Rossella Casini ha poco piú di vent’anni, è di Firenze, ha un padre e una madre affettuosi che non le fanno mancare nulla. La sua è un’esistenza tranquilla, anche se siamo nell’Italia del ’77, le piazze sono animate dalle contestazioni politiche.
Un giorno all’Università conosce Francesco uno studente calabrese fuori sede e si innamorano l’una dell’altro.
Trascorsi i primi mesi spensierati, Rossella scopre che la famiglia di Francesco è legata a una potente ‘ndrina della Piana di Gioia Tauro. Durante una vacanza a Palmi assiste allo scoppio di una faida: il padre del suo fidanzato Domenico Frisina viene assassinato da due killer appartenenti a un clan rivale.
Rossella sceglie di non scappare, almeno non senza Francesco. È convinta che il loro amore sia cosí potente da fermare la mattanza.
Qualche mese più tardi, il 9 dicembre 1979, anche Francesco viene ferito alla testa, riportando lesioni cerebrali durante una spedizione punitiva contro Francesco Condello, membro della ‘ndrina rivale.
Viene subito ricoverato all’ospedale di Reggio Calabria. Rossella, che era in viaggio verso Firenze quel giorno, torna a Palmi e riesce a far trasferire il fidanzato al reparto neurochirurgico dell’ospedale Careggi di Firenze.
Rossella, con l’aiuto di un giovane brigadiere di Polizia, riesce a convincere Francesco a collaborare con la giustizia e raccontare dettagli sulla faida in corso a Palmi.
Il 22 febbraio 1981 Rossella Casini sparisce misteriosamente dopo aver annunciato il rientro a casa. Nessuno la rivedrà piú, il suo corpo non sarà mai più ritrovato, è riconosciuta dallo Stato come vittima di ‘ndrangheta.
Roberto Saviano in “L’amore mio non muore” ha deciso di raccontare la sua storia, un’avventura umana straziante, piena d’amore, di violenza e di coraggio.
Lo scrittore presenterà il libro a Villa Bardini a Firenze sabato 7 alle ore 17, all’interno della manifestazione “La città dei lettori”.

Ecco la nostra intervista a Roberto Saviano
Cosa ti ha colpito della storia di Rossella Casini tanto da dedicarle un libro, cos’ha la sua storia in più di altre storie di mafia?
La storia di Rossella non è totalmente ascrivibile a una storia di mafia. Cerco di spiegarmi meglio: mentre indagavo su un delitto di mafia, mi sono trovato a indagare su un amore. Il focus si è spostato dal delitto a una pratica d’amore, che per me ha il sapore della rivoluzione.
mentre indagavo su un delitto di mafia, mi sono trovato a indagare su un amore. Il focus si è spostato dal delitto a una pratica d’amore, che ha il sapore della rivoluzione
Quando il padre di Francesco viene ucciso dalla mafia, Rossella si trova davanti a un bivio. Io forse sarei scappata, sarei tornata a Firenze. Rossella invece rimane in Calabria, denuncia, lotta. Cosa c’è dietro questa scelta, che idea ti sei fatto su questa ragazza che aveva appena 24 anni?
Rossella era una donna libera, e in questa dinamica di libertà ha declinato il suo amore per Francesco. Rossella è rimasta, non è tornata a Firenze non perché non avesse paura, ma perché credeva davvero che il suo amore avrebbe potuto salvare Francesco. Anzi credeva che il suo amore avrebbe potuto fermare una faida.
Anche amare, anche l’amore, può essere un atto politico?
In determinati contesti e in determinate condizioni, assolutamente sì.
La storia di Rossella è terribile, anche per il silenzio assordante che è calato dopo la sua morte, addirittura di lei esiste una sola foto recuperata del libretto universitario. Fa paura tutto questo silenzio. Cosa ne pensi?
Questo silenzio ci dice tanto di noi, del modo che abbiamo di approcciare le notizie. Dopo la morte di Rossella, la famiglia ha deciso che probabilmente la cosa migliore da fare sarebbe stata quella di lasciare che Rossella non entrasse il tritacarne mediatico. La sua vicenda, il suo coraggio, il suo amore per il rampollo di una famiglia criminale non sarebbero stati compresi. Rossella sarebbe stata considerata compromessa. Quanti morti innocenti abbiamo dovuto strappare alla velocità del giudizio superficiale? È un silenzio che punta il dito su di noi. È un silenzio sul quale dobbiamo seriamente interrogarci.
Siate liberi nell’amore. Non esiste calcolo, non esistono confini. L’amore sopravvive
Ti faccio una domanda un po’ dura: a cos’è servito il sacrificio di Rossella?
Potrei dire che il sacrificio di Rossella non è servito a niente. Potrei dire che sarebbe stata, per chi le ha voluto bene, una gioia immensa poter festeggiare i suoi 69 anni lo scorso 29 maggio. Ma Rossella ha dimostrato che quello che più temono le organizzazioni criminali è la libertà e la ricerca della felicità. Rossella si è presentata al cospetto del boss Condello a chiedere di mettere fine alla faida in nome del suo progetto d’amore con Francesco Frisina. Se Rossella non fosse morta, se Rossella non fosse scomparsa, se Rossella fosse rimasta in vita, sarebbe stata la prova vivente che un progetto di felicità può sfidare e, forse chissà, addirittura sconfiggere le organizzazioni criminali.
Francesco Frisina è ancora vivo? Pensi che leggerà il tuo libro?
Sì è ancora vivo, non so francamente se leggerà il mio libro.
C’è un messaggio che speri arrivi più di ogni altro a chi legge “L’amore mio non muore”?
Siate liberi nell’amore. Non esiste calcolo, non esistono confini. L’amore sopravvive.
