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Nuove infrastrutture per lo sviluppo dei porti toscani

Livorno, con Ravenna, è il terzo porto italiano. E i mari di Toscana sono quelli che intercettano oltre un quarto del traffico nazionale. Ma per crescere occorre investire sulla logistica

I fossi di Livorno

È la logistica la scommessa principale per il rilancio dell’economia della costa toscana. Il turismo e l’agroalimentare, sviluppato soprattutto nei territori più a sud della regione, sono sicuramente volani di crescita importanti. Ma è la logistica, appunto, sommata al valore aggiunto di un terziario avanzato e con funzioni di elevata specializzazione ed alto potenziale di innovazione come quello presente nell’area metropolitana di Pisa e Livorno, che è in grado di fare la differenza e contribuire significativamente a colmare il divario di posti di lavoro tra costa e Toscana centrale. Lo dice l’Irpet, nello studio presentato a Pisa, dal presidente della Toscana Enrico Rossi, dal consigliere regionale e presidente della Commissione costa, Antonio Mazzeo, e dal direttore dell’Irpet, Stefano Casini Benvenuti.

Lo sviluppo della logistica avrebbe la capacità di riverberare i suoi effetti benefici anche sul resto della Toscana e la crescita potrebbe essere aiutata dal potenziamento degli aeroporti di Pisa e Firenze, coordinati sotto un’unica regia e dunque più competitivi.

Ma perché la scommessa possa essere giocata fino in fondo, perché i porti possano crescere è necessario rafforzarli e ammodernarli velocemente e completare le infrastrutture stradali e ferroviarie che mancano e che meglio li colleghino all’entroterra e al resto della regione e non solo. Occorre quindi portare a termine, spiega Irpet, la Darsena Europa a Livorno e l’accesso diretto alla linea ferroviaria, è necessario potenziare gli altri porti di Piombino (banchine, aree, fondali) e di Carrara (waterfronti, dragaggio, passo d’accesso). Occorre ultimare la strada Tirrenica e la Fano-Grosseto per collegare la costa toscana all’Adriatico: tutte opere di cui si parla da tempo e su cui continuano ad esserci talvolta rallentamenti ed incertezze per scelte che vanno oltre i confini regionali.

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I numeri aiutano a capire meglio. Livorno è con Ravenna il terzo porto italiano e registra dal 2010 ad oggi una rilevante intensificazione dei flussi, legati soprattutto ai cosiddetti traffici Ro-Ro, cioè dei carichi imbarcati ma che viaggiano su ruote, di merci varie e di container. Nel segmento del trasporto su rotabili i porti dell’Alto Tirreno in generale e della Toscana in particolare intercettano oltre un quarto del traffico totale nazionale. Piombino si connota come un porto polifunzionale, dedicato al traffico di merci alla rinfusa e al traffico passeggeri con l’isola d’Elba, la Sardegna e la Corsica. E poi c’è Marina di Carrara, particolarmente attrezzato per il traffico dei marmi.

L’insieme degli investimenti programmati – e spesso già avviati – sulla costa vede tre miliardi di euro di risorse impegnate, capaci di creare oltre 58mila posti di lavoro l’anno (40mila nella regione) e di questi più di metà nelle province costiere. Il Pil generato sarà di oltre 3,2 miliardi, di cui più di 2,1 in Toscana

Seimila posti di lavoro, stima con una previsione assai cauta Irpet, rimarranno a regime anche dopo l’ultimazione dei lavori. Ma potrebbero essere di più, perché migliori collegamenti potrebbero attrarre nuove aziende; e proprio a rafforzare l’attrattività del territorio mirano gli interventi della Regione. Per raggiungere nelle province costiere, rileva l’Irpet, il tasso di occupazione medio della Toscana il passo è ancora grande.

Servirebbero 16mila posti di lavoro aggiuntivi: solo Pisa, Grosseto e Orbetello sono oggi già oltre l’asticella. Ma nel 2017 ne mancavano più di 18mila, quindi in due anni si sono fatti passi in avanti. E il contributo atteso dal turismo (sulla costa già si concentra il 40% delle presenze ufficiali in Toscana) grazie alla creazione degli ambiti e ad una migliore organizzazione delle attività, con lo studio di nuovi prodotti, la sfida della destagionalizzazione e la costruz ione del brand “Costa Toscana” potrebbe consentire di arrivare vicino all’obiettivo.

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È troppo presto perché gli interventi programmati possano produrre effetti. Qualche segno che lascia ben sperare è però già visibile: nel 2018 l’occupazione nelle province strettamente costiere è aumentata dell’1,4% contro lo 0,7% della regione, invertendo la tendenza negativa che continuava oramai da molto tempo.

La debolezza della costa toscana sta storicamente nella più contenuta capacità di creare occupazione. Non è un dato nuovo. Solo all’inizio degli anni Duemila c’era stato un risveglio, favorito dallo sviluppo del turismo, dalla conferma del lapideo e dalla riconversione della cantieristica verso la produzione di megayacht diventata poi un’eccellenza mondiale. La crisi avviata nel 2008 è tornata poi a segnare un solco e un nuovo allontanamento dall’economia del resto della Toscana.

Fin dal passato il modello di sviluppo della Toscana costiera è stato più debole, legato ad iniziative in larga misura esterne all’area – l’industria pesante ad esempio, per molto tempo gestita dalle partecipazioni statali – o allo sfruttamento di importanti dotazioni naturali, come l’attività mineraria. Nella Toscana centrale lo sviluppo nasceva al contrario da un’iniziativa diffusa, con piccole o piccolissime imprese e un’industria leggera che hanno dato origine ai distretti, insieme alla capacità di organizzare i fattori della produzione frutto della precedente esperienza mezzadrile. Uno sviluppo dal basso, anche se piccole imprese non mancano neppure sulla costa, nel lapideo ad esempio (tanto da parlare di distretto del marmo) o nell’agroalimentare grossetano.

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La costa toscana non è d’altra parte un sistema economico unico. Ci sono significativamente differenze al suo interno e l’Irpet le ricorda. Ci sono almeno due coste – quella dal nord al centro fino a Piombino, dove alle attività industriali si alternano attività portuali (ma anche turistiche), e quella a sud, dove prevale la vocazione al turismo e quella agricola – con nel mezzo l’area metropolitana di Livorno e Pisa trainata dal terziario avanzato a fare da cerniera. Ombre e luci. Ma pur nella percezione di molti elementi di debolezza, conclude l’Irpet, la costa resta un’area dalle elevate potenzialità.

Il rilancio dell’economia della costa costituisce uno dei principali impegni regionali inclusi nel piano regionale di sviluppo 2016-2020. In Consiglio regionale la commissione Costa ha elaborato nel marzo 2017 un piano strategico. Gli strumenti utilizzati per raggiungere gli obiettivi sono diversi: alcuni di natura finanziaria, per sostenere gli investimenti (anche privati), altri normativi.

 

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