Per spiegare il ciclo della natura e il passaggio dalla stagione più calda a quella più fredda nasce il mito di Proserpina, raccontato magistralmente da Ovidio nelle sue “Metamorfosi”.
La storia narra che Proserpina (o Persefone) era figlia di Cerere (Demetra per i Greci), dea delle messi e della fertilità, e di Giove (Zeus). Un giorno, mentre raccoglieva fiori in un prato con le ninfe, la terra si spalancò: da un abisso emerse Plutone (Ade), dio degli Inferi, che la rapì per portarla con sé nel suo regno per farne la sua sposa.
Cerere, disperata per la scomparsa della figlia, iniziò a vagare per il mondo alla sua ricerca. Prese le sembianze di una donna mortale e trascurò ogni cosa: la terra divenne sterile, i raccolti seccavano, gli umani rischiavano di morire di fame.
Vedendo il caos, Giove decise di intervenire. Mandò Mercurio (Ermes) come messaggero da Plutone per chiedere la restituzione di Proserpina. Plutone accettò, ma prima di lasciarla andare offrì a Proserpina dei chicchi di melograno. Lei ne mangiò alcuni, senza sapere che chiunque avesse assaggiato il cibo degli Inferi, sarebbe stato legato per sempre a quel regno.
Così fu stabilito un accordo: Proserpina avrebbe trascorso una parte dell’anno con Plutone negli Inferi (l’inverno), e il resto con sua madre Cerere sulla terra (la primavera e all’estate, quando la natura rifiorisce).
Questo mito non parla solo del ciclo delle stagioni, ma è anche il racconto del passaggio dall’infanzia all’età adulta: Proserpina da fanciulla innocente e vergine diventa una donna, regina del mondo dei morti, simbolo di trasformazione e mistero.
Il mito di Ade e Persefone è stato spesso interpretato dall’arte, nell’episodio del Ratto di Proserpina. Ecco alcuni esempi presenti in Toscana.

Il ratto di Pinturicchio e Pietro Simoni
Nella volta della Libreria Piccolomini, affrescata da Pinturicchio nel Duomo di Siena (1502-1508), c’è una versione del Ratto di Proserpina molto particolare.
Vediamo Ade stempiato, vecchio, nudo, non vigoroso e terribile, che rapisce una Persefone dalle forme accentuate e vestita di abiti che non sono tipici della cultura antica.
Ade tiene con le braccia il corpo di Persefone che si spinge con la testa all’indietro come per gridare e chiedere aiuto, il carro blu con riflessi dorati non è trainato da mitici cavalli alati ma da serpi a ricordare l’orrore dell’Inferno.
Molto interessante la scultura del Ratto di Proserpina di Pietro Simoni da Barga del 1587, (conservata nel Museo del Bargello di Firenze). La scultura si rifà a quella famosissima del Bernini nella Galleria Borghese a Roma ma qui è presente il cane Cerbero.

Il grande affresco di Luca Giordano a palazzo Medici Riccardi
Anche Luca Giordano il maestro del Barocco fiorentino, ha rappresentato in maniera spettacolare il Ratto di Proserpina in un grande affresco a Palazzo Medici Riccardi a Firenze.
Nella Galleria degli Specchi dipinse tra il 1682 e il 1685 il momento culminante del rapimento con il suo tipico impeto barocco: Plutone irrompe con energia, un corpo muscoloso e avvolto in panneggi che si agitano come mossi dal vento.
Proserpina è colta nell’attimo di fare resistenza: il corpo si torce, le braccia si muovono in un gesto di fuga e supplica. La luce sottolinea la sua bellezza e la contrappone all’ombra cupa di Plutone.
Il dinamismo vorticoso tipico di Giordano porta l’occhio dello spettatore a seguire il movimento dall’alto verso il basso, quasi trascinato nell’abisso.
La scelta di Giordano non era casuale: il mito del ratto di Proserpina veniva interpretato anche in chiave politica e morale. Simboleggiava il contrasto tra violenza e armonia, ma anche la ciclicità del tempo e il ritorno della fertilità, temi cari a una famiglia come i Medici, che si presentavano come garanti di prosperità e ordine.
