OPINIONE/

In morte di un rider: Firenze piange Sebastian, moderno commesso viaggiatore

Ennesima vittima di un lavoro ormai fuori controllo, privo delle tutele necessarie. L’indignazione della Toscana, ma i lavoratori attendono una legge nazionale e un contratto collettivo

Riders - © Shutterstock-MikeDotta

Sfrecciano su biciclette e in scooter sulle strade buie, fredde, bagnate o assolate delle nostre città, con cubi colorati a tracolla. Sospinti e (soprattutto) rincorsi da un algoritmo che ne misura distanze, efficacia e tempi di consegna come in una virtuale catena di montaggio del consumo, post-tayloristica.

Sono i riders, il nuovo proletariato della società del “metaverso”, nativi o migranti digitali, ingranaggi anonimi di colossi, piattaforme e app spesso transnazionali, ma di fatto lavoratori a cottimo tremendamente ancorati all’asfalto reale di un mondo distante che li priva di diritti, tutele, protezioni e libertà. Precari e sottopagati, senza malattia e cassa integrazione.

Corrono per consegnarci, nei nostri comodi appartamenti metropolitani, pasti, pizze, alimenti esotici e non solo. Corrono e muoiono. Come Sebastian, in una notte fiorentina, travolto e ucciso da un fuoristrada mentre stava effettuando una consegna. Un ragazzo di soli 26 anni, che lavorava sia nel delivery, sia come grafico per mantenersi negli studi senza gravare sulla famiglia.

Ora è il momento dell’indignazione, della commozione, della protesta. Ma non è più sufficiente: serve una legge nazionale a tutela di questa specifica categoria lavorativa. La Toscana ha fatto qualcosa nel recente passato, con alcuni provvedimenti legislativi approvati in consiglio regionale, ma quello del delivery è un settore che va adeguatamente normato con un contratto collettivo nazionale, misure ad hoc, protocolli di intesa, diritti e garanzie.

Ci troviamo di fronte ad un’attività esplosa nella fase pandemica, dai grandi margini economici, con clienti abituati a pagare di più per la comodità di un servizio tutto giocato sulla velocità e ristoratori sottoposti, dalle piattaforme, a percentuali e oneri non irrilevanti per ampliare il proprio raggio di azione e vendita.

Abbiamo solo un modo per fare pressione ed esprimere il nostro appoggio: non utilizzare questo tipo di servizio, pur legale e legittimo. Una forma di protesta immediata, in attesa di una svolta.

La morte di Sebastian porta con sé un fortissimo senso di ingiustizia, è un urlo che mostra in modo lampante tutte le contraddizioni di una società post-moderna in cui si sono radicalizzate negli ultimi anni alcune delle tendenze più oscure del capitalismo contemporaneo: outsourcing, fuga dai diritti, frammentazione dei lavoratori, precariato rivestito di apparente e luccicante flessibilità.

È il grido di una categoria che nei mesi difficili del lockdown è stata “scoperta”, ritenuta essenziale, elogiata e rapidamente dimenticata.

Forse nel nostro piccolo, ora, abbiamo solo un modo per fare pressione ed esprimere concretamente il nostro appoggio e la nostra solidarietà: non utilizzare questo tipo di servizio, pur legale e legittimo. Una forma di obiezione civica, di coscienza, di astensione al consumo e di protesta immediata, in attesa di una svolta che appare ormai improcrastinabile.

I più popolari su intoscana