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L’allarme di Nardella: Firenze è senza soldi, a rischio l’illuminazione

Il sindaco del capoluogo toscano, insieme ai primi cittadini di altre città turistiche, lancia l’allarme: il Comune ha 200 milioni di euro di deficit e potrebbe spegnere i lampioni

Il Comune di Firenze è in forte crisi finanziaria a causa del lockdown contro il Coronavirus e dello stop al turismo che ha ridotto notevolmente le sue entrate. A lanciare l’allarme è stato ieri il sindaco del capoluogo toscano, Dario nardella, in collegamento con Radio Bruno. “Per il bilancio del Comune sono preoccupatissimo – spiega Nardella – sto valutando addirittura l’ipotesi di non accendere l’illuminazione pubblica perché incide per diversi milioni di euro e mandare così avanti i servizi per le imprese e i cittadini”.

“Noi Comuni – ha spiegato – aspettiamo due volte: per i nostri cittadini e le nostre imprese. Firenze ha 200 milioni di euro di deficit ed altre città ce l’hanno ancora più alto. Sono tutte mancate entrate. Noi non ce la sentiamo di far pagare il canone del suolo pubblico e la tassa dei rifiuti a chi è rimasto chiuso. Abbiamo però bisogno di essere aiutati dal Governo. Firenze ha tutta la forza e l’orgoglio per rinascere ma se il Governo non ci dà gli strumenti diventa difficile”.

Firenze deserta
Il primo cittadino ha ribadito la preoccupazione per i bilanci con “diversi sindaci che sono nelle nostre stesse condizioni. Chiedo di pagare la Tari alle imprese oppure interrompo i servizi agli anziani o ai disabili della mia città? La prospettiva è questa. Le Regioni per loro fortuna hanno meno problemi dei Comuni perché hanno fondi della Protezione civile che sono importanti, molto rilevanti. La situazione drammatica è degli 8mila Comuni italiani. Siamo ad oltre 5,5 miliardi di deficit e forse ce ne danno tre”. 

Nardella ieri ha scritto a Conte insieme ai sindaci di Venezia, Napoli, Palermo, Roma, Milano e Rimini, città a forte vocazione turistica, dopo aver letto la bozza del Dl Rilancio, per chiedere di rivalutare le norme relative ai Comuni nel provvedimento. In particolare, i sette sindaci protestano per il mancato riferimento al ristoro dell’imposta di soggiorno, “in un fondo aggiuntivo rispetto a quello dei 3 miliardi concordato con Anci. Il mancato incasso di queste imposte avrà come conseguenza il blocco di molti servizi essenziali, e l’impossibilità di andare incontro alle richieste delle imprese che chiedono una sospensione dei tributi locali quantomeno per il periodo di chiusura delle attività”.

 

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