Lottare per una creatività che non sia più a misura della produttività, è stato questo l’obiettivo di Clemen Parrocchetti artista ribelle del Novecento italiano che ha indagato la complessità della sfera femminile, delle relazioni affettive e della sessualità, sfidando la visione dominante della cultura patriarcale.
Una mostra racconta quest’artista ancora poco nota a Palazzo Medici Riccardi a Firenze dal 2 ottobre 2025 al 6 gennaio 2026 intitolata “Ironia ribelle”, promossa dalla Città Metropolitana di Firenze, nasce da un progetto del Museo Novecento ed è organizzata dalla Fondazione MUS.E in collaborazione con l’Archivio Clemen Parrocchetti.
“Negli ultimi anni il Museo Novecento ha dedicato grande attenzione alle artiste del contemporaneo e del Novecento, da Jenny Saville a Cecily Brown, da Rachel Feinstein a Anj Smith, da Louise Bourgeois a Haley Mellin, lo stesso impegno lo abbiamo profuso nei confronti delle nuove generazioni di artiste italiane dal duo Goldschmied&Chiari a Francesca Banchelli, da Giulia Cenci a Alessandra Ferrini – ha dichiarato Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento – Oggi proseguiamo su questa strada presentando la prima ampia retrospettiva in un’istituzione museale italiana dedicata a Clemen Parrocchetti, figura che ha saputo attraversare il proprio tempo in dialogo con le trasformazioni della società e del movimento femminista, coniugando rivendicazioni sacrosante a un’ironia affilata. Parrocchetti ha saputo appropriarsi di linguaggi storicamente dominati dal verbo maschile per rovesciarne i codici, introducendo una poetica gioiosa e ribelle che parla ancora al presente”.

Gli “oggetti di cultura femminile” di Clemen Parrocchetti
La retrospettiva fiorentina ripercorre l’intero arco creativo di Clemen Parrocchetti, artista milanese cheta espresso con forza la necessità di ridefinire il ruolo femminile nell’arte e nella società.
Parrocchetti ha saputo appropriarsi di linguaggi storicamente dominati dal verbo maschile per rovesciarne i codici, introducendo una poetica gioiosa e ribelle che parla ancora al presente
Il percorso espositivo intreccia biografia, impegno politico e linguaggio visivo, raccontando una pratica autonoma e ribelle, capace di trasformare ago, filo e tessuto in strumenti di emancipazione.
Dalle prime tele esuberanti di Amore e divorazione (1969), definite da Dino Buzzati un intreccio di “pop art, sesso, sadismo e carnevali popolari”, si passa ai Trofei solari e all’opera-manifesto Promemoria per un oggetto di cultura femminile (1973), legata al Movimento di Liberazione della Donna.
La sezione centrale è dedicata agli “oggetti di cultura femminile”, ready-made che ribaltano i simboli della domesticità – aghi, spole, bambole, utensili – in strumenti di denuncia, in dialogo con il pensiero femminista marxista degli anni Settanta.
Un focus particolare è riservato al 1978, anno in cui Parrocchetti entra nel Gruppo Immagine di Varese, partecipa al convegno Donna Arte e Società e alla Biennale di Venezia. In mostra opere emblematiche come Macchina delle frustrazioni, Metamorfosi di una processione e Sveglia!! È ora, testimonianze di un’arte che diventa strumento di azione sociale.
Negli anni successivi l’artista esplora nuovi linguaggi: arazzi e installazioni che occupano lo spazio (BARRIERE), diari visivi su carta cucita con testi, frammenti autobiografici e materiali effimeri come paillettes e organza, in cui convivono ironia, memoria e liberazione.
Infine, la svolta eco-femminista degli anni Novanta: disegni e sculture di insetti e parassiti domestici trasformati in figure poetiche, metafore della condizione femminile e del rapporto con la natura, a denunciare il parallelismo tra dominio patriarcale e sfruttamento ambientale.
“Non è possibile una vera rivoluzione sociale senza la coscienza delle donne del proprio ruolo”, scriveva Parrocchetti. La mostra ne restituisce oggi l’attualità, mettendo in luce un percorso artistico che continua a parlare al presente.
