Cultura /

Pini a Rondine: “Il dissenso è il sale della democrazia. Solo il conflitto uccide la violenza”

L’intervista a cuore aperto davanti ai giovani “nemici”della Cittadella della Pace e al pubblico di YouTopic Fest 2025. La direttrice del Gruppo QN e neo presidente di Longanesi ne “L’Angolo del Conflitto” ha condiviso il suo punto di vista su informazione, società, politica e relazioni. Spazio anche al suo ultimo romanzo: “La verità è un fuoco” per Garzanti.

“Va difeso il pensiero divergente, non messo a tacere. Se non lo tolleri, ma lo reprimi rinunci alla libertà, non al crimine. Così si rischia di precipitare nel senso comune, che è il livellamento e appiattimento di ogni spirito critico. Ed è così che si costruisce l’autoritarismo. La democrazia per esistere ha bisogno di libertà, informazione, responsabilità, relazione e diversità. Il senso comune può sembrare rassicurante, perché è pieno di certezze, ma se si fosse imposto il senso comune in questi ultimi 28 anni, il pensiero unilaterale, Rondine Cittadella della Pace oggi non esisterebbe. E tutti avremmo perso una spazio e un esempio di libertà, convivenza nelle differenze e conflitto vitale” 

C’è un filo incandescente che attraversa le parole di Agnese Pini, direttrice del Gruppo QN, intervenuta a Rondine Cittadella della Pace in occasione dello YouTopic Fest. È il filo del conflitto, personale e collettivo, che anziché essere negato, va abitato. Solo così, dice, si può evitare che diventi violenza. Solo così il giornalismo, e con esso la democrazia, possono tornare a essere strumenti di coscienza critica.

L’11 settembre 2001, la scoperta del potere delle parole

Tutto comincia a 16 anni. Pini, racconta, non leggeva giornali, poi arriva l’11 settembre con gli attentati terroristici alle Torri Gemelle. Per capire cosa stesse succedendo, si ritrova con in mano il Corriere della Sera, diretto allora da De Bortoli. E lì, nello spazio pubblico dell’informazione, incontra due voci forti e opposte: Oriana Fallaci e Tiziano Terzani. La prima firma un editoriale infuocato, che diventerà La rabbia e l’orgoglio. Il secondo, con la stessa forza stilistica, scrive contro. «Entrambi mi affascinarono: scrivevano così bene che per un attimo avevano ragione tutti e due. È così che ho scelto di fare la giornalista. Ho capito che le parole hanno un potere pazzesco. Pericoloso, anche. Ma sono uno strumento per costruire coscienza».

Contro il senso comune, in difesa del dissenso

Oggi Agnese Pini difende senza esitazioni il ruolo del dissenso nella democrazia. «Il senso comune non è il buonsenso: è il suo contrario. È appiattimento, livellamento, è assenza di spirito critico. Lì nasce l’autoritarismo». Il riferimento è anche all’uso pericoloso delle piattaforme digitali — «i social non informano, comunicano» — e alla figura di Elon Musk, che cita in modo diretto: «Quando dice che l’immigrazione non va bene perché “lo dice il senso comune”, non ci sta informando. Sta costruendo consenso sull’emozione più primitiva: la paura».

Il giornalismo come esercizio etico

Per Pini, fare informazione è un mestiere profondamente morale. Chi sceglie di fare il giornalista spesso lo fa perché ha paura di tutto e ha bisogno di gestire quella paura. Raccontare è un modo per esorcizzare». E aggiunge: «Il nostro lavoro non è raccontare belle notizie, ma dire la verità. È un patto di speranza con i lettori: non che ci riusciremo sempre, ma ci proveremo».

In un contesto in cui la democrazia viene svuotata di risorse — «scuola, sanità, cultura, informazione costano, eppure sono il DNA della democrazia» — il giornalismo resta una delle poche barriere etiche ancora attive. Ma va alimentato con coraggio, dignità, onestà e senso critico:

Il coraggio è un muscolo etico. Va allenato ogni giorno

La verità è un fuoco. E brucia

Ma il conflitto non è solo nella società: è anche dentro di noi. Agnese Pini lo racconta nel suo nuovo libro, La verità è un fuoco (Garzanti) nato da una ferita personale profonda. A 13 anni scopre, sfogliando un album di famiglia, che suo padre era stato un prete. Nessuno glielo aveva mai detto. «Provai vergogna. Non volevo essere la figlia di un ex prete. Volevo essere uguale agli altri. Ero piena di rabbia».

La scena del confronto con la madre e poi con il padre diventa rivelazione: «Con quella domanda – “Lo sapevi che papà era stato un prete?” – ho affrontato il primo grande conflitto della mia vita. E lì, davanti al dolore di mio padre, che si spezzava in volto,

ho capito cos’è la verità: qualcosa che ti si imprime addosso, che brucia. Mio padre era per la prima volta fragile ai miei occhi: ho visto tutto il suo dolore, il suo conflitto interiore. In quel momento passò tutta la rabbia. Perché quel suo dolore fu anche il mio. Ci ho messo 30 anni poi a raccontarlo. Quel viso di padre, di prete, divenne il viso di un essere umano

Il conflitto non si nega: si attraversa (ma accompagnati)

La lezione è semplice quanto potente: il conflitto non va evitato, ma attraversato con consapevolezza. E non da soli. «Dante all’inferno ci va con Virgilio. Non ci va da solo. Anche noi, nei nostri conflitti, dobbiamo farci accompagnare. Il rischio, se affrontato in solitudine, è quello di cadere nel buio e non uscirne».

Una democrazia “costosissima” ma necessaria

Alla base di tutto, Pini mette una convinzione lucida: «La democrazia è costosissima. Scuola, sanità, cultura, informazione Ma vale ogni sforzo. È l’unico sistema che può trasformare cittadini in esseri coscienti e liberi».

Conclusione: restare dentro per cambiare

Come fece San Francesco, dice Pini, non dobbiamo restare ai margini del sistema, ma entrarci consapevoli degli sforzi necessari. «Se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo viverle, attraversarle. È questo che fa la differenza: non stare contro, ma stare dentro».

Perché la verità, se autentica, non solo illumina: brucia. Ma è proprio lì che inizia la speranza.

I più popolari su intoscana