Produzioni enoiche che arrivano spesso da territori lontani, sconvolti dalla guerra. Un modo per lanciare un messaggio di pace, speranza e resilienza dall’Iran all’Ucraina attraverso il vino. È il progetto “Wine of silence” ideato dall’enologo Roberto Cipresso di stanza a Montalcino.
Roberto Cipresso è stato premiato dalla redazione di Bibenda 2026 in una cerimonia di proclamazione di oltre 700 Cinque Grappoli, massimo riconoscimento della guida della Fondazione Italiana Sommelier (Fis) e dieci etichette eccellenti.
Cipresso ha così conquistato il secondo Oscar del Vino Bibenda a distanza di 20 anni dal primo e dopo 40 anni di attività tra le vigne e cantine in giro per il mondo. Winemaker e consulente di fama internazionale, ha sempre puntato sull’eccellenza e l’innovazione nel vino.
Il progetto “Wine of silence”
“Dopo quasi quarant’anni – ha detto sul palco ricevendo l’Oscar dal fondatore Fis Franco Maria Ricci – vissuti nel mondo del vino, tra emozioni, incontri ed esperienze che mi hanno cambiato la vita, sento che è arrivato un nuovo tempo. Ho ricevuto tanto — dalla terra, dal vino e da persone speciali — e ora, superati i sessant’anni, avverto il bisogno profondo di restituire qualcosa”.
“Nasce così “Wine of silence”: in un’epoca in cui il vino viene spesso ridotto a moda, a tendenze passeggere o a contrapposizioni tra “naturale” e “tecnologico”, avvertiamo l’urgenza – ha detto Cipresso che nel progetto ha mobilitato anche una dozzina di colleghi – di riportarlo al suo valore più profondo e universale. Il vino non è soltanto una bevanda: è un messaggio di bellezza, un’affermazione di identità, una testimonianza di fatica e resilienza. È la voce di terre contese, di storie taciute a cui vogliamo dare coraggio e speranza”.
Cipresso ha ricordato ad esempio l’Ucraina che vanta un’eredità vitivinicola di ventisette secoli nella regione di Shabo, Odessa. “Qui la viticoltura resiste con vini di carattere. E ogni bottiglia, come il Telti Kuruk di Big Wines, afferma che la cultura e la vita fioriscono anche nell’ombra della guerra” ha aggiunto.

Cipresso ha ricordato tra i vini “drammatici” dato che provengono da condizioni estreme anche quelli dell’Armenia. In una terra che è culla della viticoltura da oltre 6000 anni, basti pensare all’antica cantina Areni-1, l’industria vinicola locale si deve confrontare ogni giorno con tensioni regionali e confini chiusi.
“Nonostante queste avversità, la cantina Keush, con il suo Arenì Noir, incarna l’anima autentica di una viticoltura eroica a piede franco” ha sottolineato l’enologo due volte Oscar del Vino Bibenda.
Non è da meno la produzione del vino persiano: “in Iran – ha concludeo Cipresso- ci siamo dovuti presentare come commercianti di frutta per portare i grappoli vendemmiati in Azerbaigian e in Armenia dove abbiamo potuto avviare il processo di vinificazione del vino persiano”.