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Il mondiale dei diritti negati

Il gesto dei calciatori tedeschi, la Federazione danese che minaccia di uscire dalla Fifa: così l’evento in Qatar porta sotto gli occhi del mondo censure e avidità di un sistema malato

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Il mondiale di plastica si trascina in avanti verso uno strano inverno mettendoci davanti a strane visioni fatte di gol, di sorprese, di polemiche, di gesti coraggiosi, scelte vigliacche, immagini censurate, personaggi discutibili, sensazioni di un torneo fake che però racconta la triste verità del calcio del millennio: segui i soldi, il pallone abita lì. Tutto il resto non conta.

Sotto accusa i diritti negati in Qatar: quelli delle donne, dei lavoratori (6700 morti durante la costruzione degli stadi), della comunità Lgbtq. Della libertà di espressione, anche. Dei diritti umani, per riassumere il triste concetto. Niente di nuovo, per la verità, dal punto divista geopolitico. Se non altro adesso tutto il mondo è a conoscenza di questa preistoria dai rubinetti d’oro. Da sempre il business mondiale delle armi segue il vento anche in quella direzione. Per dirne una.

Il problema o la fortuna è che oggi se la tv qatariota taglia le immagini della squadra tedesca pronta a fare la foto ufficiale con tutti giocatori con la mano davanti alla bocca per far capire che avrebbero voluto parlare ma le loro parole non sarebbero state ben accette dalla Fifa, oggi esistono migliaia di smartphone pronti a lanciare quella immagine intorno al pianeta terra in tempo reale. Le notizie vere di questo mondiale sono queste. Oltre ai gol, che però, per molti tifosi, sono un intervallo tra la fine del primo tempo dei campionati nazionali e l’inizio del secondo.

Anche il fuori stagione fa la sua parte nel sedare un bel po’ le emozioni. E di sicuro, tra qualche sconfitta eccellente, i tormenti di Messi, la fine di un’era calcistica (Ronaldo, Neymar e lo stesso Messi a fine corsa), la censura di quelle due parole (One love) e di quella fascia arcobaleno, resta un vero affronto all’umanità. Che gli sceicchi non se ne facciano un problema è facile capirlo. Loro hanno petrolio e soldi, l’occidente continuerà sempre a fare affari. E’ la Fifa che sta facendo una figura abbastanza meschina.

Cinismo padrone di un mondo, quello del calcio, pronto a venire a patti col diavolo

Il governo del calcio mondiale gira la testa dall’altra parte, perché poi certe reazioni erano prevedibili, anche se il fatto che la Danimarca abbia minacciato di uscire dalla stessa Fifa e la Federazione tedesca abbia scritto in un comunicato che “I diritti umani non sono negoziabili” sono pietre scagliate con forza contro un sistema da sempre intoccabile, almeno fino a quando Blatter, l’ex potentissimo numero uno, non è finito sotto inchiesta, insieme ad altri dirigenti, per corruzione. Ma se oggi la parola sportwashing racconta benissimo il metodo usato da certi paesi dove la democrazia non ha diritto esistere per ripulirsi l’immagine attraverso eventi sportivi, va anche detto che la Fifa non è certo nuova a scelte decisamente discutibili. Il caso più clamoroso appartiene a un tempo ormai lontano: non esistevano i social e determinate scelte non erano dettate solo dall’avidità cash flow, ma anche dai voti che servivano al predecessore di Blatter, il brasiliano Joao Havelange, per restare saldo sulla sua poltrona.

Il mundial ’78 di terra argentina fu una vera sfida al mondo: la dittatura del generale Videla, quella dei desaparecidos, dei dissidenti legati e lanciati in mare dagli elicotteri, degli studenti torturati e uccisi nella caserma sistemata a cinquecento metri dallo stadio dove la nazionale argentina giocava la finale contro la più bella Olanda di sempre, spiega benissimo di come il cinismo sia sempre stato il vero padrone di un mondo, quello del calcio, pronto a venire a patti col diavolo. Basta mettersi d’accordo, Insomma.

Certo, il calcio non è solo questo, oggi le dittature militari sono state spesso sostituite da demofake, da autocrazie figlie di elezioni spesso manipolate. Ed è vero che il pallone è anche quella cosa che smuove il cuore e le gambe dei bambini sui campetti, le emozioni di tifosi pronti a dare tempo e sentimento alla maglia che amano da sempre.

La bella notizia, paradossalmente, è che questi mondiali mettono sotto gli occhi del mondo tutte le contraddizioni di un pianeta malato di avidità, quello di cui la passione dei tifosi e il coraggio di molti calciatori mostrano il lato migliore.

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