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Bassolino porta a Firenze il New Neapolitan Power: “Non siamo merce, siamo persone”

Il Firenze Jazz Festival sabato 13 settembre ospiterà Bassolino, nome di punta del New Neapolitan Power che con radici fortemente radicate nella tradizione di Pino Daniele guarda al futuro del jazz internazionale. Nella stessa serata in concerto anche Coca Puma e Planet Funk

Bassolino

Sabato 13 settembre il Firenze Jazz Festival ospiterà Dario Bassolino in concerto all’Anfiteatro delle Cascine: un pianista, compositore e produttore di Napoli, attivo nella scena del jazz elettronico nazionale e internazionale e protagonista del così detto New Neapolitan Power che negli ultimi anni ha travolto la scena musicale italiana.

Nel febbraio 2024 ha pubblicato il singolo “Napoli Visionaria” , seguito dall’album di debutto “Città Futura”, uscito il 1° marzo 2024 per le etichette Periodica Records (Italia) e Jakarta Records (internazionale).

Il suo lavoro si distingue per un sound che mescola jazz-funk, elettronica, neomelodica, fusion e atmosfere cinematografiche, tanto che l’album è concepito come la colonna sonora immaginaria di un film ambientato in una Napoli visionaria e sfuggente.

L’arte di Bassolino trae ispirazione da artisti eterogenei come Hermeto Pascoal, Goblin, Tullio De Piscopo, Franco Califano, Lucio Battisti e Airto Moreira.

Ha collaborato con Nu Genea, Kurtis Rosenwinkel, Jason Lindner, Asa Chang, Pink Siifu, Chester Watson, Paolo Fresu, System Olympia, Ghemon, Fitness Forever, Giuseppe Vitale, Stefano Costanzo, Pasquale Mirra, Voodoo Kid, Missey e moltissimi altri.

Bassolino è il nuovo volto della musica napoletana contemporanea, un creativo che unisce tradizione e sperimentazione in un progetto fortemente visionario ed evocativo.

Ecco la nostra intervista a Bassolino

Ciao Dario! Si può dire che negli ultimi anni ai piedi del Vesuvio è scaturita un’ondata di nuova bellissima musica con band come Nu Genea, Fitness Forever, Parbleu, parlaci un po’ del New Neapolitan Power, com’è nato?

Un avvenimento fondamentale per la mia generazione che è nata a cavallo tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90 è stata la morte di Pino Daniele. Quando è morto Pino c’è stata una riscoperta di tutto quello che è stato fatto da lui con un’ottica sicuramente più attenta e più critica in senso positivo. Quello è stato un punto focale per tutta una generazione di musicisti e producer. Abbiamo ereditato tutta la musica degli artisti che suonavano con lui da James Senese a Franco Del Prete che erano personaggi che si incontravano alle jam, Tony Esposito, Joe Amoruso con cui da piccolo ho fatto lezioni di piano.

credo nel valore politico della musica. Noi non siamo merce, siamo persone che partecipano a una collettività

La cosa che mi colpisce di questo nuovo movimento è che vi conoscete tutti, ci sono musicisti che suonano in più gruppi, cioè alla base c’è proprio l’amicizia, è un bel collante, forse anche per quello è così forte

Sicuramente c’è una forte amicizia alla base ma c’è anche il fatto che spesso i musicisti lavorano a più progetti contemporaneamente. Per esempio Gaetano dei Fitness Forever ha creato una sorta di fucina di musicisti che si sono incontrati in varie occasioni di date dal vivo. Da lì si è creato un grande bacino di artisti che comunicano tra loro. Stessa cosa è successa anche grazie a l’etichetta di Napoli Periodica Records con cui è uscito anche il mio ultimo disco. È un momento molto vivace a Napoli a dispetto del fatto che mancano i club dove suonare.

Passando a parlare del tuo nuovo disco, l’hai intitolato “Città futura”, pensi che Napoli sia la città che ci porterà nel futuro?

La mia è più un’idea di città futuribile, che prende spunto dal passato per puntare a valori che riguardano la socialità, purtroppo l’individualismo oggi è una presenza forte nella cultura, si vuole ripristinare una sorta di egemonia culturale dello Stato. Siamo stati invasi dalla cultura americana che ha creato mostri. Il titolo si ispira alla rivista di Gramsci uscita nel 1917 “Città futura”, in cui dopo la seconda guerra mondiale ci si auspicava una sorta di evoluzione sociale, questo è anche l’obiettivo che mi pongo con la mia musica. Per me i contenuti musicali sono inutili senza politica. 

Parlavi di individualismo, la società oggi ci spinge verso la solitudine, l’isolamento, e la musica invece è sempre stato un grande aggregatore. Ma tra i prezzi folli dei biglietti, che vanno comprati un anno prima, club musicali che scarseggiano sembra sempre più difficile fruire della musica in modo sereno, cosa ne pensi? 

Il mondo della musica è cambiato, siamo passati da un regime più statalista con le varie Feste dell’Unità, i festival gratis, ad una privatizzazione della cultura. Questa cosa fa perdere la funzione sociale della musica di cui parlavo prima.  A Napoli per esempio da ormai due anni piazza Plebiscito è occupata da Gigi D’Alessio. Io figurati riconosco che Gigi è un grande musicista, simbolo della musica napoletana, ma questa cosa non garantisce una pluralità, una diversificazione della proposta musicale. Vince sempre il più grande, il più forte, che lo è perché propone temi più popolari e meno di nicchia.

Invece del successo del fenomeno Liberato cosa ne pensi?

Liberato è l’espressione di una Napoli che va a Milano a studiare e produrre, e in una sorta di emancipazione del contenuto sociale che c’è a Napoli ne dà una visione più romanzata. Musicalmente i primi pezzi per me erano interessanti, ora non lo seguo più molto.

Qual è secondo te la funzione più importante della musica oggi?

Io penso che oggi siamo in un’epoca di grandi bavagli, in cui si può dire poco o niente. O meglio si può dire tutto però quando dici qualcosa devi stare attento a ciò che dici perché può portare a conseguenze personali, lavorative. La musica è uno dei pochi ambienti in cui si può parlare da un palco senza che nessuno ti blocchi. Per me il suo valore è quello di riuscire a far passare messaggi universali che oggi si perdono a causa l’iper-capitalismo. Io cerco di distruggere dei miti che secondo me sono dei mostri, passando concetti un po’ diversi, credo nel valore politico della musica. Non siamo una merce, siamo persone che partecipano a una collettività e nella società di oggi è importante accettare le differenze. C’è una canzone che ho scritto “Popoli del mare” con l’intento di unire i popoli del Mediterraneo sotto una stessa musica, per sentirci tutti fratelli, gettando un ponte tra Napoli, il Libano, la Tunisia, l’Egitto e la Palestina, sono le nostre radici. 

Sabato 13 settembre, Anfiteatro delle Cascine
Firenze Jazz: Coca Puma, Bassolino, Planet Funk

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