“Voglio tornare a Rondine, trasformarmi in una piccola mosca, che non dà fastidio, e capire come è possibile questo miracolo, spezzare la catena dell’odio. Voglio capire tutte le fasi di questo processo di pace, del Metodo Rondine. Ha qualcosa di miracoloso. Io non sono credente, ma come tutte le cose difficili da spiegare, è una cosa sorprendente. Questi due anni di vita e di trasformazione dell’odio in speranza, vorrei seguire passo passo questi due anni di vita dei giovani e di trasformazione qua dentro, essere in contatto con le proprie emozioni, viverle con gli altri, condividere la rabbia e l’odio, se si sono provati. Cosa comprensibile. Condividere, superare e trasformare tutto questo. Una trasformazione che per me è un mistero e un dato di fatto: a Rondine la pace è viva”.
La regista e attrice Paola Cortellesi ha incontrato per la prima volta i giovani di Rondine Cittadella della Pace che si impegnano ogni giorno per trasformare creativamente i propri conflitti. Nella cornice del festival internazionale del conflitto, YouTopic Fest 2025, in programma fino all’8 giugno, il suo intervento ha toccato in particolare due temi: l’impegno nel contrasto e prevenzione alla violenza di genere e una necessaria educazione all’affettività, e la dinamica del “nemico” che risuona nelle relazioni malate tra uomo e donna, e tra giovani che provengono da Paesi in guerra tra loro. Due fronti apparentemente distinti, ma che in Rondine si toccano, si ascoltano e si trasformano.
La dinamica del nemico: quando l’odio si annida nella relazione
«La relazione tra uomo e donna può diventare terreno di conflitto se non educata all’ascolto e al rispetto», ha detto Cortellesi, richiamando il bisogno urgente di un’educazione all’affettività che rompa gli schemi culturali tossici e stereotipati. «Quella dinamica del ‘nemico’ che si riproduce tra popoli in guerra è la stessa che spesso si insinua nelle relazioni malate: il controllo, il possesso, l’odio che si traveste da amore».
Un’analisi lucida, che parte dalla sua esperienza artistica — basti pensare al film C’è ancora domani, potente denuncia contro la violenza domestica — e che trova in Rondine un sorprendente specchio: lì, il nemico ha un volto, ha una storia, ha emozioni. E riconoscerlo, abitarlo, condividerne la rabbia e l’odio, è il primo passo per disarmarlo.
L’ironia che scardina i muri
Accanto alla denuncia, però, c’è uno strumento sottile e potente che Cortellesi conosce bene: l’ironia. Quella che fa ridere e pensare, che scava senza urlare, che fa breccia anche dove il dolore è troppo forte per essere affrontato frontalmente. «L’ironia non banalizza. L’ironia illumina. È un linguaggio che apre, che avvicina, che umanizza anche chi pensiamo distante o sbagliato», ha detto l’attrice.
A Rondine, l’ironia è parte della convivenza. È quella risata che spezza la tensione, è la leggerezza che fa spazio alla comprensione. È anche un modo per dire: non sei solo nei tuoi conflitti.
Una pace viva e possibile
Il messaggio che emerge da questo incontro è chiaro: la pace non è un concetto astratto, ma una pratica quotidiana. Che passa dal linguaggio, dalle relazioni, dalla capacità di restare nelle emozioni senza esserne travolti. Paola Cortellesi ha espresso il desiderio di seguire “passo dopo passo” il percorso dei giovani di Rondine, per capire come «l’odio può essere trasformato in speranza».
In un tempo segnato da polarizzazioni violente, guerre visibili e invisibili, e da una crisi profonda delle relazioni — anche intime —, la testimonianza dell’artista romana acquista un peso ancora più forte. Perché racconta che il conflitto può essere abitato, che il nemico può diventare umano, che l’ironia può rompere il silenzio e che, forse, la pace è davvero un’arte. E, come tutte le arti, ha bisogno di essere coltivata.