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Prima mondiale al Teatro della Pergola per “Pessoa. Since I Have Been Me” il nuovo spettacolo di Bob Wilson

Lo spettacolo di Bob Wilson sarà in scena in prima mondiale al Teatro della Pergola di Firenze dal 2 al 12 maggio con un cast di attori internazionali che recirteranno in inglese, francese, italiano e portoghese

Dalla partnership tra il Teatro della Pergola e il Théâtre de la Ville di Parigi nasce l’idea di portare in scena l’opera del grande Fernando Pessoa.

Il regista di fama mondiale Bob Wilson ha accolto con entusiasmo l’opportunità di questa nuova creazione dalla visione europea avvalendosi di un cast multi-nazionale attorno a uno degli scrittori più importanti e misteriosi del Novecento.

Lo spettacolo “Pessoa. Since I Have Been Me” sarà in scena in prima mondiale al Teatro della Pergola di Firenze dal 2 al 12 maggio per poi spostarsi a Parigi dal 5 al 14 novembre e iniziare poi una tournée mondiale..

Lo spettacolo nasce in occasione delle celebrazioni per l’anno del Portogallo, che festeggia mezzo secolo dalla Rivoluzione dei Garofani che riportò la democrazia nel Paese dopo anni di dittatura.

L’idea che fosse una coproduzione, che ci fossero attori provenienti da Paesi differenti, con background culturali differenti, uno spettacolo in varie lingue, mi è sembrato giusto per Pessoa un uomo fatto di tante diverse persone

La frase “Since I have been me” si inspira a un frammento de Il libro dell’Inquietudine di Pessoa. Fa parte del titolo e verrà quindi mantenuta in inglese, il senso si avvicina a  “Da quando sono io”.

Lo spettacolo sarà in lingua inglese, portoghese, francese e italiana, idiomi rispecchiati anche dalle diverse provenienze del cast: è portoghese Maria de Medeiros, volto conosciutissimo di cinema e teatro; brasiliano è Rodrigo Ferreira, franco-brasiliana Janaína Suaudeau; francese di radici africane Aline Belibi; italiana (e proveniente dalla Scuola ‘Orazio Costa’ della Pergola) Sofia Menci, italiano di lunga residenza francese Gianfranco Poddighe, italo-albanese Klaus Martini.

Le parole del regista Bob Wilson

Spiega il regista Robert Wilson: “Mi è stato chiesto di lavorare su Fernando Pessoa dal Teatro della Pergola e dal Théâtre de la Ville di Parigi, ma a essere onesto non conoscevo molto bene i suoi scritti e la sua vita. Ho cominciato a studiarlo e a capirlo. È un progetto che è venuto da me, non un progetto che sono andato a cercare. L’idea che fosse una coproduzione, che ci fossero attori provenienti da Paesi differenti, con background culturali differenti, uno spettacolo in varie lingue, mi è sembrato giusto per Pessoa. Pessoa era un uomo fatto di tante diverse persone, un portoghese cresciuto in Sud Africa. Mi è sempre sembrato un uomo molto solitario, anche nella sua immaginazione, nella maniera in cui la sua immaginazione si muoveva. Sto lavorando a questo progetto insieme allo scrittore americano Darryl Pinckney, con cui lavoro da tanti anni. In qualche maniera c’è un parallelo bizzarro tra la maniera in cui scrive e pensa Darryl, che mi ricorda Pessoa.

Quando comincio a lavorare, la prima cosa che faccio è illuminare lo spazio. Comincio con la luce. Anche se non so ancora quale sarà il testo o la situazione, comincio con la luce. Ho studiato architettura e il mio primo giorno il professore disse: “Studenti, cominciate con la luce!” È stata come una martellata nella mia testa. “Cominciate con la luce.” Molto spesso in teatro qualcuno scrive un testo, si fa la regia, si cominciano le prove e solo a ridosso dello spettacolo si pensa alle luci. Vi siete chiesti, invece, cosa succede se si comincia con le luci? La prima domanda è: “Quale è la luce?” Una volta creato lo spazio, comincio a riempirlo. 

Il mio lavoro è questo: una costruzione di tempo e spazio. Niente di più. È una costruzione astratta che ha a che fare con cosa vedo e cosa ascolto. La ragione per cui facciamo teatro come artisti è quella di porre delle domande. “Che cosa è?” Non si tratta di dire: “È questo.” Da una parte cerchiamo di rispettare il maestro, in questo caso Pessoa, ma non vogliamo diventare schiavi del maestro. Bisogna allontanarsi, prendere le distanze.

Veniamo al titolo, Pessoa. Since I have been me. Per prima cosa, un titolo è un titolo. Per esempio, quando ho fatto Einstein on the beach nello spettacolo non c’è mai Einstein che sta sulla spiaggia, era solo il titolo. Non bisogna interpretare il titolo. In Giorni felici di Samuel Beckett si apre il sipario e c’è una tragedia in corso, in realtà. Mai interpretare il titolo. Ciò detto, è comunque qualcosa che rimane nella testa del pubblico. È una maniera di iniziare. Qualunque cosa tu possa pensare, è reale.

Lo spettacolo è pieno di molte idee. Pessoa come tutti noi è pieno di molti personaggi. Quindi una maniera di approcciare questo lavoro è cercare di capire come trattare questo prisma di personalità. Al principio vi è una persona che è vestita come se fosse Pessoa, poi arriva la compagnia intera e sono tutti vestiti come Pessoa. E già in questo gruppo che sembra composto da tanti Pessoa cominciamo a intravedere i diversi personaggi. Nella mia testa c’è un prisma con tutte le diverse personalità, i diversi aspetti di Pessoa.”

Bob Wilson, Marco Giorgetti, foto di Filippo Manzini

 

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