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L’incendio di Massarosa: siamo noi il nemico che distrugge la sua unica casa

Quasi 900 ettari devastati, mille sfollati, case distrutte: solo lo sforzo eroico dei vigili del fuoco ha contenuto i danni del rogo che brucia da lunedì sera: stimati 50 anni per ripristinare il territorio. Dobbiamo cambiare tutto se non vogliamo che questa sia la nuova normalità dei nostri figli

L’incendio di Massarosa

Si chiama Bozzano: due zeta, nessuna elle. Vicino Viareggio, anzi: tra Viareggio e Lucca. Nell’interno, né Versilia né Lucchesia, comune di Massarosa, una manciata di frazioni adagiate tra il lago di Massaciuccoli e le colline. Le nostre colline verdissime, di bosco e oliveti, da cui luccica il mare.
Quante volte nei vent’anni che ho trascorso lontana dal mio paese ne ho ripetuto le coordinate, cercando spesso invano di far capire da dove venivo, ci ho persino scritto un romanzo sopra e invece da oggi basterà dire: ti ricordi l’incendio del 2022?

Sì perché il devastante rogo scoppiato la sera del 19 luglio è partito proprio da Bozzano, dalla zona tra Colle e Chiatri, dove c’è una piccola sorgente, il Cospitone, e da lì è andato a divorare al momento quasi 900 ettari, ha lambito diversi paesi, si è esteso ai comuni di Camaiore e Lucca distruggendo almeno una decina di case, costringendo mille persone ad abbandonare la propria abitazione. E ancora brucia.

Gli eroi a difesa delle frazioni di Massarosa

Tre giorni dopo le fiamme sono finalmente sotto controllo, con il fronte del fuoco fermo a Valpromaro e Fibbialla e la speranza che questa sarà finalmente la giornata che porrà fine all’incubo.
Ma intanto i canadair e gli elicotteri della flotta regionale volano ancora e non c’è riposo neppure per i vigili del fuoco e gli operatori dell’antincendio boschivo regionale: quasi quattrocento eroi che lavorano senza sosta da 63 ore e ieri notte hanno compiuto l’ennesimo miracolo, salvando Gualdo, il borgo dove riposano i miei nonni che nella serata di ieri sembrava destinato a bruciare. L’hanno difeso strenuamente, da terra perché la notte i mezzi non si possono alzare e all’alba sono riusciti a far indietreggiare le fiamme. La notte prima non era stato così fortunato Montigiano, il paese sul colle accanto che è stato danneggiato dal fuoco, così come Pieve a Elici, dove gli sforzi si sono concentrati per proteggere la pieve romanica, la più bella e antica della Versilia.

È stata sin dall’inizio una battaglia contro il vento: prima il maestrale che ha fatto camminare il rogo verso est, senza sosta, e poi il grecale che martedì notte ha fatto di nuovo prendere vigore alle fiamme. Finalmente ieri notte il vento è calato e l’umidità, nonostante la terribile siccità che stiamo vivendo, è risalita, aiutando finalmente a circoscrivere il perimetro dell’incendio.
E ora, mentre il sole è ancora oscurato e la nube di cenere ha invaso mezza Toscana, arrivando a intossicare persino l’aria di Prato e Firenze, si avvicina il momento di fare la conta dei danni.

50 anni per ripristinare il territorio

Sulla piazza di Massarosa, dove hanno allestito il campo accoglienza per gli sfollati, ci siamo tutti, anche quelli che abitano da un’altra parte come me. Siamo appesi alle chat degli amici e dei parenti che inviano foto e vocali, agli aggiornamenti ufficiali e ufficiosi: siamo in lacrime di fronte alle immagini della devastazione, degli antichi uliveti ridotti a cenere, delle amate colline dell’infanzia calve e ustionate, delle case annerite dal fuoco e di quelle salvate dagli stessi abitanti con la forza della disperazione, in mano solo la canna per annaffiare l’orto e la vanga per tenere a bada le fiamme gettandoci sopra la terra, come avevano fatto i nostri nonni prima di noi.

Ma non c’è mai stato un incendio così in Versilia a memoria d’uomo. E forse quando avremo contezza di quanto terreno è andato perduto il bilancio definitivo supererà quello del rogo del 2019 sul Monte Serra. Secondo Confagricoltura serviranno 50 anni e 10 milioni di euro per tornare alla normalità: mia figlia sarà più vecchia di come sono io adesso prima di poter rivedere verdi le nostre colline.
E chissà cos’altro sarà successo nel frattempo.

La nostra casa è davvero in fiamme

Niente di buono, se non invertiremo la rotta il più velocemente possibile. Se anche nel nostro piccolo non faremo tutto il possibile per prenderci cura del pianeta, a cominciare dal gestire i boschi e la macchia mediterranea che ci circonda, dal mettere in piedi un nuovo sistema pubblico di manutenzione e prevenzione.
L’incendio a Bozzano ha avuto più punti di insorgenza e questo significa che è quasi certamente doloso, oltretutto appiccato in un punto molto difficile da raggiungere dalle squadre di spegnimento, e questo è il male di cui qualcuno dovrà rispondere, in cielo e in terra. Ma sarebbe corso altrettanto voracemente se i terreni fossero stati più curati? Se non ci fosse la terribile siccità e le ondate di calore che hanno seccato la vegetazione e disidratato il terreno, causate dai cambiamenti climatici? Se gli stessi vigili del fuoco non fossero allo stremo di personale, dopo anni di definanziamento, come ha denunciato ieri la Fp Cgil?

Nell’estate del 1944 i nazisti in guerra su questi stessi colli contro i partigiani appiccarono il fuoco a Montigiano, per colpire la Resistenza e la popolazione che la stava aiutando: e la gente di Gualdo sfollata per precauzione vide il paese accanto bruciare come una torcia tutta la notte.
Oggi il nemico siamo noi, che distruggiamo da soli l’unica casa che abbiamo e continuiamo ad affrontare questi eventi catastrofici, che ci colpiscono sempre più da vicino, come emergenze, e non come un crescente e preoccupante trend contro cui è vitale equipaggiarsi.
Dobbiamo cambiare tutto, se vogliamo che questa non sia la nuova normalità per i nostri figli.

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