OPINIONE/

“Basta morti sul lavoro” dobbiamo gridarlo anche domani, anche per Luana

Luana D’Orazio è morta schiacciata dall’orditoio cui stava lavorando. Ogni mattina questa giovane donna rischiava la vita andando a lavoro. Di questa morte bianca (l’ennesima) si sta occupando anche il ministro Orlando ma la narrazione che stiamo facendo della vicenda rischia di spostare l’attenzione dal vero problema: in Italia ogni giorno muoiono due persone sul lavoro

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“Basta morti sul lavoro, non deve succedere né a vent’anni, né a sessanta né a settanta”, una frase ineccepibile. Una frase vera, profondamente vera. Parole cariche di dolore perché a pronunciarle è la madre di Luana D’Orazio, la giovane, mamma a sua volta, uccisa in modo atroce perché straziata dall’orditoio cui stava lavorando una mattina qualsiasi di un giorno come tanti in un’azienda tessile di Montemurlo, in provincia di Prato.

Luana è morta lavorando. Luana è una delle tante – troppe – morti bianche. Alla sua memoria e a quella delle vittime sul lavoro,  lunedì 10 maggio è stata proclamata giornata di lutto per tutta la Toscana.

Due persone al giorno, da inizio anno hanno perso la vita sul luogo di lavoro. I dati forniti dall’Inail fanno accapponare la pelle: nel 2020 gli incidenti mortali sul lavoro sono stati ben 1.270 e molte aziende nell’anno della pandemia sono rimaste chiuse per lunghi periodi di tempo.

Eppure quella che si consuma dietro le porte delle nostre aziende sembra una strage silenziosa.

Il caso di cronaca di Luana d’Orazio è balzato su tutte le testate nazionali. In piazza delle Carceri a Prato dove era organizzata una manifestazione delle principali sigle sindacali, era atteso (e poi è arrivato) anche il ministro Andrea Orlando, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

Giusto, è dovere della politica occuparsi di tutto ciò. Dobbiamo indignarci. Noi, comuni cittadini dobbiamo urlare “Mai più”, chi ci governa deve agire affinché “Mai piùnon sia solo un grido lanciato al vento.

Ma soprattutto non può – o quanto meno non dovrebbe – essere l’appeal mediatico a ricordarci che c’è un grave problema di sicurezza nei luoghi di lavoro. 

Di Luana è stato scritto anche troppo, ha fatto notizia la sua comparsa in un film di Pieraccioni, hanno fatto notizia i suoi splendidi occhi e i suoi capelli lunghi, la sua giovane età. La vita di Sabri Jaballah, giovane operaio anche lui di Prato deceduto il 2 febbraio anche lui in un incidente in un’azienda tessile, ha suscitato meno interesse. Eppure il dolore di sua madre è uguale e identico a quello della madre di Luana.

E non c’entra niente la nazionalità. Donna o uomo, giovane o anziana. La madre di Luana lo ha detto chiaramente: “Non deve succedere né a vent’anni, né a sessanta né a settanta”. Eccolo il punto. Questa frase pronunciata da una donna disperata è e resta l’unica sensata nel marasma di parole, alcune anche sprecate, usate per raccontare l’accaduto.

Finché continueremo ad indignarci solo per alcuni la nostra richiesta di giustizia sarà monca. Finché farà più notizia il sogno della vittima di diventare famosa che il fatto che ogni mattina accendesse un macchinario sprovvisto di meccanismi di protezione, il nostro scendere in piazza servirà solo a riempiere i giornali per 24 ore . Finché non metteremo da parte l’istinto voyeuristico di saperne di più sul privato del singolo e non cominceremo a interessarci davvero ai diritti dei lavoratori, le belle frasi postate su Facebook il 1° maggio saranno solo un insieme di retorica spicciola.

Dobbiamo chiedere giustizia anche quando i riflettori si spegneranno, perchè altrimenti di Luana ricorderemo che era bella e che sognava di diventare famosa. I suoi diritti, i diritti sacrosanti di ogni lavoratore, il diritto di non rischiare la vita mentre dignitosamente provvede a sé stesso e alla propria famiglia, saranno calpestati una volta in più. 

Eppure è semplice: “Non deve succedere né a vent’anni, né a sessanta né a settanta”.

È semplice, a volte però sfugge. Sfugge a noi giornalisti. Sfugge ai politici.

Mi si potrebbe obiettare che se la tragedia di Luana diventerà un caso simbolo che porterà a rimettere mano allo Statuto dei lavoratori vecchio di più di 40 anni e se porterà ad aumentare i controlli e i livelli di attenzione nelle aziende allora sarà servita anche la narrazione che ne è stata fatta. Probabile. Ma siamo nel 2021 e ogni giorno si registrano due decessi sul lavoro. Inaccettabile.

Forse dobbiamo spostare il focus. La personalizzazione della vicenda rischia di distoglierci dalla vera questione: la sicurezza sul lavoro . Diversamente, tra qualche giorno, quando le piazze di svuoteranno, anche i suoi occhi saranno dimenticati e la tragedia di Luana sarà archiviata come un incidente, uno fra tanti. Forse non dalla giustizia ordinaria ma nella memoria collettiva. Perché ripetiamolo fino alla nausea: “Non deve succedere né a vent’anni, né a sessanta né a settanta”

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