Esce giovedì 28 agosto 2025 per Radici Music Records “Una pioggia sottile” il terzo album del musicista toscano d’adozione Roberto Sarno.
Il disco ha avuto una gestazione lenta e accurata, è stato composto e registrato tra il 2020 ed il 2024 con la preziosa collaborazione di Marco Mafucci.
Prosegue la ricerca di Sarno di un approccio personale alla composizione senza barriere di genere, cercando di trovare una sintesi tra chitarre acustiche, pianoforte, synth analogici e software digitali, in equilibrio tra l’organico e l’elettronico.
Una pioggia sottile racchiude e rielabora emozioni intime e sofferte, come la perdita di una persona cara, e avvenimenti che hanno coinvolto tutta la collettività come la pandemia, le guerre, il cambiamento climatico.
Il risultato è un disco che esprime un universo interiore complesso e stratificato attraverso canzoni avvolgenti, in cui immergersi, piacevoli da ascoltare ma che fanno anche riflettere sempre sul filo tra malinconia e leggerezza.

Ecco la nostra intervista a Roberto Sarno
Ciao Roberto Una pioggia sottile arriva dopo quattro anni di lavoro intenso in un periodo di isolamento e sperimentazione, qual è stata la scintilla iniziale che ti ha spinto a intraprenderlo?
Il disco è il proseguimento di un percorso che è inziato con il mio amico Marco Mafucci prima del Covid. Mi sono trovato a suonare con lui dopo varie esperienze musicali. Abbiamo iniziato insieme una serie di sperimentazioni, volevo trovare il modo di realizzare quello che avevo in testa usando la strumentazione che avevamo a disposizione, tra cui una parte più elettronica. Buttando giù tracce e idee sono emerse anche le parole che ho adattato alla musica
avevo la necessità di esorcizzare un momento negativo, parlando del mio atavico attaccamento al bello della vita
I testi delle tue canzoni mi hanno colpita molto, parli di argomenti che ci riguardano tutti da vicino, anche se forse cerchiamo di non pensarci
Mi sono reso conto solo alla fine di cosa stavo parlando, non sono partito con un’idea precisa dal punto di vista autorale. Quello della pandemia per tutti noi è stato un periodo molto particolare, che stiamo vivendo ancora oggi con le guerre, il cambiamento climatico. Per me ha coinciso anche con l’elaborazione del lutto per la morte di una persona cara, quindi io avevo la necessità di esorcizzare un momento negativo, parlando del mio atavico attaccamento al bello della vita, è così che è nato tutto.
Si può dire che Una pioggia sottile è stato un disco terapeutico per te?
Avevo la necessità di tirare fuori una forte parte emotiva che era in me, influenzata da avvenimenti personali ma in un contesto più allargato.
Passando a parlare della parte più prettamente musicale, nel disco convivono due anime tra l’acustico e l’elettronico, Una pioggia sottile mi ha ricordato molto il percorso intrapreso dai Radiohead con Ok Computer ma soprattutto con Kid A e Amnesiac
Ho la pelle d’oca, perché i Radiohead per me e anche per Marco sono un punto di riferimento assoluto, sono talmente particolari e unici. Sicuramente sono stati fondamentali, ma come lo è stato anche Justin Vernon dei Bon Iver, questo miscelare la parte elettronica/sintetica, e la parte analogica e reale è l’idea che abbiamo seguito nella realizzazione del disco.
ormai ci sono talmente tante produzioni che è necessario svincolarsi e dire: io faccio quello che piace a me
Hai coinvolto nel disco anche i tuoi figli: che cosa ha portato questa apertura, sia dal punto di vista musicale che emotivo?
Tutto è nato perché mio figlio più grande ha fatto delle esperienze musicali abbastanza concrete, quindi c’è stato uno scambio di idee. Poi ho coinvolto gli altri, anche solo per un flash, per fissare un momento importante della mia vita. Uno suona il violoncello, un’altra secondo me canta molto bene. All’ultima che invece è stonata le ho fatto fare un coro. La loro partecipazione per me è il simbolo che il bello ci deve sempre accompagnare e bisogna tenere duro anche nei momenti difficili che stiamo attraversando.
Con i tuoi figli, musicisti e non, senti il gap generazionale, musicalmente parlando, tra la nostra generazione e la loro?
Ho quattro figli, con età diverse, il gap generazione è enorme. A volte quello che ascolta l’ultimo io non ho idea di cosa sia. Parliamo di musicisti che fanno numeri spaziali. A volte li ascolto e trovo qualcosa di interessante, altre volte non riesco proprio a capirli. Ma ho metabolizzato l’idea che non voglio piacere a tutti. Ormai ci sono talmente tante produzioni che è necessario svincolarsi e dire: io faccio quello che piace a me. Se poi trovo un target che condivide con me il mio percorso e i miei gusti bene, se no pace.
Come immagini il live di Una pioggia sottile? Più intimo e acustico o con l’impatto pieno della dimensione elettrica ed elettronica?
Suonare dal vivo è sempre molto difficile come sai, io e Marco stiamo riarrangiando tutti i pezzi per poterli suonare dal vivo in duo. Nel disco ci abbiamo messo di tutto e per suonarlo così com’è ci vorrebbero 5-6 musicisti, attualmete così è impossibile. Stiamo cercando di dare l’idea del disco in modo che chi viene a sentirci in concerto non trovi un divario troppo forte. Cerchiamo di miscelare dal vivo in due tutti i suoi di Una pioggia sottile, per rendere anche live tutti i colori che abbiamo messo nel disco.
