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Gian Filippo Morganti in arte Pippo Dj: una vita passata in consolle

Vampiro contemporaneo, propietario dell’H2No di Pistoia, da anni fa ballare i giovani della piana

Gian Filippo Morganti in arte Pippo Dj: una vita passata in consolle

“Mi chiamo Jovanotti e faccio il deejay non vado mai a dormire prima delle sei”, cantava così un giovanissimo Lorenzo Cherubini nel lontano 1991. La canzone era ‘Gente della notte’ e raccontava la vita di quelle persone che si trovano più a loro agio dopo le 23. Uno di questi vampiri contemporanei è Gian Filippo Morganti in arte Pippo Dj, un uomo che vive di musica, nella musica e per la musica. La musica è la sua linfa vitale fin da quando era piccolo, ed è per questo che ci piace. È ormai diventato un punto di riferimento nelle notti della piana pistoiese. Se lo avete conosciuto una volta di sicuro non vi potrete dimenticare di lui, altissimo, t-shirt da rugbista, molti tatuaggi, faccia che sembra uscita da una delle migliori puntate di Breaking Bad. Il suo stile comprende: gusti musicali ben precisi, risposte senza peli sulla lingua e un grande, grande sorriso, perché Pippo fondamentalmente è ‘un buono’. Lo trovate tutti i sabati sera nel suo locale l’H2No di Pistoia, e potete provare, con gentilezza, a chiedergli di mettere un pezzo, ma dovete anche essere pronti ad accettare quello che lui vi risponderà, buona fortuna.

Questa è la nostra intervista.

Ciao Pippo, come si diventa un dj?
Per scherzo, nel senso che io sono sempre stato appassionato di musica da quando avevo 12 anni. È sempre stata una via di fuga per me la musica.  Quando avevo 18 anni iniziai ad andare al Backdoors a Poggio a Caiano, ai tempi era un locale storico per la musica rock. Andavo come cliente per i concerti, dopo c’erano i dj set, mettevano i dischi Fab Foetus e Alias, due ganzi. Io facevo quello che non sopporto venga fatto a me adesso cioè andare al dj a rompere i coglioni sulla musica. Mi notò Milena Zunino che ai tempi, nel ’91-’92, era la direttrice artistica del locale, mi disse: ‘perché non provi a mettere i dischi’. Ai tempi si usava il vinile quindi era molto più complicato, c’era veramente una tecnica, ora non serve. Lei mi dette fiducia, mi faceva fare i preserata, dalle 23 alle 23.45, di fronte a tre persone, per me era un onore, da lì iniziai. Poi è diventata una cosa sempre più seria, ma io non me ne sono neanche accorto. Poi quando il Backdoors chiuse mi chiamarono al Cencios. Ho avuto fortuna, ho lavorato a Milano, Torino, Roma, mi sono tolto delle belle soddisfazioni. I locali rock-alternativi della Toscana li ho fatti tutti. Ecco com’è andata.

Adesso sei dj resident all’H2No a Pistoia, giusto?
L’H2No è mio, l’ho aperto io. In realtà adesso sto cercando di diminuire i dj set, ho quasi 48 anni, vorrei veramente che ci fossero i 25enni a mettere i dischi non uno di 50 anni. Il fatto è che non c’è questa grossa scelta, non ci sono molti ragazzi che hanno voglia di prendere seriamente questa passione e di impegnarcisi. Io sono molto critico, quando c’è qualcosa che non mi piace la dico, sono uno che si accontenta male a livello di dj.

Tu hai uno sguardo privilegiato sui giovani della provincia, questa chimera, questo fantasma che tutti inseguono senza capirci niente. Cosa sognano i giovani, cosa vogliono? Nessuno lo sa. Quando si parla dei giovani si rischia spesso di cadere nelle solite banalità che io detesto perché io credo fortemente nelle nuove generazioni. Tu come li vedi?
Io ho grande fiducia come te, ma l’unica cosa che mi fa veramente girare i coglioni dei giovani è il totale disinteresse per la musica emergente. Non c’è interesse per un gruppo che ancora non è famoso, non c’è interesse ad andare a un concerto che non sia di artisti conosciuti. C’è un totale disinteresse nello scoprire e nel dar fiducia alla musica nuova. Questa è una cosa che mi da molto fastidio.

Non c’è curiosità
Ne sono straconvinto. Negli anni ’90, ma anche un po’ prima negli anni ’80, c’era una bramosia per la musica. Si apriva il giornale La Nazione, si leggeva ‘stasera ci sono i Trimad’, non sapevi chi erano i Trimad ma tu partivi lo stesso per andare a sentirli. Adesso abbiamo degli strumenti straordinari come Spotify, Youtube, pensa a come si è evoluto il modo di ascoltare e proporre musica. Basta un clik per aprirti un mondo, ma c’è questa pigrizia per cui i giovani finiscono per sentire sempre le solite cose. Ti faccio un esempio la prima volta che abbiamo fatto Motta, gratis, c’erano 100 persone, la seconda volta a distanza di cinque mesi a pagamento, di giovedì, ce n’erano 600 perché era già ‘scoppiato’ come fenomeno. Perché c’è sempre bisogno di aspettare qual ‘qualcuno diventi qualcuno’ per andare a vedersi un concerto? Vivo come rimpianto questa situazione. All’H2No vedo tanta gente che preferisce restare fuori al freddo e aspettare che il concerto sia finito piuttosto che entrare e prestare un attimo di attenzione. Entrano dopo, quando c’è il dj set, e restano fino alle 5 di mattina. Sono meno curiosi di quanto sicuramente lo sono stato io e la mia generazione. È anche vero che negli anni ’90 musicalmente abbiamo avuto dei fenomeni molto importanti come il grunge, il crossover. Negli ultimi anni l’Indie (che è un termine tra l’altro che mi è sempre stato abbondantemente sulle palle) è diventato ormai mainstream, tutto quello che era indipendente è stato inglobato dai booking più importanti e più grossi ed è stato strumentalizzato. L’unica cosa interessante, per quanto mi faccia pena, è la cultura sotterranea dell’Hip-hop, della Trap che affettivamente è la cosa ‘fresca’, ovviamente io non mi ci rivedo. Ma stanno facendo quello che ha fatto ai tempi il grunge per la mia età.

È come se questa iper-stimolazione tecnologica causasse paradossalmente una mancanza di curiosità. Mi ricordo quando ero giovane io compravo ‘Rumore’ e per me era la bibbia, lo leggevo dalla prima all’ultima parola. Era l’unico modo per sapere qualcosa sulla musica, poi è arrivata MTV
Io ho vissuto molto prima Videomusic. Te non hai idea dei viaggi che facevo da Seano, dove abito, a Firenze per comprare i dischi alla Galleria del disco o al Superdisco da Nicola. Mi ricordo il primo disco dei Korn che mi cambiò completamente la vita. A volte mi trovo a rivalutare i Backstreet Boys pensa te come me la passo.

Ti vorrei fare una domanda su l’annosa questione di cui tutti i dj si lamentano e cioè le richieste del pubblico. Secondo te è concesso? Si può fare?
È una cosa che ovviamente quando ero dall’altra parte facevo, ma da quando sono da questa la sopporto poco. Non perché io vorrei che mi chiedessero un pezzo che piace a me, sicuramente sarebbe gratificante, ma ormai sono anni che non mi capita. La mia idea di dj è un’idea utopistica, il dj dovrebbe essere una sorta di professore, uno che ti educa alla musica, ovviamente anche considerando cosa piace alla gente, è un intrattenitore, uno che ti deve far divertire. Il dj set perfetto dovrebbe essere un connubio tra 80% di cose divertenti e un 20% di cose interessanti e meno stereotipate di quelle che si sentono normalmente. Secondo me è concesso fare una richiesta, è la modalità di porsi che spesso è totalmente sbagliata. Ora arrivano col cellulare, te lo mettono davanti e ti fanno vedere il pezzo e ti dicono ‘Oh!’. Io tante volte non ci leggo neanche, così mi metto gli occhiali, gli prendo il cellulare e faccio finta di non ridarglielo. Così restano sotto la consolle implorando che io gli ridia il cellulare. Sono un po’ scattoso, a volte rispondo male perché mi vengono a chiedere della roba che veramente è inammissibile. Sicuramente godrei se venisse qualcuno e mi dicesse: ‘Pippo me la metti Alive dei Pearl Jam’, io direi ‘Che meraviglia’, a me però chiedono ‘Il Pagante’.

Il Pagante? Non so neanche chi sia
È quello che mi domando anch’io, mi sono informato ma non ho avuto il cuore di ascoltare nulla ancora. È un producer e fa musica ignobile. Dicono che è il futuro della musica italiana, ho paura ad ascoltarlo. Già ho fatto uno sforzo mesi fa ad ascoltare Miss Keta. Mi sento vecchio.

Sei molto amato per la tua sincerità, tu dici sempre la verità e la gente se ne accorge, quindi ti vuole bene. Tempo fa su Facebook ha scritto che prima o poi ti leverai dei ‘sassolini dalla scarpa’. Se te li vuoi togliere adesso noi ti ascoltiamo
Succederebbero dei grossi casini e io devo stare ancora in questo mondo. Ce ne sono alcune veramente belle, aneddoti legati ad alcuni artisti. Ho imparato tante cose, ho imparato che quando un artista per te è un idolo, bisognerebbe che rimanesse un idolo, una foto su un poster attaccato in cameretta. Perché spesso quando ci hai a che fare perdi quella magia che invece ti ha accompagnato per tutta la vita. Non è il mio idolo, ma su Vasco Brondi avrei da dire tante cose, è da tutti riconosciuto come un ‘guru’, sono io che non ci arrivo evidentemente. Sembra Dio in terra, di lui tengo custodito il contratto che facemmo.

Chissà cosa c’è scritto…
Cose bellissime, ti giuro, quando deciderò di raccontarlo sarai la prima a cui lo dirò e ci divertiremo insieme, è stata un’esperienza traumatica. Il mio post si riferiva più che altro all’ipocrisia del mondo in cui lavoro. Di me possono dire che ogni tanto mi scatta l’ira, ma io sono una persona precisa e onesta. Il nostro è un mondo in cui l’apparenza conta più della sostanza. L’importante è sempre far vedere che siamo vincenti, invece io penso che ogni tanto fare vedere che si perde sia una cosa molto bella e umana. Non sempre devi dare l’idea di essere il migliore, non ho mai capito questa rincorsa a dover far sembrare tutto bello, anche quando tutto bello non è. Quando delle serate sono andate male c’è chi chiede di non pubblicare le fotografie dove c’è poca gente, se una serata è andata male, è andata male, amen. Tempo fa vennero a trovarmi degli amici di Roma della DNA un booking abbastanza importante in Italia e mi fecero un grosso complimento, mi dissero ‘hai aperto un locale, ma non sei diventato un localaro, hai sempre questa attitudine da appassionato’. Per me questo è il complimento più bello, perché se io mi rendessi conto che ho perso la passione, la voglia di ascoltare, mollo. Mi farei schifo.

Quella Pippo purtroppo non ci abbandonerà mai, è una malattia da cui non si guarisce
Non è detto. Io sono sempre a caccia di musica nuova che mi stimoli. Di qui a dire che ci siano cose nuove, uscite negli ultimi cinque anni che mi abbiano veramente entusiasmato questo è un altro discorso. Ma la voglia e la passione di ascoltare e scoprire cose nuove non mi è mai andata via e mi auguro che non succeda mai.

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