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Ai corrispondenti di guerra il riconoscimento “Comunicatori toscani 2023” del Corecom

Meacci (Corecom): “Dare un premio agli inviati di guerra significa dare un premio a chi s’impegna per la pace”

Premio-comunicatori-toscani-2023-ph-Ilaria-Costanzo-5666 - © Ilaria Costanzo

Sono Alfredo BoscoLucia GoracciGianmarco SicuroGabriella SimoniElena Testi e Fabio Tonacci i sei “giornalisti di pace”, inviati in zone di guerra che hanno ricevuto dal Corecom il premio “Comunicatori toscani 2023”.

Quest’anno era fondamentale premiare il buon giornalismo – ha detto Marco Meacci presidente del Corecom – e chi s’impegna da molti anni nei luoghi di guerra. Dare un premio agli inviati di guerra significa dare un premio a chi s’impegna per la pace. Come ha detto recentemente Papa Francesco, bisogna comunicare la storia partendo dalla verità dei fatti, un momento di gratitudine per chi svolge un lavoro così prezioso.

Nel corso dell’iniziativa è stato premiato anche il vincitore del bando per la migliore tesi di laurea magistrale in comunicazione, discussa in un ateneo della Toscana nel 2022. Il premio è stato assegnato a Damiano Kerma dell’Università di Firenze.

Vorrei ringraziare il Corecom per aver scelto come comunicatori dell’anno toscani – ha detto Antonio Mazzeo presidente del Consiglio regionale – i nostri inviati di guerra, che svolgono un lavoro unico e riescono a raccontarci quello che accade lontano da noi e in luoghi dove la violenza sta nella vita di ogni giorno. Attraverso le loro parole riescono a costruire spazi di verità e dobbiamo comprendere che ogni guerra porta con sé violenza, morte e soprusi. Dico sempre ai ragazzi più giovani di non essere mai indifferenti e di cercare di capire cosa accade in questi territori più fragili. Grazie ai giornalisti che fanno questo lavoro difficile, mettendo a rischio la propria vita al servizio della verità e della libertà.

Tre premiati: Alfredo Bosco, Lucia Goracci e Gianmarco Sicuro si sono collegati in diretta all’evento. Per Gabriella Simoni alla base “del nostro lavoro c’è l’etica, non cedere ai personalismi, essere testimoni e non protagonisti, noi passiamo in una guerra e abbiamo il dovere morale di raccontare la guerra per chi non ha scelta e da li non può muoversi; dobbiamo cercare di raccontare quello che non vogliono farci vedere”. Secondo il giornalista Fabio Tonacci “la cosa più complicata è la verifica delle notizie, perché interviene sempre la propaganda e la manipolazione delle parti in conflitto. Ad esempio nell’ultimo conflitto la striscia di Gaza non è accessibile ai giornalisti internazionali e il nostro mestiere diventa sempre più difficile”. “Un mestiere in cui rischi la vita – ha ricordato la giornalista Elena Testi, ma l’impegno è quello di raccontare il più possibile la verità, perché la prima cosa che rischia di morire e muore in una guerra è la verità”.

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