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La scure della prescrizione sulla Strage di Viareggio: dopo la batosta in Cassazione la battaglia va avanti

Dopo undici anni e mezzo la sentenza di terzo grado non mette però la parola fine a una vicenda giudiziaria e umana straziante: prescritto l’omicidio colposo si torna in appello. Ma i familiari non si arrendono

Lo striscione dei familiari delle vittime della strage di Viareggio

Ditemi che non è vero, urla Daniela Rombi ai piedi della scalinata della Cassazione ai suoi legali che le hanno appena comunicato la sentenza e nel suo grido c’è tutta la disperazione dei familiari della strage di Viareggio.
Sono passati undici anni e mezzo dalla notte del 29 giugno 2009, quando il deragliamento di un treno merci carico di gpl, la conseguente fuoriuscita di gas, le esplosioni e gli incendi stroncarono la vita di 32 persone che dormivano nei loro letti o passeggiavano davanti casa, e ancora i loro cari non possono scrivere la parola fine su una vicenda giudiziaria e umana che ha stravolto le loro esistenze e segnato un’intera città.

Ma è giusto un attimo: passato lo sconforto i familiari sono pronti a continuare la loro buona battaglia, non solo per avere giustizia per i loro morti ma anche per chiedere più sicurezza ferroviaria per tutti.

“Abbiamo osato combattere il potere… ci ha bastonato… ma noi ci siamo già rialzati! Viareggio (e non solo) è in piedi insieme a noi, a testa alta! Ci saremo fino in fondo, tutti insieme!” scrive Daniela Rombi su Facebook all’indomani della sentenza. Lei nell’esplosione ha perso la figlia Emanuela, morta a 21 anni dopo 42 giorni di agonia in ospedale a causa delle gravissime ustioni riportate.

Anche Marco Piagentini, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime “Il mondo che vorrei”, è pronto ad andare avanti, nonostante l’amarezza per la sentenza. “Mio figlio aveva già capito tutto: mi aveva detto che in questo Paese chi sbaglia non paga per gli errori. Io gli ho detto che prima di tutto viene la responsabilità morale, poi quella civile e poi quella della legge. Qua noi cercavamo giustizia e abbiamo trovato la legge” dice Piagentini, che nella strage ha perso la moglie Stefania e i figli Luca, di 4 anni, e Lorenzo, di 2 anni. Lui stesso ha riportato ustioni sul 90% del corpo ed è sopravvissuto dopo sei mesi di lotta all’ospedale di Padova per ricongiungersi all’unico figlio rimasto, Leonardo, che all’epoca aveva 8 anni.

Daniela Rombi e i familiari delle vittime della strage di Viareggio davanti alla Cassazione

La sentenza della Cassazione: prescritto l’omicidio colposo

Ma cosa succederà ora che la Cassazione ha stravolto completamente l’impianto delle sentenze di primo e di secondo grado? Tutti gli imputati torneranno di fronte alla Corte d’Appello di Firenze per una rideterminazione delle pene al ribasso, visto che è stato tagliato fuori il reato di omicidio colposo.
La decisione più importante presa dalla Cassazione infatti è l’esclusione dell’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, che porta quindi alla prescrizione dell’omicidio colposo: una mannaia che cala sul processo, che per strada in questi quasi dodici anni ha già visto cadere in prescrizione l’incendio colposo e le lesioni plurime gravi e gravissime.

In piedi resta quindi solamente il reato di disastro ferroviario. In attesa della pubblicazione delle motivazioni della sentenza, che chiariranno le valutazioni della corte, si può però già affermare che questa è una precisa scelta di campo.
Se negli altri due gradi di giudizio era stato dimostrato che Viareggio non è stato una fatalità, un unicum sfortunato, ma la conseguenza di politiche di tagli alla sicurezza portate avanti dal Gruppo FS, la Cassazione sembra voler ridurre il 29 giugno a un singolo episodio disgraziato.

E i super dirigenti italiani?

L’unico condannato dalla Cassazione è Vincenzo Soprano, ex amministratore delegato di Trenitalia e di Fs Logistica. Per Michele Elia, ex ad di Rfi, e Mauro Moretti, ex ad di Ferrovie dello Stato, la Cassazione ha chiesto un appello bis in cui saranno anche ridefiniti i “profili di colpa”, un aspetto che verrà chiarito nella motivazione della sentenza.
Il caso di Moretti è diverso dagli altri perché avendo spontaneamente rinunciato alla prescrizione dovrà comunque fare i conti con il reato di omicidio colposo, che quindi per lui non è decaduto.

Daniela Rombi e Marco Piagentini nell’anniversario della strage di Viareggio

Assolte le società: e allora di chi è la responsabilità?

È significativo anche che la Cassazione abbia annullato, senza necessità quindi di tornare in appello, le condanne alle società coinvolte nel processo. È assolta la Gaxt Rail, proprietaria del carro cisterna che deragliò a causa di un assile palesemente arrugginito che quella notte si ruppe. Assolta la Jugentahl, l’officina che revisionò l’assile appena sette mesi prima dell’incidente senza accorgersi che era corrotto. Assolte anche Trenitalia Spa e Rfi, ovvero la divisione di FS che si occupa delle infrastrutture.

Sono stati invece condannati dalla Cassazione in via definitiva per disastro ferroviario gli operai e i tecnici della Jugenthal che eseguirono personalmente i controlli, gli amministratori delegati e i responsabili della Gatx Rail Austria e quelli della Cima Riparazioni di Mantova, dove appena tre mesi prima del 29 giugno era stato montato l’assile già incrinato sul carro.
La Cassazione ha quindi deviato interamente la responsabilità sui singoli individui, che sicuramente sono colpevoli ma che molto probabilmente hanno agito nell’ottica di un sistema che permette se non incoraggia una certa lassità nei controlli sulla sicurezza.
Sorvolare su questo aspetto significa anche negare che ci sia bisogno di rivedere i protocolli e di trovare un sistema per farli rispettare: esattamente quello per cui i familiari delle vittime di Viareggio si battono da anni.

Perché un altro 29 giugno è possibile

Scrivendo insieme a Federico di Vita un libro sulla strage di Viareggio (I treni non esplodono, uscito nel 2016 per Piano B), ho imparato che l’intero sistema dei controlli di sicurezza ferroviaria in materia di trasporto di merci pericolose in Italia (e in generale in Europa) è un intricato intreccio di rimandi di responsabilità e di zone lasche tra le maglie della burocrazia, dove la catena di errori che ha condotto al 29 giugno potrebbe verificarsi di nuovo.

Chissà quanti carri cisterna che andrebbero rottamati, come quello che si ruppe quella notte, viaggiano ancora oggi liberi per le ferrovie europee. Inoltre i treni merci – anche quelli con materiale pericoloso a bordo – non hanno ancora l’obbligo di avere un dispositivo antisvio, che avvisi i macchinisti se il convoglio sta perdendo aderenza: se ci fosse stato a Viareggio il treno si sarebbe fermato prima di deragliare e la cisterna non si sarebbe mai rotta.
Anche la velocità non è stata ridotta, con in più una piccola beffa: in tutta Italia adesso il limite per il trasporto di materiali pericolosi è di 100 chilometri all’ora, mentre solo a Viareggio è stato ridotto a 50.

Il treno carico di gpl deragliato a pochi metri dalla stazione di Viareggio

La battaglia continua

“Quando chiudo gli occhi vedo ancora mia moglie, in piedi davanti alla nostra casa, la vedo con Lorenzo tra le braccia e vedo Luca che si sente sicuro nella macchina in cui l’ho posato, loro sapevano come rendere felici gli altri. Poi guardo Leonardo che è capace di renderli felici ancora adesso, allora so che io non mi arrenderò mai. Lo devo a loro e a me stesso” ha dichiarato Marco Piagentini dopo la sentenza della Cassazione.
La battaglia dei familiari andrà avanti e al loro fianco come sempre avranno tutta la città di Viareggio. Nel rispetto delle istituzioni come hanno sempre fatto continueranno a portare avanti la loro lotta: sono loro gli eroi che questo paese forse non si merita ma di cui ha disperatamente bisogno.

 

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