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“Mi sono perso nel bosco” il viaggio nel sogno di Alessandro Fiori

Dopo sei anni di silenzio il cantautore toscano ha pubblicato il suo nuovo album uscito per l’etichetta 42 Records

Un cavallo bianco irrompe in una tranquilla scena casalinga, è questa la copertina del nuovo disco di una delle personalità più creative e indecifrabili di tutto il panorama indipendente italiano degli ultimi vent’anni.

Stiamo parlando del cantautore toscano Alessandro Fiori che a sei anni dal precedente lavoro “Plancton” ha pubblicato il suo nuovo album solista “Mi sono perso nel bosco” uscito per l’etichetta 42Records.

“Mi sono perso nel bosco” è un disco d’amore. Amore in ogni sua forma e tempo, esplorato in ogni sua sfumatura e momento. Dodici canzoni, scritte per la maggior parte al pianoforte, che tratteggiano un microcosmo personale, raccontato con delicatezza e poesia.

Scritto e composto da Fiori (eccezion fatta per la canzone “Pigi Pigi”), il disco è anche il frutto di un lavoro collettivo.

Oltre ai produttori Giovanni Ferrario (PJ Harvey, Hugo Race, Rokia Traoré, Scisma…) e Alessandro “Asso” Stefana (Vinicio Capossela, PJ Harvey, Guano Padano, Mike Patton), tanti sono i musicisti che per la grande stima che hanno nei confronti di Alessandro hanno voluto collaborare alla realizzazione dell’album.

Da Brunori Sas a Levante, da Colapesce a Massimo Martellotta, e poi Dente, IOSONOUNCANE ed Enrico Gabrielli – con cui per anni Alessandro ha condiviso uno dei suoi progetti più luminosi, i Mariposa.

Ecco la nostra intervista

Ciao Alessandro! La prima cosa che mi ha colpito del tuo disco è la copertina, questa bellissima foto di un cavallo bianco che salta un tavolo. Un qualcosa di selvaggio che irrompe in una scena tranquilla, casalinga. Mi sono chiesta chi fosse questo cavallo, forse sei te?

Boh, che ne so, possibile. Se tu l’hai pensato senz’altro è così, o sono io, o sono delle mie aspirazioni o dei miei desideri, una parte di me. Questa è una foto bellissima di Hannes Wallrafen un fotografo olandese realizzata dei primissimi anni ’90 in cui ancora non esisteva Phoshop, scendo me eccezionale.

Il disco si intitola “Mi sono perso nel bosco”, per chi non lo sa tu vivi in un bosco, in una situazione forse po’ diversa dalla vita frenetica che facciamo tutti noi. Pensi che questo si rifletta nella tua musica?

Non lo so, ho delle perplessità su questo. Io credo che se anche fossi andato a vivere a New York il disco sarebbe venuto esattamente così, sono sincero. Per me il luogo dove abitiamo è quello che abbiamo dentro non quello che abbiamo fuori. Noi siamo qui perchè abbiamo fatto delle valutazioni io e mia moglie e pensavamo che fosse il posto ideale dove crescere dei bambini. Però per quanto riguarda la relazione con la creatività non credo che questo vada a influire molto, anche perchè è un disco tutt’altro che rilassante per certi versi. 

In effetti è un disco molto irrequieto, in cui ci sono tantissime domande e non sempre ci sono anche le risposte. Mi sembra che questo disco si chieda continuamente come funziona l’amore, ecco, mi sembra un tema presente in quasi tutte le canzoni (Buonanotte amore, Io e te, Amami meglio, Fermo accanto a te, L’appuntamento)

Mi conosci io non mi faccio tante domande, ho un modo di lavorare abbastanza istintivo. A guardare il disco da fuori più che farsi tante domande sull’amore, mi sembra che l’amore venga scelto come arma migliore per aprire delle porte, per scardinare qualcosa che non va, mi sembra la migliore soluzione che viene trovata per riuscire ad uscire dal bosco.

Il disco ha una genesi molto lunga, mi ricordo di aver ascoltato il pezzo “Una sera” proprio all’inizio del primo lockdown, tu l’hai pubblicato su Facebook regalandoci un capolavoro, una canzone che mi fece molto bene ascoltare in un momento non proprio facilissimo. Hanno partecipato a questo disco tanti tuoi amici, mi sembra quasi un abbraccio che ti hanno dato tutte queste persone, ti hanno “coccolato”

Ma infatti sì dai, la messa in onda della  canzone “Una sera” per voce e piano ai tempi del primo lockdown ha sortito un effetto di ricompattamento di una situazione che stava portando tutti a vivere nell’incertezza, una situazione in cui ognuno viveva nella sua casa, ci sentivamo tutti molto lontani all’improvviso. La canzone mi ha fatto riavvicinare alle persone ed è quello che è successo anche nel disco con la partecipazione di tutti questi musicisti eccezionali. E’ stato come rivendicare il piacere di vedere la scena come una squadra unita.

“Mi sono perso nel bosco” segna anche l’ingresso nell’etichetta 42 Records, come mai questa decisione? 

Con i ragazzi della 42 Records ci conoscevamo da tantissimi anni, Giacomo Fiorenza addirittura aveva mixato e masterizzato “Attento a me stesso” nel 2009. Con Emiliano Colasanti c’è una stima reciproca da un decennio. Diciamo che la sorte ha deciso che questo era il momento giusto per iniziare a fare qualcosa insieme.

Mi ha colpito molto il duetto con Levante che è davvero delizioso in “Fermo accanto a te”, mai però avrei immaginato di trovarla in un disco di Alessandro Fiori, com’è nata la vostra collaborazione?

Di tutti gli artisti che ci sono nel disco l’unica che non avevo avuto ancora il piacere di conoscere è proprio Claudia. Inizialmente quando ho scritto il pezzo, dentro di me mi sono sempre immaginato la voce della Bertè perchè ha un timbro che non dà proprio speranza alle avance della parte maschile nel dialogo. Poi questa cosa non è stata possibile, e allora il mio manager ha proposto di chiedere a Levante che ha amato il pezzo e l’ha cantato con piacere e soprattutto con un certo divertimento. Direi che l’esperimento è proprio riuscito.

Se tu dovessi definire questo disco con un aggettivo come lo definiresti?

E’ una domanda molto difficile, diciamo onirico, dato che inizia con l’uscita da un incubo e finisce con l’idea che la vita non è altro che un sogno dimenticato da un altro sogno che s’è svegliato di soprassalto perchè ha sognato troppo silenzio e si è spaventato”, prendendo come riferimento Calderòn de la Barca. Direi che uno che gli aggettivi che potrebbero descriverlo è proprio onirico.

Tu pensi a chi ascolterà la tua musica mentre componi?

Assolutamente sì, penso tanto a questa cosa. Quando sono al pianoforte a comporre penso già a una stanza piena di gente che mi ascolta. Guardo i fantasmi che ho intorno, gli guardo gli occhi. Se vedo che sono occhi innamorati sento che la canzone sta andando nella giusta direzione. Non so in realtà cos’è una canzone, io lavoro su più quello che è una comunicazione d’amore tra me e chi mi ascolta. In realtà non so mai com’è una canzone finchè questi fantasmi non si sono trasformati in persone vere e la ascoltano.

In un’intervista hai detto “Ho scritto questo disco per amare ed essere amato”, è riuscito questo tentativo? Penso di sì…

Assolutamente sì, io sono molto fortunato, ho avuto la fortuna di amare ed essere amato e soprattutto di avere con me una compagna meravigliosa come la Silvia che mi da veramente la libertà e l’energia per continuare a perseguire nel mio percorso d’arte.

Alessandro Fiori
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