© Vincenzo Metodo

Storie /PORTARE LA VITA IN GUERRA

In Afghanistan con Emergency, la testimonianza di un’infermiera toscana: “Lì la guerra è normalità da troppi anni”

Giulia Tisano ha alle spalle due missioni in Afghanistan. “La situazione attuale mi rende triste, frustrata e la mia speranza più grande è che questi cambiamenti non compromettano la sicurezza dei colleghi che lavorano là”. L’aspetto più bello? ” La gratitudine degli afghani “

Dalla Toscana all’Afghanistan, passando per Londra e anni di esperienze: questo il viaggio professionale e umano della dottoressa Giulia Tisano, infermiera per Emergency che ha già svolto due missioni nel Paese. Proprio per il suo impegno, poche settimane fa la sua città, Volterra, le ha consegnato la civica benemerenza. Al momento l’infermiera si trova in Italia, dove il contributo dei sanitari è altrettanto importante per l’emergenza Covid, ma il pensiero è sempre là e la speranza è quella di poter tornare presto ad aiutare. 

Un giorno di marzo del 2018 è arrivata la telefonata: vuoi partire per l’Afghanistan?

Dopo la laurea in infermieristica all’Università di Pisa” – ci racconta Giulia Tisano – “sono partita per Londra e ho iniziato a lavorare lì. Il desiderio di avvicinarmi a Emergency è scattato in me durante l’emergenza ebola del 2015, allora ho iniziato le pratiche e nel frattempo ho continuato ad accumulare esperienza con il mio percorso professionale. Un giorno di marzo 2018, poi, è arrivata la telefonata: vuoi partire per l’Afghanistan? Ci ho pensato sì e no ventiquattr’ore e ho detto sì”.

Oggi Tisano ha all’attivo due missioni, l’ultima terminata appena prima che scoppiasse l’emergenza Covid. Missioni, sì, così si chiamano i periodi di permanenza sui luoghi in cui opera un’associazione umanitaria. Missione, un termine che paradossalmente usiamo per un impegno dall’alto valore morale, persino religioso, ma anche per le guerre. E la guerra è tra i primi motivi che spinge Emergency a essere presente con la propria assistenza in numerosi Paesi del mondo. Tra questi, l’Afghanistan, oggi protagonista delle prime pagine dei media, ma da anni affaticato da conflitti le cui conseguenze più grandi ricadono spesso sui civili. 

I suoni che in sottofondo accompagnavano i miei turni erano di colpi di mortaio, armi da fuoco, bombe

L’Afghanistan è un Paese in guerra da 40 anni, i fatti di oggi sembrano avere più rilevanza perché mediaticamente sono più in risalto, ma la verità è che sta piovendo sul bagnato e tutto questo va a peggiorare una situazione che già era grave – commenta l’infermiera. “Emergency non a caso è in Afghanistan dal 1999 e la mia stessa esperienza là, nel centro chirurgico di Lashkar-gah, l’ho vissuta in un clima pesante: i suoni che in sottofondo accompagnavano i miei turni erano di colpi di mortaio, armi da fuoco, bombe”.

Il centro chirurgico di Lashkar-gah si trova al sud, nella provincia di Helmand, in una delle zone più pericolose del Paese. Attivo dal 2004, ha curato più di 180mila pazienti, con quasi 70mila interventi chirurgici, molti dei quali (più di 40mila) per ferite di guerra.

A Lashakar-gah vengono curate ferite da arma da fuoco, da schegge di bombardamenti” – spiega Tisano – “io, come infermiera in missione, avevo un ruolo di supporto al personale locale, di affiancamento e formazione, soprattutto. Il principio di Emergency è questo infatti: la nostra presenza si fa sentire, ma non deve essere mai invadente, né devono trovarsi in difficoltà nel caso la presenza internazionale dovesse venire a mancare, perché l’ospedale deve rimanere in piedi da solo. Un lavoro di aiuto, insomma, che non si sostituisce però al personale locale”. Per questo contributo, l’ospedale di Lashkar-gah è riconosciuto dal Ministero per la salute pubblica come centro per la formazione in chirurgia di urgenza e traumatologia. 

La vita in missione ti immerge in una bolla

La vita in missione ti immerge in una bolla” – racconta ancora l’infermiera – “i tuoi colleghi sono anche i tuoi coinquilini e il lavoro lo porti anche a casa, non stacchi mai, perché può succedere di tutto da un momento all’altro e devi essere sempre pronto. Non si può uscire, l’unico percorso da fare, per la propria sicurezza, è quello casa-lavoro e ci si sposta sempre tutti insieme. Insomma, la missione è quasi come una quarantena, che va di sei mesi in sei mesi, e la lontananza è forse la parte più difficile. L’aspetto più bello, però, è vedere la gratitudine degli afghani nei tuoi confronti, in particolare degli infermieri con cui ho lavorato. La sensazione di aver fatto qualcosa di utile, anche regalando loro semplicemente un libro di anatomia. Ho un ricordo in particolare che porto con me: un giorno in ospedale venne un fotografo e catturò degli scatti, spesso cruenti, ma anche molti ritratti del personale e fu toccante per noi e per loro del posto vedersi in qualche modo da fuori”. Proprio una di queste fotografie, finita in copertina di uno dei report annuali di Emergency, ritrae Giulia Tisano mentre tratta una ferita da arma da fuoco su un bambino.

Ciò che fa più male è sapere che le conseguenze le pagano i civili, chi non ha scelto

Alla luce degli ultimi sviluppi, per l’associazione umanitaria la presenza in Afghanistan si prospetta ancor più fondamentale. “La situazione attuale mi rende triste, frustrata e la mia speranza più grande è che questi cambiamenti non compromettano la sicurezza dei colleghi che lavorano là” – si augura Tisano. “Ciò che fa più male è sapere che le conseguenze le pagano i civili, chi non ha scelto. L’Afghanistan è un Paese che da anni vive la guerra come normalità, fatto di forti contrasti, ma anche di spontaneità, autenticità. Mi piacerebbe davvero tornare lì, un posto così scevro dai privilegi che abbiamo noi, ma una nuova missione con Emergency mi renderebbe felice in ogni caso, ovunque sarà”.

I più popolari su intoscana