Il 95% dei pazienti con demenza senile che partecipa ai programmi museali pensati per loro dichiara di sentirsi ascoltato e coinvolto e il 93% afferma quindi di voler tornare in museo, mentre il 90% dei musei aderenti all’iniziativa metteranno in campo nuovi programmi di accessibilitĂ . Sono alcuni dei principali risultati emersi dalla presentazione di “Take Part”, la prima ricerca sull’impatto delle esperienze museali nella vita delle persone con demenza, dei caregiver e dei musei stessi, promossa dal sistema Musei Toscani per l’Alzheimer, con il sostegno della Regione.
La ricerca su 123 persone con demenza
La ricerca ha coinvolto 123 persone con demenza, 137 caregiver (coloro che li assistono ogni giorno), 110 professionisti museali e 19 musei, di cui 18 in Toscana e uno nei Paesi Bassi.
Cristina Bucci, membro del coordinamento del sistema Musei Toscani per l’Alzheimer, ha spiegato che dalla ricerca emerge che “le persone con demenza amano moltissimo venire al museo, amano tornare nello stesso museo e in altri che propongono questo tipo di programmi. Gli piace perchĂ© si sentono liberi di potersi esprimere, si sentono ascoltati, coinvolti e la loro opinione viene presa in considerazione”.
La partecipazione ai programmi infatti è vissuta come un’occasione di crescita personale e riconoscimento della propria identità , con effetti positivi sull’autostima e sul benessere quotidiano. La dimensione relazionale emerge come centrale: cresce la sintonia con chi le accompagna e il senso di appartenenza al gruppo, passando dal piacere di incontrare nuove persone alla sicurezza di sentirsi parte di una comunità .

Gli effetti positivi sui caregiver
I programmi museali, aggiunge Bucci, “migliorano anche la relazione con la persona che si prende cura di loro”. Il 90% dei caregivers partecipanti riferisce di aver svolto attivitĂ significative e il 79% di aver scoperto nuovi modi di relazionarsi con le persone di cui si prendono cura. “Hanno imparato a rallentare – continua Bucci -, ad avere piĂą pazienza, a valorizzare il loro contributo, a fare domande aperte o chiuse per stimolare la conversazione, hanno imparato a usare l’arte per continuare a parlare con queste persone anche in un contesto domestico”.
I programmi favoriscono l’acquisizione di nuovi strumenti relazionali, migliorano la qualitĂ della relazione e contribuiscono a vivere la cura con maggiore serenitĂ
Infine sul fronte dei musei, Bucci spiega che dall’analisi emerge che “il 90%, dopo il programma Alzheimer, ha dato vita a nuovi programmi di accessibilitĂ , dedicati alle persone neurodivergenti e alle persone con disabilitĂ cognitiva”.Â