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La vittoria di Joe Biden riporta l’America sullo scacchiere mondiale

Alessandro Vittorio Sorani, autore del libro “La comunicazione politica americana da Kennedy a Trump”, commenta il risultato delle elezioni americane

Joe Biden - © NumenaStudios

Direi che la vittoria di Biden è una buona notizia. Oggettivamente direi che tutto il mondo è contento del risultato delle elezioni. La vera sorpresa è stata che Biden ha vinto di poco invece che di tanto perché i sondaggi iniziali erano molto più pro-Biden e Trump è riuscito a recuperare in tantissimi contesti. La vittoria di Biden comunque non è una vittoria del centro, è la vittoria di chi è stato capace di comunicare con i suoi e convincerli a votare. Lui è stato abile a fare una cosa mai fatta prima cioè portare tantissimi americani alle urne. In USA c’è solitamente un’affluenza bassissima. Lui è stato estremamente abile nel coalizzare tutti quelli che avevano paura di una rielezione di Trump. Sono state delle elezioni per cui non si votava per Biden ma si votava contro Trump. La sua principale abilità comunicativa è stata quella di portare alla urne tantissime persone, un numero mai raggiunto prima negli Stati Uniti.

La sua principale abilità comunicativa è stata quella di portare alla urne tantissime persone

Nei momenti imminenti alle elezioni ha ulteriormente rassicurato il suo elettorato, l’America e forse il mondo intero affrontando con una grande pacatezza tutto quello che stava succedendo. Ha rafforzato un’immagine di sobrietà nella comunicazione che Trump ha dimostrato assolutamente di non possedere. L’esuberanza per modo di dire di Trump è andata nel corso di quattro anni esplodendo. Siamo partiti con un Trump sopra le righe per finire con un Trump ai limiti della follia in tanti casi. A livello comunicativo la pacatezza di Biden ha pagato, forse in questo momento c’è bisogno di uno stile comunicativo meno da “uomo alfa” e più da uomo che mette tutti d’accordo.

Con Biden ci sarà un ritorno degli Stati Uniti nello scenario internazionale da protagonisti. Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a una grande polarizzazione dell’attenzione sull’America perché Trump attirava l’attenzione su di sé, ma l’America era fuori da ogni dibattito militare, politico, economico e sociale. Gli Stati Uniti si erano ritirati in un pericoloso isolazionismo, oggi tornano ad essere una grande player nello scacchiere mondiale sotto tutti i profili. Ed è importante che per la prima volta il primo luogo di approdo della politica è l’ambiente e non lo scenario militare. Questo è di buon auspicio.

Biden è l’incarnazione della tenacia e della perseveranza degli americani molto di più di quanto non sia Trump con tutto il suo patrimonio

Biden passa per essere uno scarso comunicatore, ma è una figura che dal punto di vista della comunicazione è evoluta tantissimo scontrandosi con due grandi problemi. Da una parte drammi familiari pesantissimi che lo hanno fortemente cambiato come uomo. Lui ha fatto forse uno dei più bei discorsi da senatore degli Stati Uniti quando dopo la morte della moglie e di un figlio disse “Io mi prenderò cura dei miei figli se il lavoro da senatore sarà un ostacolo lascerò il mio lavoro“. Poi affronta, perché non l’ha superata definitivamente, una balbuzie importante. Questo in tanti casi è un ostacolo, un qualcosa che limita le persone. Il fatto che un uomo di 78 anni, balbuziente, diventi il presidente degli Stati Uniti la più grande nazione del mondo, è il sogno americano. Biden è l’incarnazione della tenacia e della perseveranza degli americani molto di più di quanto non sia Trump con tutto il suo patrimonio.

La sconfitta di Trump

Il fatto che Trump non accetti la sconfitta la vedo come una profonda debolezza. Non accettare le sconfitte è tipico dei caratteri narcisisti e questo è chiaramente un segnale abbastanza grave. Non è la prima volta che si va al riconteggio dei voti perché se ci ricordiamo alle elezioni del 2000 con George W. Bush e Al Gore successe la stessa cosa. Trump politicamente fa bene a valutare cos’è successo, è una scelta giusta la sua volontà di ricontare, è il modo in cui lo fa che gli fa perdere completamente di credibilità e spacca ulteriormente l’America. Diciamo che la fotografia dell’America di oggi è quella di una nazione divisa, Biden non ha riportato unità. Si spera che la porti in futuro ma per ora è una nazione in cui si vincerà per un pugno di voti. In genere quando si va al riconteggio si parla di poche migliaia di voti in una nazione da 300 milioni di abitanti. La reazione di Trump ha esasperato la sua immagine, la sta portando all’estremo e questo è un rischio perché non è il presidente di uno stato marginale ma è il presidente della più grande democrazia del mondo.

Kamala Harris
Kamala Harris – © NumenaStudios

Kamala Harris co-vincitrice insieme a Joe Biden

Intanto devo esprimere la grande soddisfazione per la prima donna che arriva a ricoprire quel ruolo. Devo dire che è un riconoscimento che arriva tardivamente nella terra dei diritti. In un paese come l’Italia già 40 anni fa abbiamo avuto come Presidente della Camera Nilde Iotti, Tina Anselmi come ministro. Il presidente della Camera non è un ruolo paragonabile a quello del vice-presidente negli Stati Uniti ma quasi. Lo apprezziamo, ne siamo molto felici e ci auguriamo che questo sia solo l’inizio. Kamala è stata una figura determinante nella vittoria di Biden, perché forse è stata ancora più incisiva lei nei dibattiti televisivi rispetto a quanto lo è stato Biden nel confronto con Trump. Se pensiamo a quel piccolo passaggio che ha avuto con il vice-presidente Mike Pence quando ha detto “I’m speaking” (Sto parlando) ha dimostrato un’assertività e una non accondiscendenza nei confronti dell’altro che è il simbolo di una comunicazione assertiva. Ha dimostrato di essere una persona che dal punto di vista comunicativo è assolutamente capace. Quella risposta è da manuale.

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