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La Rappresentante di Lista dal palco alla scrittura: esce il loro primo libro “Maimamma”

Venerdì 5 novembre presenteranno il libro all’Oratorio dei Santi Lorentino e Pergentino ad Arezzo, mentre il 30 marzo torneranno in concerto a Firenze al Tuscany Hall

Il 2021 è stato un anno luminoso per La Rappresentante di Lista. Dopo la partecipazione al Festival di Sanremo con il brano Amare, certificato disco di Platino e per mesi ai vertici delle classifiche radiofoniche, e la pubblicazione del quarto album in studio My Mamma, Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina sono stati impegnati in un tour estivo con cui ha calcato i palchi di tutta Italia, registrando una lunga serie di sold-out.

A coronare questo periodo di successi arriva ora anche un libro “Maimamma” legato a filo diretto con l’ultimo disco, con cui condivide la genesi e le tematiche. Maimamma non è solo un romanzo. È la storia che sta dietro il loro ultimo disco e tutta la loro poetica.

Il legame con l’album My Mamma è chiaro sin dal titolo e dall’artwork di copertina del romanzo ad opera di Alice Beniero che riprende la reinterpretazione dell’Origine del mondo di Gustave Courbet, nel disco invece firmata da Manuela Di Pisa.

Il libro racconta la storia di Lavinia che sta per dare alla luce un figlio alle soglie dell’apocalisse. Sullo sfondo una città, che diventa uno scenario a tratti fantastico e distopico: tra dialoghi surreali e personaggi inafferrabili e fuori dagli schemi, una storia di amicizia e di amore, ma soprattutto di crescita e scoperta di sé.

Venerdì 5 novembre alle 18 Veronica e Dario presenteranno il libro all’Oratorio dei Santi Lorentino e Pergentino ad Arezzo, mentre il 30 marzo torneranno in concerto al Tuscany Hall a Firenze.

La Rappresentante di Lista

Ecco la nostra intervista a Dario Mangiaracina

Ciao Dario! Mi colpisce il fatto che sia nel vostro disco che nel libro avete scelto di parlare di maternità quando in realtà nessuno di voi due ha figli

Tutti noi siamo figli di qualcuno. Il nostro è più un interrogativo, sia le canzoni che i libri sono per noi un’occasione per riflettere su desideri, paure, curiosità. Sono domande, interrogativi generazionali che ci poniamo personalmente e che nel momento in cui pubblichiamo un album o un disco diventano interrogativi condivisi che ci aiutano ad affrontare poi quelle stesse domande in maniera comunitaria. È come se chiedessimo a tutte le persone che ci seguono di porsi quella domanda insieme a noi. Non conosciamo esattamente cosa vuol dire essere genitore, in una fase della nostra vita in cui ci chiediamo se saremo “Mai mamma” o “Mai padre” nel mio caso, ci sembra interessante far rimbalzare questo interrogativo anche fuori.

Mi sembra che nel mondo in cui viviamo se fossimo tutti madri e guardassimo al futuro dei nostri figli, forse faremmo delle scelte diverse, forse il futuro del nostro pianeta ci starebbe più a cuore, che ne pensi?

Questa è una sfumatura a cui teniamo molto, l’essere madri, portare qualcosa nel mondo vuol dire poi averne cura. È interessante secondo me il fatto che in questo caso la maternità è un’occasione per noi per ragionare su temi politici come il femminismo, l’ambientalismo. Se pensi che in alcuni stati in America l’aborto è illegale, è messo in discussione uno dei diritti fondamentali della donna, dunque capisci come questo sia un tema quanto mai attuale.

La trama di questo romanzo che parla di Lavinia, una giovane donna incinta in un mondo che si sta avviando verso l’Apocalisse, mi ha ricordato la serie tv “Anna” di Ammaniti, anche lì c’era una madre che si preoccupava per i figli in un mondo ormai alla fine

L’ho vista, la conosco molto bene, secondo me la distopia della fine del mondo è un topos letterario che permette di esasperare alcuni lati dell’essere umano, questo succede in Anna e anche nel nostro romanzo Maimamma. Anche se nel nostro libro il mondo distopico resta molto in sottofondo, la vera protagonista è Lavinia, la sua storia, la sua solitudine, il suo amore. Ma in questo contesto da ultima spiaggia è più forte la fine “del mio mondo” dice Lavinia, il terrore di dover abbandonare la giovane Lavinia che conosce nel progetto di crescita che ci sarà con la gravidanza, più che la fine del mondo e dell’umanità.

 

Il romanzo è scritto in prima persona, Lavinia parla rivolgendosi a noi lettori, mi incuriosisce sapere come avete fatto a scriverlo a 4 mani

È stato da un lato semplice, dall’altro molto complesso. Semplice perchè siamo abituati a scrivere insieme per le canzoni, complesso perchè a volte ci sono delle divergenze tra di noi. Abbiamo lavorato su un grande documento condiviso online, che via via aggiornavamo. Si è creato un mix di intenzioni, di testi, cose che avevamo scritto anche molti anni fa e via via abbiamo trovato la trama. Abbiamo discusso tanto. Io ho sempre scritto al femminile fin quando ero adolescente, ma è chiaro che ci sono delle parti fortemente intrise di femminilità, di corpo scritte da Veronica a cui io ho assistito.

Nelle vostre canzoni affrontate spesso di tematiche femministe. Ora faccio una domanda a te: come mai per alcuni uomini è così difficile accettare la loro fragilità, quel lato che si vorrebbe definire “femminile” sbagliando perchè uomini e donne sono molto più simili di quanto la società voglia farci credere. Perchè è difficile rinunciare a modelli maschili così stereotipati come il cowboy, l’eroe o il principe che salva la fanciulla in difficoltà? Non sarebbe più semplice per tutti uomini e donne accettarsi per come si è?

C’è una narrazione che fa sì che l’uomo abbia difficoltà ad abbandonarsi alla fragilità, a piangere, a concedersi fallimenti e sconfitte. È una narrazione che perseguita il maschio da millenni ed è assolutamente speculare a quella che perseguita la donna. Effettivamente tu hai parlato di cowboy, eroi tutto quell’insieme di stereotipi che poi assorbiamo nel corso della nostra crescita e che ci influenzano. La nostra estetica, la nostra etica, il racconto che facciamo a noi stessi di noi stessi è influenzato in negativo o in positivo da questa roba qui. Possiamo decidere di voler essere il cowboy che salva la donzella o negare quel tipo di rappresentazione però oggi è come se mancassero i riferimenti a quell’altra possibilità. Sono modelli che esistono nell’underground, però mancano nel linguaggio popolare, nel mainstream, nella pubblicità.

Capisco quello che dici, forse d’ora in poi potremmo provare a raccontare storie nuove, con personaggi diversi.

È esattamente quello che proviamo a fare noi.

 

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