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L’1% degli italiani più ricchi paga meno tasse degli altri: lo studio della Sant’Anna

La ricerca congiunta con l’Università di Milano Bicocca svela che le disuguaglianze su reddito e fisco sono in aumento: il 50% più povero degli italiani vive con meno di 13mila euro all’anno

Volontariato alla mensa per i poveri

Un’Italia dove i poveri guadagnano sempre di meno, i ricchi sempre di più e pagano anche meno tasse. È questa la fotografia sulle disuguaglianze dei redditi italiani scattata dallo studio congiunto della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Università di Milano – Bicocca, che mostra come l’1% più ricco degli italiani in proporzione paghi meno tasse rispetto al restante 99% dei contribuenti. Il 5% degli italiani più abbienti infatti paga un’aliquota effettiva che è inferiore a quella del 95% dei contribuenti.
Inoltre sono i lavoratori dipendenti a pagare più tasse, seguiti dai lavoratori autonomi e dai pensionati, mentre a pagare di meno è chi percepisce soprattutto rendite finanziarie e locazioni immobiliari.

La metà più povera degli italiani vive con 13mila euro all’anno

“Questo lavoro – spiega uno degli autori dello studio e ricercatore della Sant’Anna, Demetrio Guzzardicombina diverse fonti di dati, quali dichiarazioni dei redditi, indagini campionarie di Istat e Banca d’Italia, stime sulla distribuzione del patrimonio netto, per distribuire a livello individuale l’intero ‘reddito nazionale netto’, corretto per l’evasione fiscale. Così è stato possibile identificare le fasce di reddito che hanno perso di più negli ultimi anni”.

Ricercatrici e ricercatori hanno infatti stimato che dal 2004 al 2015, mentre il reddito nazionale reale si riduceva del 15%, il 50% più povero degli italiani subiva la maggiore perdita con un calo di circa il 30%. Questa metà più povera di popolazione vive con meno di 13mila euro all’anno e detiene meno del 17% del reddito nazionale.
Tra i meno abbienti ad essere più colpiti sono giovani tra i 18 e i 35 anni, che hanno perso circa il 42% del loro reddito. Cattive notizie anche per le donne, che guadagnano meno degli uomini in ogni classe di reddito ma soprattutto nell’1% più ricco della distribuzione, dove il reddito femminile è circa la metà di quello maschile.

L’1% più ricco detiene il 12% del reddito nazionale: 310mila euro all’anno

Invece, sottolinea Elisa Palagi, autrice dello studio e ricercatrice della Sant’Anna “l’1% più ricco del Paese detiene circa il 12% del reddito nazionale, cioè una media di 310 mila euro all’anno, ottenuti soprattutto da redditi finanziari, profitti societari e redditi da lavoro autonomo, in gran parte derivante dal ruolo di amministratori societari. Solo una ridottissima parte dei redditi dei più ricchi è ottenuta grazie ai redditi da lavoro dipendente”. In particolare, i 5mila italiani che compongono lo 0,1% più ricco del Paese detengono il 4,5% del reddito nazionale con entrate medie superiori al milione di euro all’anno: una cifra che potrebbe essere raggiunta dal 50% più povero soltanto risparmiando l’intero reddito per 76 anni.

La concentrazione dei redditi nelle mani dei più ricchi in Italia è simile a quella della Francia, una situazione ancora lontana dall’estrema concentrazione che si osserva ad esempio negli Stati Uniti ma a preoccupare i ricercatori è il trend in diminuzione della quota di reddito detenuta dalle fasce di reddito meno abbient: insomma il fatto che i poveri lo stanno diventando sempre più. “A differenza della situazione in Francia, dove le fasce più deboli hanno visto un modesto aumento della loro quota di redditoin Italia si osserva l’opposto, con le fasce più povere che diventano sempre più svantaggiatecommenta Alessandro Santoro, autore dello studio e pro-rettore al Bilancio dell’Università di Milano 

In conclusione, secondo i suoi autori lo studio mette in luce “la necessità di avviare una profonda e seria discussione sullo stato attuale del sistema fiscale italiano. L’evidenza di una regressività che favorisce solo le fasce di reddito più elevate sottolinea l’urgenza di riforme mirate che non penalizzino i redditi più bassi, ma mirino a correggere gli squilibri presenti riducendo le disuguaglianze e promuovendo una distribuzione del carico fiscale in modo proporzionato.”

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