spazi teatrali, a riorganizzarsi. Niente, tutto fermo. Tutte le realtà che vivono con il sostegno del pubblico non potranno farci affidamento, un teatro di 100 posti ne potrà avere 40 forse. E come si pagheranno gli artisti, i tecnici e tutto il personale che lavora intorno ad un evento teatrale? E perché non se ne parla? Nessuno se ne occupa, tutti sono fermi, bloccati. Io vorrei che della grave crisi che ha investito il settore teatrale si parlasse tanto quanto si è parlato della crisi del turismo. Il turismo è poi ripartito alla grande, i ristoranti e gli alberghi e le spiagge sono tutti pieni. Ma neanche di questo si parla… Ma del resto, la dimensione di che paese siamo ce la dà la scuola: fermi da marzo e a una settimana dalla riapertura nessuno sa cosa accadrà. Nei mesi di stallo, mi domando, se non si è pensato alla riorganizzazione, cosa si è fatto?”

Stefano Massini che durante il lockdown aveva lanciato la campagna “io non sono inutile” qualche giorno fa dalla sua pagina Facebook è riuscito a trovare una metafora calzante per quanto sta succedendo agli operatori della cultura in Italia : “C’è un modo di dire – ha scritto – fra gli astronauti americani mentre sono nello spazio: se il contatto con la base si interrompe, loro continuano comunque a comunicare anche se non ottengono risposta e non sanno se verranno ascoltati, per cui ogni frase si apre con le parole “Houston, alla cieca”. Ci penso spesso, nella grande incertezza e fra i dubbi che aleggiano ovunque. Mi sento un po’ così, ecco, “Houston alla cieca”, per la serie chissà se tutto questo ha e avrà un senso.”

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