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La storia di Lady Florence Phillips: gioielli preziosi in cambio di opere d’arte

In mostra al Santa Maria della Scala di Siena fino a gennaio 2021 le opere della straordinaria collezionista che ha fondato a Johannesburg l'Art Gallery il più importante museo africano

Peggy Gugghenheim, Anna Maria Luisa de’ Medici, Lady Florence Phillips: cosa lega queste tre donne? L’amore per l’arte certamente, ma anche qualcos’altro, una visione, la capacità cioè di immaginare il futuro come avrebbero voluto che fosse. Tutte e tre sono state in luoghi ed epoche diverse grandi collezioniste d’arte. Ma sono state soprattutto donne generose, che non hanno cioè messo al primo posto il proprio tornaconto personale, ma hanno dedicato la propria vita agli altri, anche a coloro che non erano ancora nati e che avrebbero potuto godere delle opere da loro raccolte anche molti anni dopo la loro scomparsa.
Se la celebre americana di cui si conserva a Venezia la collezione e l’Elettrice Palatina fondatrice degli Uffizi sono note al grande pubblico, lo è sicuramente meno Lady Florence Phillips fondatrice nel 1910 della Art Gallery di Johannesburg, il principale museo d’arte del continente africano. Una grande mostra ospitata a Siena fino a gennaio 2021 nel complesso museale del Santa Maria della Scala ne ripercorre la storia e ne mette in evidenza l’importanza.

Chi era Lady Florence Phillips?

Lady Florence Phillips è nata a Cape Town il 14 giugno 1863. Nel 1885 si sposa con un magnate inglese Lionel Phillips che aveva interessi economici in Sudafrica figlio di mercanti della lower middle-class londinese, e con lui si trasferisce a Johannesburg. Nel 1892 Lionel era stato eletto presidente della Chamber of Mines, acquistando sempre più potere e perseguendo interessi politici che sfoceranno nel coinvolgimento personale nel “Jameson Raid”, il fallimentare tentativo britannico di sovvertire il governo sudafricano. Consegnatosi alla giustizia per chiedere la grazia, Phillips venne invece condannato a morte, ma dopo sei mesi di prigionia venne liberato e costretto all’esilio in Inghilterra. Florence, che fino ad allora aveva viaggiato molto, torna in quell’occasione accanto al marito e lo segue a Londra. È in questo periodo che Florence comincia ad appassionarsi all’arte, prima timidamente, poi con sempre maggior convinzione, cominciando a maturare l’idea che l’arte possa farsi strumento di aiuto sociale, in particolare per le fasce di popolazione più bisognose. Tornata a Johannesburg nel 1906, comincia a dare corpo al suo sogno di realizzare qualcosa di importante per il Sudafrica.

Il commento della curatrice della mostra Simona Bartolena

Le opere in mostra a Siena

La mostra comincia il proprio percorso espositivo con la sezione dedicata all’Ottocento inglese, con opere del protagonista del romanticismo britannico Joseph Mallord William Turner, dei Preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti e John Everett Millais e di Sir Lawrence Alma-Tadema.
Un nucleo di opere francesi della seconda metà dell’Ottocento sono le protagoniste della sezione successiva: in esposizione la veduta delle falesie normanne di Étretat di Gustave Courbet e opere di François Millet e Henri-Joseph Harpignie.
Il percorso prosegue con la straordinaria novità del linguaggio impressionista delle opere di Monet, Sisley, Degas e Guillaumin e con alcuni protagonisti della scena postimpressionista. Notevole spazio ha in mostra il ‘pointillisme’ grazie alla presenza di due capolavori di Paul Signac, un paesaggio di Lucien Pissarro e un importante lavoro di Henri Le Sidaner.
Segnano, invece, il passaggio al XX secolo i disegni di due grandi scultori: Auguste Rodin e Aristide Maillol. In mostra, al rigore di André Derain fanno da contrappunto l’approccio già avanguardista di Ossip Zadkine e l’inconfondibile eleganza del segno di Amedeo Modigliani e dello sguardo di Henri Matisse. Quattro grafiche e una significativa Testa di Arlecchino a pastello raccontano la ricerca di Pablo Picasso.
La collezione storica dedicata al secondo Novecento è testimoniata da un tormentato ritratto maschile di Francis Bacon, un intenso carboncino di Henry Moore, e due capolavori pop di Roy Lichtenstein e Andy Warhol.
L’ultima sezione della mostra è dedicata all’arte africana e si chiude con tre splendide opere di William Kentridge, il più noto rappresentante dell’arte sudafricana nel mondo contemporaneo.

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